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Un prete rosso travestito da diavolo con i capelli enormi di bianco ha abitato il Duomo di Orvieto

Fausto Cerulli

Domenica sera, un prete rosso travestito da diavolo con i capelli enormi di bianco, ha abitato il Duomo di Orvieto. Un violino che sembrava una sciabola menava fendenti di suono ad un pubblico dapprima silente e impaurito, poi coinvolto nella funambolica schizofrenia del diavolo e l?acqua santa. Angelo Branduardi ha cantato il Cantico delle Creature, lo ha profanato con una tecnica luterana, ha suscitato sotto la volta della cattolicissima cattedrale la rabbia e l?ascesi del calvinismo  luteranesimo. Ha cantato ? Alla fiera dell?est? con un sinfonismo bachiano, si ? travestito da San Francesco per bestemmiare la sua musica infernale; Medioevo umbro. Ma era un c?taro, scatenato e indiluviato di parole blasfeme , nascoste sotto la narrazione dei fasti di Santo Francesco nemico dei fasti.; che trascinava i giovani a battere le mani sincopando il suo sviolinare, e le luci dei telefoni cellulari e delle fotocamere digitali che catturavano la sua immagine scomposta in una compostezza demoniaca, sembravano fiammelle d?inferno.

Saranno state duemila persone, l?, a farsi incantare; non sapendo che era un incantesimo diabolico; e Scanavino vescovo, anzich? brandire i dovuti anatemi, batteva le mani: segnando la resa di Santa Romana Chiesa al demonio travestito di musica per la musica. Qualche giovane, addirittura, fischiava come ad un concerto jazz; e Branduardi, serio nel suo vestito nero per quanto bianchi

i suoi capelli, seppelliva fedeli ed infedeli in un crescendo di funerali improvvisati e di resurrezioni a lungo meditate.

Il diavolo vestito di nero strappava lagrime di eccitazione e commozione a giovani vecchi, portava avanti con la sicurezza dei d?moni la sua ammaliazione, Giocava tutte le corde della seduzione diabolica con le corde del suo violino; che diventava nelle sue mani un?orchestra, in virt? dei suoi poteri sottratti agli inferi. Era anche circondato di fumo, l? nelle vicinanze dell?altare maggiore, e credo che i pi? vicini abbiano sentito odore di zolfo. Il cataro prete rosso bianco capello astutamente cantava Francesco, quasi a legittimare la sua infernale presenza sotto il soffitto a capriate del Duomo, aduso a rosari  ed omelie.

Ha recitato la sua omelia per due ore, nel silenzio irretito di un pubblico di fedeli e di infedeli; tutti plagiati dal suo violino, schiaffeggiati dal suono bestemmiato di una batteria in forma

di guerra mortale ai timpani. E lui, il plagiatore, si permetteva danze che erano ridde, e incitava i suoi strumentali a perseverare nella corale bestemmia religiosa. Ha cantato la morte di Santo

Francesco con la mesta compunzione del credente in Francesco; poi, sull?altare del Duomo, ha scoperto i suoi altarini confessando di essere stato indotto a plagiare le anime ,a quel

modo subdolo e meraviglioso, da due fraticelli francescani che gli avrebbero fatto visita: e si capiva che stava inventando tutto, che cercava di giustificarsi per essere pi? diabolico. Un diavolo

che ha fatto miracoli: ha fatto piangere anche un quasisenzafede come me, ha commosso, il prete rosso vestito di nero, anche bambini innocenti. Le porte del Duomo, spalancate

come le porte di un inferno fatto a misura di Dio, diffondevano la melodia profana (mascherata da Sacra Rappresentazione) sulla piazza del Duomo, non risparmiavano  i pochi superstiti

intenti a gustare gelati al frutto, facevano scivolare l?incanto lungo le strade di una Orvieto che aspettava la quiete notturna, e se la sarebbe  trovata popolata da incubi; con un Santo Francesco vittima anche lui del sortilegio, e con il ritmo incalzante della musica che invitava a non pensare, che stimolava a credere in quel diavolo che si rivolgeva a Dio ed al pubblico, come soltanto

i diavoli sanno fare.

E quando tutti noi che eravamo nella Chiesa stavamo per riprendere il nostro razionale cattolicesimo in qualche sosta del rimo, lui ci colpiva di nuovo, implacabile perch? implacato. E ci trascinava di nuovo nel suo ben accetto inaccettabile inferno; danzando come soltanto i d?moni, mescolando canti provocatori a favole apparentemente innocenti, come ? cogli la prima mela? o, di nuovo, ?Alla fiera dell?est?. Se fossi stato quello che sono solito essere, sarei insorto contro quella provocazione, avrei cercato di rompere il sortilegio.

Ma ero incatenano a quel suono di violino, alle fiammelle diaboliche dei telefonini acchiappa-immagini. Ed ero felice di essere coinvolto e stravolto da quell?inganno.

Ben venga il prete rosso vestito di nero e crinito di bianco a frantumarci la coscienza,  a regalarci un?estasi che non sai se mistica o paranormale.

Fuori, Orvieto gi? si addormentava nei negozi implacabilmente chiusi, nei bar che anche nella notte della sarabanda, hanno chiuso i loro battenti prima che scoccasse la mezzanotte; temendo forse la mezzanotte che ? l?ora del demonio.

Sulla piazza del Duomo il furgone della protezione civile. Meglio sarebbe stato un furgone della protezione religiosa contro una enorme stupenda bestemmia. Un furgone con tanto di esorcista

tecnologico, invece di quegli uomini vestiti di tute cangianti, imbambolati anch?essi e plagiati.

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: domenica sera il diavolo Branduardi ha fatto la pentola, per cucinarvi incantesimi e mal?e maliziose.

A quell?ora soltanto il VinCaf? era ancora aperto; con il vino per dimenticare le strettoie del plagio, ed il caff? per risvegliarci dal sonno della non ragione.

Grazie, Angelo Branduardi, per una serata di immersione nel sacro-profano della tua chioma bianca sprizzante scintille di un sano inferno.

Pubblicato il: 19/05/2008

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