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Elio Taffi ad UMBRIA JAZZ WINTER. Il diario - quinta ed ultima giornata

Il nostro "inviato" ad Umbria Jazz conclude le sue entusiaste e competenti corrispondenze e dà appuntamento al prossimo anno

Quinta giornata.

Pensavate fossi sparito, scomparso nel nulla? Ed invece, vostro malgrado, eccomi qua! Prima di scrivere l'ultima pagina di questo emozionato diario(le mprime giornate potete trovarle in archivio), ho voluto prendermi del tempo, per filtrare con maggiore attenzione tutte le ultime sensazioni jazz. No, voglio essere sincero con i miei generosi lettori: alcuni improrogabili doveri professionali mi hanno impedito di riservare a questo mio impegno di scriba il tempo giusto di cui necessitava.

L'ultimo giorno del festival coincide con il primo giorno di un Nuovo Anno; beh, i simbolismi si sprecano Lasciatemene almeno uno: al tramonto di ogni giorno segue sempre l'alba del sole! E' la mia speranza, e forse anche quella delle migliaia di frequentatori di UJ Winter: che la quindicesima edizione, quella che andrà a cominciare tra appena 349 giorni, sia così entusiasmante come quella testè conclusa. Ma, avete visto Orvieto, la mattina del 2 gennaio? A pochissime ore di distanza dai suoni gioiosi della tromba di Roy Hargrove che aveva idealmente chiuso la manifestazione? E vi ricordate cosa era il Corso di Orvieto la notte del 28, del 29, del 30 dicembre, per non parlare del 31 e poi del primo gennaio? Le fotografie che ho scattato in quelle ore sono la risposta più immediata ed efficace a chi critica a priori Umbria Jazz; trovatemi altre giornate dell'anno in cui per percorrere il tratto dalla Torre del Moro ai portici di Sant'Andrea ci si impiegano diciotto minuti!

Non mi sono potuto godere la quinta giornata come avrei voluto; perché come un bimbetto, novello Leopardi, la sensazione di tristezza per la fine della kermesse mi impediva di essere tanto ben disposto all'ascolto come nei giorni precedenti. Comunque, mi sono soffermato attentamente a risentire le sfumature della splendida voce di Roberta Gambarini, già apprezzata al Teatro Mancinelli; e questa volta, al Museo Emilio Greco: vuoi per l'intimità del luogo, vuoi per la maggiore vicinanza all'interprete, la torinese mi ha colpito ancora di più; molto brava anche a muoversi con maliziosa sensualità, e questa abilità, forse, l'ha imparata calcando i palcoscenici americani.

Non ho mai ascoltato dal vivo il trio scandinavo di Stefano Bollani, nel quale il nostro eroe si cimenta con la formazione più classica ed insidiosa dell'universo jazz in compagnia di alcuni bravissimi musicisti danesi, Jesper Bodilsen e Morten Lund; ho cercato di colmare questa lacuna, anche se parzialmente, per la quasi contemporaneità della Messa della Pace in Duomo. Indubbiamente, come avevo sentito affermare da orecchie più esperte delle mie, il trio è forse l'esperienza musicale jazz nella quale Bollani meglio riesce; in particolare, se può contare sull'apporto di artisti di quel calibro. L'affiatamento è perfetto ed anche i brevi siparietti comici inscenati dalla verve scatenata del pianista italiano trovano nelle facce apparentemente algide e stralunate dei giovani vichinghi una collaborazione ideale; ed il pezzo composto da Bodilsen, dal titolo "Orvieto" (ma solo per questa settimana!!), rimarrà nei miei ricordi come uno dei brani migliori di Umbria Jazz Winter 2006-2007; ascoltandolo, ho visto distintamente un fiume ghiacciato, ed i riflessi bluastri delle luci crepuscolari sulla neve

