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Le case impopolari

Fausto Cerulli

Casa dolce casa, chi ha casa non aspetti casa, casa mia per piccina che tu sia, tu mi sembri una Badia. E via banalizzando sull?ovvio. Ma il nostro Sindaco, ch? tanto lui la casa ce l?ha, ha dimenticato di dare il via alle case popolari. Ad Orvieto non c?? emergenza rom ( qualche traccia soltanto a Porano) e neppure emergenza mondezza ( anche se a Porano i cani, invece di andare in giro al guinzaglio, depongono i loro sacri escrementi in vicoli e piazze, e risparmiano soltanto- come giusto- l?Ufficio del Primo Cittadino); ma c?? emergenza casa. Non dico delle case in generale, che fioriscono a Cannicella ed a Sferracavallo, leggiadramente deturpando Il paesaggio, nel silenzio- assenso di Lega Ambiente e di Italia Nostra, che vivono un?assoluta catalessi, una preoccupante sonnolenza precomatosa.

Qui parlo delle case popolari: e gi? l?espressione mi disturba, Case popolari fa pensare a case per la plebe, per distinguerle delle case patrizie: il popolo, anche in un Comune ex- comunista, deve soffrire, guadagnarsi il pane con il sudore della fronte, e le donne del popolo debbono partorire con dolore. E il popolaccio, se non ha una casa, e non ha soldi per pagare gli affitti che neppure a Piazza Navona, ha poca scelta; deve mettersi in fila per ottenere una casa- appunto- popolare.

Una fila lunga come un termitaio: mi dicono che per quattro alloggi popolari siano in fila cinquecento famiglie. Che cercano di far salire il punteggio rampicandosi agli specchi di invalidit? vere o presunte; in una terribile guerra tra poveri.

Il Sindaco, come fanno tutti i Sindaci, aveva previsto e garantito che sarebbe stato dato un impulso vigoroso all?edilizia popolare. Il Sindaco, come fanno tutti i Sindaci, non ha mantenuto la promessa. con l?aggravante che stavolta non si pu? giustificare con la mancanza di fondi; anche se per il Premio Barzini, il Corteo delle Donne, il Palio dell?Asino, i soldi si trovano.

Questa volta, e questo fatto ? al limite della incoscienza, i soldi c?erano; solo che il nostro Sindaco, occupato nello sgranare gli occhi ed i rosari, sempre presente alle manifestazioni dell?ovvio, si ? semplicemente dimenticato di utilizzare i fondi. E, non essendo un economista ma soltanto un protagonista di se stesso, non ha pensato che i fondi non utilizzati ritornano alla fonte. E la fonte si prosciuga, anche nel senso eracliteo che non ci si pu? bagnare due volte nello stesso fiume.

Mi rendo conto che esistono emergenze pi? pressanti: lo Slow Food, il Corteo Storico dove il Sindaco ostenter?  la fascia tricolore accanto a Scanavino, le elezioni prossime avventure.

Ma cinquecento persone che sgomitano per un alloggio popolare non possono essere lasciate nel dimenticatoio di chi non conta un benedetto cavolo.

Se non altro, caro il mio Sindaco, potresti fare il cinico opportunista; e metter mano seriamente all?edilizia popolare; cos? potresti evitare di litigare con i tuoi stessi assessori, potresti metter le mani su cinquecento voti elettorali; che, con l?aria che tira, potrebbero evitare ad Orvieto, che ha gi? dovuto rinunciare alla Bandiera Rossa sul Palazzo del Popolo, di dover issare la bandiera verde della lega o quella che non so com??, del Popolo della Libert?.

Io ho un cliente invalido, con una pensione da fame come tutte le pensioni che non sono pensioni Onorevoli; una padrona di casa che ha perlomeno cinquecento appartamenti tra Napoli ed Orvieto, ha ottenuto che venga sfrattato; anche se non ? che non paga l?affitto, solo che salta qualche mese e lo recupera il mese successivo e comunque  entro l?anno si mette in regola. Ma una legge del cavolo, alla quale anche il pi? umano dei giudici si deve obtorto collo adeguare, prevede che l?affitto vada pagato, inesorabilmente, mese per mese: come se la locatrice, multiproprietaria, rischiasse di morire di fame se non riceve l?affitto, preciso preciso, alla fine del mese.

Ho fatto un caso, tanto per citarlo; ma non ? che le altre cinquecento persone che agognano ad un alloggio popolare lo facciano perch? si sono stufate di abitare in Villa o nel Castello.

Dice: ma uno pu? sempre andare a dormire sotto un ponte. Magari a Roma, dove i ponti sono mille, la soluzione potrebbe anche andare bene. Ma Orvieto dispone di un solo ponte, quello sul Paglia; e se tutte le cinquecento famiglie vanno ad alloggiare sotto quel ponte, altro che campo rom; che poi, magari, un prefetto zelante lo fa sgomberare dall? Esercito.

Caro Sindaco: tu sei cattolico e molto praticante; se proprio non senti le case popolari come un dovere politico, sentilo almeno come impegno cristiano.

Oremus. E sursum corda.

 

Pubblicato il: 23/05/2008

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