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Intervista a Giovanni Guariglia, Presidente della Cassa di Risparmio di Orvieto

Il quadro della Cassa di Risparmio di Orvieto visto da Giovanni Guariglia e Torquato Terracina

Economia

di Giorgio Santelli

Alla fine del mese di giugno del 1998 fummo convocati, il presidente della Fondazione ed io - in Banca d'Italia a Roma e lì, nel corso di un primo incontro, ci venne rappresentata la necessità di dare impulso ad un processo riorganizzativo atto a rendere l'istituto più profittevole.
La prevista discesa dei tassi di interesse prospettava, secondo i vertici dell'Istituto di Vigilanza che ci ricevettero, una sensibile riduzione degli utili che la banca avrebbe potuto trarre in futuro dalla propria attività, imponendo una svolta gestionale che avesse privilegiato l'offerta di servizi come fonte di reddito.
In tale prospettiva si manifestò l'urgenza della integrazione della C.R.O. con un partner bancario di maggiori dimensioni che avesse reso più agevole il necessario processo di trasformazione, assicurandole l'indispensabile supporto tecnico e di conoscenze."

E' l'avvocato Giovanni Guariglia, presidente del Cda della Cassa di Risparmio di Orvieto, a chiarire come, sul finire del 1998, la CRO iniziò quel percorso che l'avrebbe portata a entrare nel gruppo della Cassa di Risparmio di Firenze. Sembrano decenni invece è questione di qualche anno.

"E quando nel 1999 si ebbero i risultati dell'ispezione disposta da Bankitalia, quelle indicazioni erano già in fase di attuazione - prosegue Guariglia - la banca veniva trasformata in una struttura diversa da quella originaria, per portarla ad una migliorata redditività che, in caso contrario, non avrebbe avuto. Oggi, se guardiamo agli ultimi bilanci, vediamo i segni inequivoci di questo processo di trasformazione tuttora in atto e del miglioramento complessivo dell'azienda bancaria".

Il lavoro, però, non è finito o sbaglio?
Non sbaglia. Dobbiamo, infatti, riorganizzare la struttura e investire in formazione. La banca ha un grande vantaggio: l'età media dei propri dipendenti, piuttosto bassa, che rende ancora più proficui gli investimenti in formazione che stiamo facendo.
Era però una banca "vecchia", perché strutturata su vecchi metodi e poco dinamica. Grazie anche al contributo di CRF, socio di maggioranza, abbiamo la possibilità di completare la ristrutturazione intrapresa per offrire servizi nuovi ed efficienti a costi ragionevoli, per meglio rispondere alle richieste del mercato in cui operiamo."

Parliamo di come il sistema bancario e, di conseguenza anche la Cro ha affrontato uno dei periodi più difficili degli ultimi anni. Economia stagnante, mercati finanziari a pezzi dopo la crisi delle borse mondiali. Come ha vissuto la CRO questo periodo?
La crisi dei mercati finanziari paradossalmente ha coperto, in una prima fase, le principali debolezze della 'vecchia' Cro, quella - per intenderci - priva di dinamismo di cui parlavo prima.
Infatti attingendo la parte prevalente dei propri ricavi dal margine di interesse, pur in presenza di una indubbia tendenza al ribasso dei tassi, ne ha risentito meno di altre banche nelle quali al margine di intermediazione contribuivano in misura prevalente i ricavi da servizi.
In seguito l'ulteriore ribasso dei tassi ha reso indispensabili le innovazioni programmate per rendere la banca più competitiva.
In questo senso ci siamo mossi attuando le ristrutturazioni che consentiranno il riequilibrio delle nostre fonti reddituali ed in tale prospettiva vanno inquadrate anche le recenti aperture di nuovi sportelli per favorire la crescita degli impieghi.

Entrare all'interno di un grande gruppo non è un po' perdere la vostra dimensione di banca Local? Non si rischia di standardizzare alcune procedure e avere minore autonomia su decisioni che riguardano la realtà in cui si opera? Faccio un esempio. A volte la conoscenza diretta nei confronti di alcuni clienti, il loro comportamento, aiuta a prendere delle decisioni rispetto all'erogazione di prestiti o mutui anche di fronte alla presenza di garanzie non perfettamente in linea con quanto richiesto
La banca non ha cambiato il proprio rapporto con il suo territorio; lo ha migliorato, mettendo a disposizione della propria clientela prodotti e servizi che da sola non sarebbe stata in grado di offrire se non a prezzi fuori mercato.
La stessa erogazione del credito, che prima era basata prevalentemente, se non esclusivamente, sulla sola conoscenza, è ora maggiormente ancorata a criteri obiettivi, secondo quanto disposto dalla stessa Banca d'Italia, a presidio della qualità del credito.
Ciò non toglie che nell'ambito di tali criteri conservi un ruolo, tutt'altro che marginale, la conoscenza del cliente che spesso assume rilievo decisivo nel processo di valutazione del merito creditizio.
La qualità del credito, infatti, costituisce un obiettivo da perseguire costantemente per garantire l'efficienza della azienda bancaria che, non dimentichiamolo, è forse l'impresa più importante dell'orvietano dando lavoro a circa centosettanta persone e rappresentando la fonte principale od esclusiva di reddito per decine di famiglie.

Parliamo dei soci. Questo per comprendere come la Fondazione, con una quota di minoranza, può esercitare tutta una serie di "prerogative" nei confronti del socio di maggioranza.
La Fondazione ha una partecipazione azionaria costituente minoranza di blocco che si dispiega, in virtù delle previsioni statutarie, in funzione di tutela delle caratteristiche salienti della impresa bancaria. Va detto, peraltro, che è lo stesso socio di maggioranza, erede, come la Cassa di Risparmio di Orvieto, di tradizioni di localismo, in quanto esso stesso Cassa di Risparmio, a concorrere alla rigorosa preservazione di tali caratteristiche, in quanto esse stesse "valore" della impresa bancaria.
Pertanto la scelta degli Amministratori della Fondazione di cedere alla Cassa di Risparmio di Firenze la partecipazione di maggioranza è stata particolarmente illuminata e non solo per il corrispettivo incassato, in assoluto tra i più elevati ricavati in transazioni del genere.
Il rapporto tra i soci va, però, vissuto non in termini conflittuali, come da taluni a torto si è chiesto, ma di collaborazione, in quanto l'interesse comune è quello che l'azienda bancaria si sviluppi e sia florida, così da produrre più utili per tutti.
E questo obiettivo lo si persegue conservandone ed esaltandone la relazione privilegiata che ha con il proprio territorio, dandole la possibilità di soddisfare sempre più tempestivamente e con maggiore competenza le esigenze degli utenti; in parole diverse, di servirli al meglio per conservarne l'affezione ed acquisirne di nuovi.
In questa prospettiva non vedo alcuna "debolezza" nella posizione del socio Fondazione, anche se minoritaria.

Pubblicato il: 20/05/2003

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