Con molta velocità arrivo al Duomo, in tempo per essere allontanato dalla porticina laterale di servizio, quella che dà sulla gelateria, per intenderci; un addetto, piuttosto incisivamente, mi invita ad entrare dalla porta principale ma con tutte le millecinquecento persone che sono già dentro, e le transenne a metà della navata laterale, non riesco neanche ad intravedere l'altare; ritorno fuori, alla piccola porticina di prima, appena in tempo per vedere che il medesimo consiglio, a me già elargito pochi minuti addietro, viene profusamente distribuito ad anziani e disabili; noto con piacere l'efficacia di un simile servizio d'ordine. D'altronde, l'ordine è l'ordine: ce lo hanno insegnato anche a scuola, durante le ore di storia. Comunque, non chiedetemi come, ma dopo qualche minuto riesco ad addentrarmi all'interno della Cattedrale e seguo tutta la Santa Messa in piedi, con alle spalle la Cappella del Sacro Corporale. Il Vescovo Scanavino elogia la forza della musica, e parla a tutti i musicisti presenti in Duomo, invitandoli a farsi portatori,  con la propria arte, del messaggio di speranza di Cristo. E con la similitudine dei suoni che quando si incontrano producono armonie sublimi e quando si scontrano cozzano come le armature dei militari, Padre Scanavino mi tocca invero un poco il cuore Durante la Messa, ma soprattutto al termine, cantano quanto più intensamente sanno fare Dr. Charles G. Hayes & the Warriors; ahaaa, la Messa Gospel, che emozione Quant'è bella una fede così gioiosa e così traboccante di allegria, fiducia e speranza in Dio Mi hanno insegnato molto, questi cantori dell'altissimo, con quei sorrisi aperti e positivi; il Duomo non credeva alle sue orecchie, per la musica non propriamente abitudinaria che vi risuonava, né ai suoi occhi, alla visione di quella fiumana di gente, una massa infinita che dall'altare si estendeva verso le porte principali d'ingresso.

Alla sera, l'ultimo spettacolo al Mancinelli; un piccolo inciso: che onore sentir parlare del nostro Teatro cittadino come del più bello e curato dell'Umbria! Erano i commenti di alcuni spettatori che ho trovato parlottare fra loro prima della musica. Musica, tra l'altro, meravigliosa: quella della tromba di Paolo Fresu e del pianoforte incantato di Uri Caine. Il più bravo di tutti, almeno per me; non l'avevo mai sentito ma poco è bastato per farmelo diventare un beniamino; non salti acrobatici sullo sgabello, gambe impazzite, incroci di mani, tastiera assaltata Niente di tutto questo; ma solo classe, classe ed ancora classe, profusa a piene mani; mai una nota sforzata più del necessario, mai un effetto buttato lì tanto per fare impressione Tutto lucidamente misurato, alla ricerca di uno stile perfetto e levigato; non saprei usare altre parole Luminosissimo Un vero maestro; non me ne voglia il grande trombettista italiano, Fresu, ma la mia attenzione è stata integralmente catturata da quella figura tanto mite quanto incisiva di Caine Giù il cappello, signori: ecco un genio! Come ebbe a scrivere Schumann, ma non ricordo se su Chopin o Brahms Ah, la vecchiaia

Finito il concerto al Mancinelli, un salto rapido al San Francesco, per sentire ancora una volta la grintosa "Blue Lady" dalla panterona Toni Green

Eppoi alla Sala dei Quattrocento, con l'ultimo concerto in programma di Roy Hargrove; ma non domandatemi come era, perché mi sentivo talmente rattristato all'idea di dovermi accomiatare da Umbria Jazz Winter # 14 che me ne sono andato a metà

Consideratemi esagerato, eccessivo, caricato, esaltato, inattendibile Forse avete ragione Ma io ho trascorso i cinque giorni più belli del mio ultimo anno

Grazie per l'attenzione; vi abbraccio

Vostro ELIO TAFFI

Pubblicato il: 04/01/2007

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