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'Intervista ai parenti delle vittime' di Manfridi alla Sala del Carmine

L'autore del testo, Giuseppe Manfridi, è considerato uno dei maggiori drammaturghi italiani viventi. Orvieto, venerdì 19 gennaio alle 21.00

Giuseppe Manfridi è considerato, e non a torto, uno dei maggiori drammaturghi italiani viventi.

La sua opera ha fatto il giro del mondo riscuotendo un grosso successo, sia di pubblico che di critica, ma in Italia, nonostante la cospicua produzione, continua ad essere una figura poco nota per il grande pubblico.

Il 19 gennaio, la rassegna Venti ascensionali, ospiterà in anteprima nazionale, un suo testo inedito dal titolo "Intervista ai parenti delle vittime", con la regia e l'interpretazione di Enrica Rosso, attrice teatrale che più volte, precedentemente, ha lavorato su testi di Manfridi.

Intervista ai parenti delle vittime ha una storia di lunga data, l'autore rivela di averlo rimaneggiato più volte dopo la stesura iniziale risalente ai primi anni '90.

"Intervista ha una storia lunghissima fatta di tanti capitoli. È nata nei primi anni '90 su sollecitazione del teatro di Roma che voleva proporre degli spettacoli sulla droga per le scuole. L'ignominia di una certa cultura mediatica, ignorante, invasiva che non ha scrupoli è stata il primo nucleo di questo dialogo con una sorella che non c'è. Quello che la protagonista avrebbe voluto dire durante l'intervista e non ha detto, lo dice mentre l'intervista va in onda ma lo dice direttamente alla sorella in una sorta di salmo o preghiera. La prima versione del testo era per interprete maschile, poi ho pensato negli anni che quel rapporto sarebbe stato più giusto tra sorelle, quella carnalità particolare che può esserci tra una sorella maggiore e una sorella minore, lo scambiarsi le cose, le invidie, le gelosie in questo senso il testo è cresciuto. Dal '90 a oggi, con gli ultimi ritocchi, ci sono tornato almeno tre volte." Dice Manfridi.

La tossicodipendenza, la morte di una persona cara, la speculazione sul dolore privato e più intimo da parte di una cultura mediatica senza scrupoli sono i temi centrali attorno ai quali si dipana il racconto di Manfridi messo in scena da Enrica Rosso. Ed è lei a fornirci altri dettagli in merito alla regia di questo spettacolo.

"Il progetto di regia è semplice, avendo a che fare con un testo così poetico e visionario, così ricco, non ho dovuto far altro che entrarci e lasciarmi andare a tutte le infinite coloriture, date dai molteplici piani di lettura: da quello squisitamente poetico, a quello più concreto e incastonato in questo presente, in cui noi tutti siamo vittime della volgarità mediatica, dell'uso che viene fatto delle nostre emozioni, del nostro vissuto. Come tutti i grandi testi poi, ha dalla sua la capacità di trattare un tema profondamente umano quale può essere l'elaborazione del lutto, che non necessariamente è un lutto reale, ma può essere anche l'elaborazione dell'assenza in tutta la sua pienezza."

Tutto inizia dalla morte di una ragazza, avvenuta tra i banchi di una chiesa. Si saprà in seguito che si tratta di overdose. Da lì si scatena la furia dei media alla ricerca dei dettagli più personali e nascosti della sua vita privata. Viene interpellata la sorella di lei che accetta di essere intervistata. Durante la messa in onda dell'intervista, però, accade qualcosa di insolito altre parole si sovrappongono a quelle di facciata, pronunciate davanti ad un microfono e ad un pubblico, le parole che le premevano dentro vengono fuori pian piano, in una sorta di rivelazione e di confessione: il rancore si mescola all'affetto e ad un ultimo accorato appello alla sorella che ormai non può più ascoltare.

Questo, come molti altri testi di Manfridi è scritto in versi, il che gli conferisce una struttura già di per sé musicale. Sempre all'autore abbiamo chiesto il perché del verso a teatro

"Il verso è uno strumento che noi italiani siamo abituati a considerare colto ma in realtà è perfetto per la scrittura teatrale: lo dimostrano il teatro di Molière, la tragedia greca, il teatro shakespeariano, il teatro di Alfieri, e anche gran parte della drammaturgia contemporanea straniera Perché il verso, comunque, inchioda ad una sonorità forte e inevitabile, propone una quantità di seduzioni per l'ascoltatore molto efficaci, una rima interna, un'assonanza. Il parlare come parlerebbe lo spettatore non è il modo corretto di scrivere teatro, bisogna scrivere in maniera tale che lo spettatore ascolti il verso può essere uno strumento molto seduttivo ma deve essere usato in maniera scenica, bisogna lasciar correre il racconto nel verso."

La regista dunque, partendo dalle suggestioni offerte dal testo ha scelto la via della semplicità, scegliendo un'ambientazione scarna con l'unico ausilio di musica e immagini

"Le immagini come la musica non fungono da commento ma rappresentano l'esplosione dell'interiorità, un'altra modalità di questa compulsione dell'anima che viene fuori; la musica, a tratti, emerge e ha il sopravvento e rimanda a un'onda in cui rientrano le parole il testo è in endecasillabi dunque ha un andamento già di per se musicale. Tutto il resto è fatto con semplicità: parto dal nulla da un soggetto in un luogo identificato, man mano che prendono vita degli oggetti li metto in scena: il minimo indispensabile, perché, lo spazio viene riempito dalle parole e dalle suggestioni."

