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Giorno della memoria. Due appuntamenti, per ricordare

"Cap Arcona" venerdì 26 e sabato 27 alle 21,00 e "Le rose di Ravensbruck - Storia di deportate" sabato 27 gennaio. Ad Orvieto

foto di copertina

 In occasione del "Giorno della Memoria", che la Repubblica italiana ha riconosciuto nella giornata del 27 gennaio, il sindaco, Stefano Mocio e l'Amministrazione comunale di Orvieto, attraverso un manifesto pubblico, invitano tutti i cittadini "a ricordare le pagine più tristi della nostra storia affinché non si cancellino dalla memoria".

 

"La Repubblica Italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, 'Giorno della Memoria', al fine di ricordare la Shoah (lo sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati" (art. 1 della Legge n. 211 del 20 Luglio 2000 che istituisce la giornata della Memoria).

 

Gli assessorati alla cultura, pubblica istruzione e eventi del Comune di Orvieto, in occasione della "Giornata della Memoria" hanno intenso proporre alla città alcune iniziative culturali.

Infatti, la 6^ edizione di "Venti Ascensionali 2006" dedicata alle "passioni" si chiuderà con due appuntamenti in occasione della "Giornata della Memoria"

 

Venerdì 26 e sabato 27, per il ciclo Migrazioni fra musica e teatro, di nuovo una prima nazionale:

 

CAP ARCONA

Produzione Venti a ascensionali

Regia Felizitas Scheich, con Elisabetta Spallaccia.

Sala del Carmine ore 21.00

 

La storia di Cap Arcona è una di quelle storie che non molti conoscono, il silenzio è calato pesantemente su quel tragico giorno del 3 maggio 1945. Hitler si era suicidato, la Germania era ormai capitolata e Himmler aveva dato l'ordine di caricare i prigionieri dei lager della zona di Amburgo sopra tre navi per non farli trovare vivi agli alleati. Una di queste tre navi era la Cap Arcona, una lussuosa nave da crociera, le altre due erano dei mercantili. La navi vengono fatte salpare con a bordo 7.500 persone. La Raf, per ragioni tutt'ora inspiegate, bombarda massicciamente tutte e tre le navi, sulle quali, sostengono alcuni, erano issate le bandiere bianche. I sopravvissuti saranno pochissimi: per sopravvivere i prigionieri si gettarono in acqua, ma neanche per loro vi fu scampo alcuno, l'aviazione cominciò a colpire con i mitra senza pietà.

I libri di storia non parlano di quell'orrendo massacro, l'Inghilterra non ha mai ammesso le proprie colpe.

"Quello che mi ha colpito di questa tragedia" afferma la regista " è il paradosso estremo: i prigionieri, che si trovavano su questa nave di lusso,  non avevano assolutamente nulla, né da mangiare né da bere e, per di più quelli che avrebbero dovuto liberarli, si rivelano come loro carnefici".

Ancora una volta il teatro scava nella storia, rimette insieme tasselli dimenticati, ricostruisce per restituire alla memoria. L'attrice protagonista racconta questa storia incarnando quattro testimoni diretti e indiretti di una delle tragedie navali più spaventose mai avvenute.

"Non è stato facile reperire il materiale perché gran parte della documentazione è stata fatta sparire" continua Felizitas. "Le testimonianze più cospicue fanno riferimento alla Francia, perché molti di quei prigionieri erano di nazionalità francese" . Per quelle vittime nessuna commemorazione, nessuna lapide, molti vennero sepolti alla meno peggio lungo la spiaggia, a nulla sono valse le richieste del comitato dei sopravvissuti.

Pesanti le responsabilità della stessa popolazione tedesca che non fece nulla per aiutare quegli innocenti e che ha voluto dimenticare come hanno voluto dimenticare i governi di allora, quello inglese e, la successiva democrazia tedesca, che pur avendo agito pesantemente sui responsabili del genocidio non è in alcun modo intervenuta per far luce su questa triste vicenda ed affidare i colpevoli almeno alla storia.

Lo spettacolo si chiude dunque con una domanda: perché? Quale il motivo di un tale inutile massacro? Perché, poi, anche la cancellazione della memoria?

E una riflessione aleggia anche in merito a quest'ultimo punto: la memoria, quella memoria che si va perdendo perché ormai sono rimasti in pochi a poter raccontare ancora dell'orrore dei lager nazisti, la memoria che dev'essere preservata e passata come testimone di generazione in generazione affinchè, realmente, si possa continuare a dire: "Mai più Auscwitz!".

 

LE ROSE DI RAVENSBRUCK 

STORIA DI DEPORTATE ITALIANE 

Sabato 27 Gennaio
produzione Fondazione Memoria della Deportazione, progetto e fotografie Ambra Laurenzi, elaborazioni digitali e montaggio Federico Girella, composizione ed esecuzione musicale originale Giulia Cozzi, audio Bonsai Studio Produzioni, voci Olimpia Cesaroni, Maria Teresa Equitani, Emanuela Leonardi, Cristina Luciani, Laura Ricci, Angelica Ridolfi, Cecilia Stopponi, in collaborazione con la Biblioteca Comunale L. Fumi 

 

Palazzo dei Congressi Sala dei 400 ore 9,00 incontro con gli studenti 

 

Sala del Carmine ore 17,00 presentazione del DVD di Ambra Laurenzi

 

Alla presentazione saranno presenti l'autrice, Mirella Stanzione ex deportata al Campo di Ravensbruck, il Sindaco, Teresa Manuela Urbani Ass. ai Beni Culturali, coordina Cecilia Stopponi Assessore alla Pubblica Istruzione e Politiche sociali.

 

 

Il progetto "Le Rose di Ravensbruck", DVD di cui viene presentato il video, si propone come opera di sensibilizzazione per la conoscenza del campo femminile di Ravensbruck, nella constatazione che l'informazione, pure molto puntuale sull'esistenza dei campi di concentramento e di sterminio, raramente ne riporta notizie. Nel campo di Ravensbruck, situato a 80 km a nord di Berlino, nel periodo 1939-1945 sono state deportate 132.000 donne, di cui 92.000 hanno trovato la morte. Il progetto intende porre l'attenzione sulla peculiarità della deportazione femminile legata non solo alle terribili condizioni fisiche e psicologiche dell'internamento, ma anche alle reazioni che le sopravissute hanno subito al loro rientro: disinteresse, incomprensione, diffidenza, in alcuni casi colpevolizzazione. Il tentativo di riportare ad oggi la tragedia della deportazione non intende essere semplicemente una commemorazione, peraltro doverosa, ma proporre una riflessione per leggere questi avvenimenti che non possono essere declinati solo al passato remoto, ma anche al presente, perché le donne sopravissute sono qui a rammentarci una storia che appartiene a tutti noi.  

Pubblicato il: 26/01/2007

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