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Discontinuità. Da chi e da che cosa?

Nella maggioranza comportamenti di difficile traduzione verso un obiettivo sconosciuto. O inconfessabile

foto di copertina

di Dante Freddi

"E debbasi considerare come non è cosa più difficile a trattare, né più dubia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi capo ad introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene."Niccolò Machiavelli, Il principe.

E' una delle citazioni sempre evocate da chi persegue il rinnovamento, perché sintetizza straordinariamente le difficoltà del rinnovatore: ostilità o indifferenza. 
Campeggia nella home del sito dei rinnovatori fassiniani orvietani e la dottoressa  Vellecchi, nuovo direttore sanitario, ha concluso con quella citazione una sua relazione sull'innovazione da perseguire nel nostro ospedale.

Il bisogno di rinnovamento non è cosa nuova, è una costante della vita, trattenuta soltanto da una sana paura del cambiamento, che riguarda individuo e società.
Che la politica e le istituzioni e l'economia e la morale comune abbiano straordinario bisogno di radicale cambiamento è sostenuto da tutti, con soluzioni opposte, ma da tutti.

Ad Orvieto e nell'Orvietano, per tornare a noi, è sufficiente guardarsi intorno per comprendere l'insoddisfazione della gente, del prossimo, di quelli che ci stanno vicino.
L'inquietudine che c'è nel Paese c'è anche da noi, ovviamente, e assume i contenuti tipici della nostra zona agricolo-terziaria e provinciale. Le preoccupazioni per l'economia sono la crisi del vino di Orvieto e la vita traballante delle poche attività industriali. C'è anche una certa crescente microcriminalità, che ci fa sentire in linea con il Paese.
Particolarmente nostrale lo sconforto per la vita politico-istituzionale asfittica e scolorita.
C'è stato il congresso dei Ds per decidere del Partito democratico, hanno votato in tanti ma partecipato in pochi. Nella Margherita questa decisione cruciale è stata mera questione di tessere. Votanti che sfilano e neppure ascoltano: c'è una totale democristianizzazione della vita interna dei grandi partiti locali, impera il possesso delle tessere, legate alle persone più che alle idee.
In questo contesto la parola d'ordine è giustamente "Rinnovamento", che qui da noi è espressa con il termine "Discontinuità", stranamente di moda.
Discontinuità nei DS, con il giovane segretario Trappolino che la personalizza, discontinuità nell'amministrazione orvietana, con i due partiti di maggioranza della maggioranza che la impongono come proposito imprescindibile.
Una discontinuità quella promossa da Frizza e Meffi e Gambetta, o Capoccia o Mocio e dirigenti margheriti o diesse che si esprime in azioni che sembrano avere nel mirino un solo obiettivo di cambiamento immediato: cimicchismo e Frellicca e compagni.
Troppo poco, ideali troppo miseri per azioni altrettanto misere.

Ma se Discontinuità è riferita a tutti i politici di professione, al metodo di amministrare, alla classe dirigente passata e presente, alle tessere dei partiti, al clientelismo che ne deriva e alle aberrazioni che produce. Se Discontinuità è per la partecipazione e la democrazia, per le idee e l'intelligenza al governo, per l'amore e la tolleranza, per l'onestà dei comportamenti e delle azioni. Se Discontinuità è per togliere di mezzo i politicanti sciapi ed incapaci che voi sapete e che avete in mente, per affermare la selezione dei migliori, per una comunità che tende alla felicità.
Se è tutto questo  noi ci siamo, lancia in resta.
Che c'è da fare? e chi ci dice cosa fare?

 

Pubblicato il: 27/03/2007

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