Ed è sempre lei a motivare la scelta di Orvieto per la prima nazionale di questo spettacolo:

"questo progetto parte con Orvieto. La parte visiva è curata da Massimo Achilli, del Laboratorio teatro animazione di Orvieto, con cui c'è un rapporto di complicità e di lavoro che dura da anni, ma è la prima volta che lavoriamo realmente insieme, ci siamo incontrati su questo progetto e abbiamo voluto sperimentare... Poi penso che Venti ascensionali sia un contenitore molto interessante e ricco di opportunità, da preservare e far crescere"

Breve scheda dell'autore

Giuseppe Manfridi nasce a Roma nel 1956, si appassiona al teatro da giovanissimo e comincia a nutrire da subito la sua passione accompagnandola alla lettura dei classici e alla passione per i viaggi. La sua produzione conta un numero elevato di titoli, solo per citarne alcuni: 'Lo scrutatore d'anime', 'Lo scrutatore d'anime', 'Corpo d'altri', 'Giacomo, il prepotente', 'La cena', 'Zozòs', 'La partitella'

Oltre a scrivere per il teatro si è cimentato più volte anche con il cinema, in qualità di sceneggiatore

collaborando diverse volte con Ricky Tognazzi per il quale ha scritto, insieme a Simona Izzo e Graziano Diana, 'Ultrà' (vincitore dell'Orso d'argento al Festival di Berlino del '91) , 'Vite strozzate' (nel quale è anche presente come attore e vincitore del Premio Alfred Bauer alla Berlinale '96) e 'I maniaci sentimentali' (regia: Simona Izzo e vincitore di due David di Donatello). Nel 1997, sempre diretto da Simona Izzo, esce 'Camere da letto', di cui Manfridi è cosceneggiatore e interprete. Sempre per il cinema ha anche lavorato per e con Italo Moscati, Peter Del Monte ('Tracce di vita amorosa', in concorso al Festival di Venezia del '90) e Antonio Monda.

Recentemente è uscito il suo primo romanzo Cronache dal paesaggio.

 

 

 

 

 

INTERVISTA AI PARENTI DELLE VITTIME- Scheda dell'opera

Sala del Carmine ore 21 migrazioni tra musica e teatro - in abbonamento

PRIMA RAPPRESENTAZIONE ASSOLUTA

di Giuseppe Manfridi

con Enrica Rosso

interventi visivi  Massimo Achilli

musiche originali  Antonio Di Pofi

opere utilizzate in in video  Massimo Chioccia e Olga Tsarkova

registrazioni Mami Record Perugia

regia  Enrica Rosso

produzione Venti Ascensionali 2006

ringraziamenti: Lucia Murri  per "ERACOELATI"

 

La struggente dichiarazione d'amore alla sorella minore morta prematuramente. Un percorso denso e lirico come solo Giuseppe Manfridi, ormai considerato uno dei massimi drammaturghi italiani rappresentato oggi in tutto il mondo, può offrirci.

Una magnifica partiturache, come un fiume in piena, scioglie, nel suo fluire, i nodi dell'esistenza della protagonista restituendola alla vita.

L'interpretazione e la messa in scena sono affidate alla sensibilità di Enrica Rosso, attrice di cinema e teatro dalla venticinquennale esperienza

 

NOTE DI REGIA

Nel ritmo degli endecasillabi di Dantesca memoria, per pareggiare i conti con il "mal detto", si insinua il violoncello come una compulsione dell'anima, una musica interiore che riemerge, a tratti.

All'interno di una scena nuda, scura e muta come il fondo del mare o l'iperspazio, un isolamento profondo permette la libertà più assoluta in cui prendono corpo le emozioni più segrete: si concretizzano, baluginano per un attimo per essere subito sommerse dal magma denso dell'inconscio.

I sentimenti hanno la loro densità al di là della definizione dei pieni e dei vuoti. Un contenitore opaco in cui galleggiano i segnali del passaggio: la trasformazione intarsiata da piccoli gesti quotidiani. Il mistero dell'universo che ci culla e ci disorienta: difficile lasciarsi andare al pensiero della morte, l'elaborazione del lutto ha i suoi tempi.

Come un'emanazione interiore, quasi una perdita di controllo irrompono nella scena le immagini interiori della protagonista, le suggestioni che nutriamo così intensamente da rendere reali, anche solo per un attimo, fino al prossimo suono di campanello. L'interferenza del mondo reale che ci rimette in controllo, l'esterno che comprime e modella, che crea una nuova forma dialogica con il resto del mondo.

Piccoli tradimenti che ci assolvono e ci rimettono in contatto con gli altri. Ma anche l'ingordigia dei media: l'uso - abuso di tutto ciò che può alzare l'indice di ascolto. La mancanza di rispetto, della "distanza di cortesia".

Un escursus nell'iconografia classica, citazioni amorevoli non riconoscibili, ma introiettate da tutti noi e, sopra tutto la trasformazione: la crisalide che finalmente diventa farfalla.

 

Enrica Rosso 

 

Pubblicato il: 17/01/2007

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