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Perali. 'Il futuro non può essere eternamente la ripetizione del passato'

Duro il presidente di Assocommercio con l'Amministrazione di Orvieto ed il progetto di riqualificazione urbana della città. Ma c'è bisogno di "discontinuità" anche tra i commercianti

Il presidente di Assocommercio Carlo Perali interviene sul tema della riqualificazione del centro storico e auspica, in conclusione della sua pessimistica analisi della classe politica dirigente e delle sue azioni, che "insieme alla riqualificazione della rupe si parlasse molto di più di economia, di innovazione, di mercato e formazione, tutti termini che caratterizzano una crescita economica e una vera cultura del rinnovamento. Mentre la discontinuità, il rischio del nuovo, il coraggio e la fantasia dovranno essere gli elementi caratterizzanti di un progresso che ci permetteranno di avvicinarci al resto dell'Umbria e dell'Italia".

Condividiamo l'appello e l'auspicio di Perali. Intanto, come sindacato dei commercianti orvietani, dovrebbe iniziare a lavorare sui suoi iscritti, perché se il 30-40% della popolazione orvietana va a spendere a Viterbo e Terni, qualche errore di marketing e qualche problema di strategia commerciale forse c'è.

Pubblichiamo per esteso l'intervento di Perali.

"La riqualificazione urbana della rupe che, secondo le aspettative dei politici locali, dovrebbe aprire la città ad una vera e propria rinascita, tale da incidere non solo sotto il profilo dell'ambiente  ma soprattutto sulla qualità di vita  dei suoi concittadini, in realtà non ha  la forza né la convinzione necessaria, perché gli errori commessi nel passato hanno spogliato Orvieto di ogni sua vitalità e adesso qualsiasi scelta sembra davvero poco credibile se non addirittura inutile.  Infatti la rivoluzione sopra annunciata non modifica minimamente la situazione economica attuale, anche perché non segue una linea di sviluppo intesa come produzione di ricchezza e posti di lavoro ma si accontenta invece, come nel caso della Piave, di rimescolare e trasferire situazioni già esistenti  senza un minimo ritorno e quindi un credibile futuro. Ora, sebbene scettici sulle finalità oggettive del progetto, ugualmente non vorremmo che la stessa operazione si traducesse nella solita manovra di facciata priva di qualità e innovazione, mentre si conferma e si rafforza lo stato di avvilente isolamento di una classe dirigente lasciata per decenni sola al comando. Il futuro non può essere eternamente la ripetizione del passato, come non si può amministrare una città senza la speranza di un futuro, o relegare la politica al controllo e la discriminazione delle idee predisponendo infine la popolazione in una odiosa situazione da separati in casa, così come non ha senso una riqualificazione che non nasca da un forte desiderio di rinnovamento.
Le scelte della Piave  impongono un confronto così come alla politica necessità una svolta.

Quindi, una riqualificazione che si prefigge di cambiare volto alla città dovrebbe intanto cominciare  mandando un segnale di forte discontinuità con il passato, proprio per impostare una cultura della politica diversa, una politica non più basata sul controllo e sulle speculazioni, ma su scelte atte a favorire lo sviluppo e l'ascolto di tutti i cittadini.  Una presa di coscienza capace di rimuovere i condizionamenti di una vecchia ideologia, e dove non venga visto come diverso chi non è stato omologato dal partito; questa strategia dell'affrancamento del cittadino alla politica, con conseguenze di asservimento alla vita civile, economica e morale ha già ampiamente dimostrato il proprio fallimento in quanto discriminante verso una parte consistente della popolazione e lesiva  di una libertà individuale. Siamo la cenerentola dell'Umbria e questa è l'ultima opportunità che  abbiamo per tentare di risalire la tendenza negativa in cui si è avviata la città, ma è anche l'occasione per scongiurare il fallimento di un'intera generazione che nonostante i risultati,  sicuramente non troppo convincenti, ha dimostrato però di crederci investendovi il futuro, ma soprattutto è il fallimento della politica e di una classe dirigente che non ha saputo interpretare  le enormi potenzialità di Orvieto, come invece seppero fare allora i nostri genitori, quando, messi di fronte ad una scelta,  decisero di indebitarsi per la costruzione della Piave. Vorremmo  quindi che insieme alla riqualificazione della rupe si parlasse molto di più di economia, di innovazione, di mercato e formazione, tutti termini che caratterizzano una crescita economica e una vera cultura del rinnovamento. Mentre la discontinuità, il rischio del nuovo, il coraggio e la fantasia dovranno essere gli elementi caratterizzanti di un progresso che ci permetteranno di avvicinarci al resto dell'Umbria e dell'Italia".

Pubblicato il: 18/03/2007

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