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Umbria, 800mila abitanti e 100mila lavoratori al nero o in grigio

Se non è grigio, è nero. Sul fronte lavoro l' Umbria non è più un isola felice. Un terzo del mercato del lavoro è irregolare o semi-irregolare

Economia

di Redazione

Se non è grigio, è nero. Sul fronte lavoro l' Umbria non è più un isola felice, con 60 mila persone in condizioni pressoché irregolari, mentre sono oltre 50 mila gli atipici o parasubordinati: in pratica, un terzo del mercato del lavoro locale risulta irregolare o semi-irregolare.È
quanto emerge dal primo rapporto dell' osservatorio che l' Inps regionale ha attivato un anno fa per seguire il sommerso. Il rapporto - presentato ieri mattina in un convegno a Perugia, nella sede di Assindustria, dal presidente del comitato regionale Inps, Claudio Ricciarelli, e dai suoi autori, i professori Pierluigi Grasselli e Nadia Giannuzzo - evidenzia che il fenomeno del lavoro nero o grigio (con parte del salario in nero) non interessa soltanto attività di manovalanza e bassi profili professionali, ma anche settori di attività nuove e più avanzate. Ma il dato che più caratterizza il sommerso in Umbria è quello, trasversale, dell' azienda regolare che svolge parte della propria attività con lavoro irregolare o grigio. Questo - ha sottolineato Ricciarelli - provoca distorsioni e danni vari, alterando la corretta competizione fra le imprese ed introducendo elementi di concorrenza sleale, oltre all' erosione dei fondi contributivi ed alla sottrazione di risorse allo Stato.

Per reagire a tutto questo, Ricciarelli ha sollecitato «efficaci azioni e politiche combinate e condivise da tutti i soggetti interessati», a cominciare dalla regolarizzazione, già avviata, di 11 mila immigrati in Umbria. Secondo il presidente del comitato regionale Inps, servirebbe anche un sistema di premi per quelle imprese che assumono comportamenti etici, a cominciare dal non ricorso al lavoro nero, insieme ad una chiara definizione di ruoli e funzioni dei vari enti «che eviti sovrapposizioni».

L' auspicio di Ricciarelli è anche di "riportare ad un uso corretto le flessibilità del lavoro e delle forme di impiego", mentre "non è meno importante la questione della vigilanza e della repressione". Infine Ricciarelli ha ribadito che i dati inclusi nel rapporto dell' osservatorio Inps "si riferiscono al complesso delle imprese ispezionate e non all' universo delle imprese umbre. Quindi se c' è una conclusione da trarre è che è stata fatta una buona attività ispettiva, e non che la maggioranza delle imprese umbre sono irregolari". Al convegno era presente anche l' assessore regionale Gaia Grossi.

Pubblicato il: 16/05/2003

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