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Ostie rubate. Perplessità e preghiera

 "In quarantacinque anni non mi era mai capitato nulla del genere - afferma don Angelo - anche se per la verità un sospetto lo avevo avuto l'anno scorso quando mi parve che fossero dimezzate le ostie che tenevo in una pisside"

foto di copertina

di Stefania Tomba

ORVIETO - "Una persona non cattolica che le utilizza per altri tipi di riti". E' l'ipotesi che don Angelo Chiasso timidamente immagina per l'impiego di quelle ostie consacrate che venerdì scorso sono state trafugate dalla "sua" chiesetta parrocchiale di Sugano. Non parla espressamente di satanismo, don Angelo, è solo dispiaciuto e forse si sente anche un po' in colpa per aver "lasciato inavvertitamente le chiavi sul tabernacolo" ma in questi giorni l'anziano sacerdote non sta troppo bene in salute. La chiesa, poi, è praticamente sempre aperta e questo ha certamente facilitato l'azione sacrilega.

Nel pomeriggio di ieri l'ora di adorazione per la riparazione del sacrilegio.  "In quarantacinque anni non mi era mai capitato nulla del genere - afferma don Angelo - anche se per la verità un sospetto lo avevo avuto l'anno scorso quando mi parve che fossero dimezzate le ostie che tenevo in una pisside. Ma la cosa non fu evidente come questa volta che sono proprio sparite e quindi ci feci caso solo per un attimo e non potrei certo giurarci".  Sul caso, comunque, attualmente indagano i carabinieri, ieri pomeriggio sul posto.

Il trafugamento del corpo eucaristico è oggetto di un mercato illecito che arriva addirittura ad offrire fino a 300 euro per un'ostia consacrata. La particola viene utilizzata principalmente nelle messe nere. Il rito, spesso, viene celebrato usando come altare una donna nuda, sulla quale viene sconsacrata l'ostia prima di essere consumata. La cosa ha colto tutti alla sprovvista: per prima la comunità di Sugano, ma anche molti altri sacerdoti della diocesi che non si dicono a conoscenza di sette operanti nel territorio e anche le forze dell'ordine che, nonostante si siano occupate anche in tempi recenti, di possibili intrusioni del satanismo nell'Orvietano non hanno, almeno ufficialmente, trovato tracce significative.

Tracce che pure nel passato hanno segnato, seppur in maniera carsica oltre che ovviamente misteriosa, l'Orvietano. Dapprima era la metà degli anni Settanta, presso il convento in località Sette Camini. Al tempo in cui il convento era ancora abbandonato a se stesso vennero ritrovati segnali forti di messe nere e riti blasfemi.

E successivamente quando ancora non era stabile la presenza dei frati sparirono, anche allora, delle ostie consacrate. Poi più nulla, sostanzialmente, fino agli anni Ottanta, Novanta. Quando la mappa degli adoratori di Satana si sposta nei casolari della campagne in località La Rocca dove vennero ritrovate teste di galline sgozzate, scritte inconfutabili inneggianti il maligno e venne individuato anche un possibile altare sacrificale in pietra. Altre segnalazioni vennero poi da un casolare tra Fabro e Chiusi e ancora in località San Quirico proprio alle porte di Sugano dove i racconti parlano anche di processioni e di persone incappucciate.

Molti ricorderanno anche il piccolo borgo abbandonato di San Petro nei pressi di Villalba sopra il paese di Allerona dove nei primi anni Novanta si dovette arrivare a chiudere porta e finestre degli stabili abbandonati per evitare sinistre intrusioni. E poi ancora l'ultimo, almeno tra quelli che ebbe più risalto all'epoca, "tempio di Satana". Un casolare non lontano dalla zona industriale di Bardano dove fu trovata anche una pecora, candele e abbondanti tracce di sangue, resti dei riti che probabilmente venivano consumati all'interno del luogo.  

Pubblicato il: 22/02/2007

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