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Baraccopoli ai piedi della Rupe

Centinaia di baracche in lamiera da decenni punteggiano il piano e ne disegnano il paesaggio. E sono sempre più numerose. Nascono seza timore di commettere abusi, soltanto secondo le esigenze

foto di copertina

di Dante Freddi

In questa piccolo spicchio di piano, già deturpato da ferrovia ed autostrada, ci sono una cinquantina di baracche. Intorno alla Rupe ce ne sono molte centinaia, proprietà di centinaia di famiglie. Sono quindi coinvolte qualche migliaio di persone, ma questo non può esimerci da denunciare simili inquietanti costruzioni. Inquietanti perché c'è chi le ha costruite e continua a costruirle senza un minimo di attenzione, senza neppure premunirsi di farci crescere davanti qualche pianta, con la scurezza dell'impunità. E inquietanti perché ogni giorno qualche amministratore passa lì, su quelle strade, e tira innanzi.

Il tema è delicato e ha risvolti sociali ed economici. Lo affrontiamo con la consapevolezza che dietro il presunto abusivismo che documentiamo non c'è speculazione ma soltanto una evidente necessità di raccogliere al riparo animali, mezzi agricoli e altro, insieme ad un'altrettanto evidente e totale indifferenza estetica.

Non si può accettare che la salvaguardia del paesaggio riguardi soltanto chi opera secondo le regole e chiede licenze per adeguare gli annessi agricoli o li costruisce comunque con il rispetto per la decenza.
Negli anni Sessanta l'esodo dalle campagne ha prodotto frazioni come Ciconia e soprattutto Sferracavallo, dove la presenza di insediamenti costituiti da baracche di lamiera è diffusa e cresce senza alcun timore di commettere un abuso.

Chi si inurbava cercava di mantenere abitudini antiche e virtuose ed ha quindi continuato a coltivare l'orto e ad allevare animali. Ne è nata un'economia autarchica che ha aiutato a superare difficoltà economiche e a permettere risparmi. Questa condizione positiva deve esser garantita, ma è necessario attivare un censimento degli annessi agricoli e indicare quanti devono rimanere in piedi e come devono essere costruiti.

Non stiamo discutendo di qualche capanna edificata in località nascoste, ma a file di baracche in lamiera, sulla strada, a qualche centinaio di metri da Sferracavallo e Ciconia.

Amministratori di destra e di sinistra si prodigano in discussioni sul turbamento che possono provocare due o tre pale eoliche su monte Piatto, al Peglia, e di qualche pino alla Smef, ma se ne fregano di questo tipo di impatto ambientale, perché tocca gli interessi di tanti, di tanti che votano, e spesso a sinistra. 

Questa è l'occasione per affrontare l'argomento e rispondere con coerenza al bisogno di tutela del paesaggio di un territorio che vive delle sue bellezze. E anche per noi, soltanto per noi.

Pubblicato il: 16/02/2007

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