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Amarcord: un palio sfortunato

cerco guai

Pare ormai certo: il Palio dell?Oca 2008 non si far?.

Il condizionale ? d?obbligo, nella terra delle ordinanze della vigilia (vedi i negozi aperti il primo maggio) e delle urgenze inderogabili (vedi la mancanza di sponsor per Umbria Jazz Winter, che quasi sempre si manifesta verso fine novembre), in barba a ogni possibilit? di promozione e di programmazione.

Non voglio ricominciare la solita tiritera, n? tantomeno mi illudo di poter pontificare. Vorrei solo buttare gi?, a braccio, una serie di flash che si intrecciano nella mia testa quando penso al palio di Orvieto, una sorta di ?amarcord? su terra battuta tra presse di paglia, dove informazioni precise si mescolano a voci di corridoio e dove i ricordi sbiadiscono o si tingono dei colori del rammarico.

Mi ricordo, ad esempio, il primo palio, coi cavalli prestati tra le due contrade, con un mio amico che ha corso contro il futuro suocero, pur di portare a casa quella che si preannunciava come la risposta orvietana alle altre competizioni a cavallo che tanto seguito hanno nel centro Italia.

Mi ricordo quando il palio si faceva in occasione della festa di San Giuseppe, quando c?era la festa di San Giuseppe, e poi fu spostato al 25 aprile per migrare avanti e indietro e infine trovare posto tra la Palombella e il Corpus Domini. Quanto ai motivi dello spostamento, la solita Orvieto faziosa e creativa vacillava tra un ?fa troppo freddo a marzo e piove quasi sempre? e un ?Grandoni s?? ?ncazzato che la gente nun je va in prucissione pe? vede ?l palio?.

Mi ricordo quando, per anni, il palio vinto dai cavajoli veniva esposto al Pozzo della Cava, in attesa che riaprisse la chiesa l? davanti. E mi ricordo anche che sono cinque anni che la chiesetta ha riaperto senza mai vedere uno di quegli stendardi.

Mi ricordo quando, a me a pochi altri tifosi, di ritorno dalla corsa, armati di bandiere e fazzoletti della Cava, improvvisati con una striscia di fodera rossa, alcuni giovani turisti ci cantarono dietro ?Avanti Popolo, alla riscossa?? e noi non rispondemmo, preferendo passarci sopra, ma ancora oggi non sappiamo se quell?inno era il segno che quei forestieri non conoscessero i colori del palio o conoscessero fin troppo bene quelli di Orvieto. Boh?

Mi ricordo di quando scrissi (erano i tempi i cui avevo pi? tempo e scrivevo sia per voglia che per prendere il tesserino da giornalista) che ci voleva pi? impegno a risollevare un palio in declino che a metterne in piedi uno nuovo, che era un peccato per la manifestazione che vincesse sempre la Cava e che, in fondo, quello non era che il saggio annuale di due scuole di equitazione, ad uso e consumo di amici, parenti e conoscenti.

Mi ricordo quando correva voce, tra i cavalieri, che conveniva votare Frellicca, che, essendo sia assessore al bilancio che allo sport, il modo per trovare qualche soldo per il palio l?avrebbe di sicuro trovato.

Mi ricordo quando Tilli, uno degli inventori -nel vero senso della parola- del Palio dell?Oca, convoc? i rappresentanti dei rioni Cava e Pistrella per cercare di creare le contrade e, cosa non di poco conto, lo spirito di contrada. Mi ricordo che feci e consegnai porta a porta dei volantini improvvisati per chiamare la gente alle riunioni della Cava. Mi ricordo che organizzammo, col costante impegno di Moreno Gambelli e delle donne cavajole, cene e merende per stampare magliette, fazzoletti e gagliardetti, mentre i pistrellesi si davano da fare per pianificare il tifo.

Mi ricordo anche una storica cena coi cavalieri, in cui presentammo l?idea di contrada come entit? che cura il palio, prepara le selezioni, raccoglie i fondi, pensa ai costumi e si occupa di partecipare l?evento alla citt? e al territorio. E mi ricordo anche come tutto si concluse, con un deciso ?adesso che cazzo vorressivo, voe? Ah, mo? te pare che si io domane c?esse ?n fijio da fa? corre, nu? lo fo? corre perch? la contrada nun ? contenta?? a cui segu? un mio sereno ?di solito funziona che, se una contrada passa tutto l?anno a darsi da fare, poi ? il minimo pretendere che corra solo chi il fiocco lo sa prendere, figlio o non figlio; in ogni modo, non vi preoccupate, ch? ci rimane pi? comodo riposarci che metterci a lavorare per far crescere l?iniziativa e darvi cos? tanto fastidio?, e l? fin?, almeno per me.

Mi ricordo la stoffa comprata per fare i costumi rinascimentali disegnati da Nicoletta de Angelis. Mi ricordo che correva voce che una azienda del territorio avesse sbagliato a tagliare la lunghissima pezza, facendo solo una ventina di casacche invece delle quaranta necessarie, ma nemmeno quelle venti si videro mai, ch? la stoffa, si diceva, convenne buttarla.

Mi ricordo quando l?altr?anno, in occasione dell?ennesimo invito a coinvolgere l?Associazione Culturale ?La Cava e i Cavajoli? nella preparazione delle cene pre-palio, l?assessore Frellicca ci chiese come potevamo diffondere lo spirito della festa al resto della citt? e proponemmo una sorta di finta visita guidata, in cui un accompagnatore, partendo dal parcheggio del Foro Boario, dove sarebbero stati presentati i cavalli e i cavalieri, avrebbe condotto i visitatori-spettatori su per la Cava, con l?intento di raccontarne la storia. E si sarebbe imbattuto in Bonifacio VIII in carne ed ossa che, sceso da Porta Maggiore, avrebbe battibeccato con la ?guida? proponendo la sua versione della Cava medievale: una fogna schifosa piena di case basse e sudice che bisognava coprire con finte scenografie di legno all?arrivo dei papi, per non vergognarsi. E pi? su, al muro etrusco, l?allegra brigata avrebbe fatto l?incontro con alcuni etruschetti scontrosi, per poi arrivare ad incrociare Antonio da Sangallo il Giovane davanti alla chiesa, e salire sempre pi? su, con colpi di scena tra storia e commedia, per concludere, all?altezza del parcheggio, parlando della Cava come ? oggi: un quartiere con le botteghe degli artigiani trasformate in magazzini, con le fornaci di ceramica di cui quasi nessuno sa, una via di mezzo tra citt? e periferia, il luogo del buio e del silenzio? e si sarebbero aperte le porte dei cellai sulle padelle fumanti piene di tortucce, con le donne intente a spianare la pasta e a friggerla, con un paio di fisarmoniche e qualche coppia di ballerini improvvisati, a testimoniare quella vitalit? tutta cavajola fatta di gesti tanto semplici quanto in via di estinzione.

Mi ricordo i cavalieri entusiasti dell?idea, che mescolava con ironia storia, curiosit?, enogastronomia e festa popolare, in un happening tra amici in cui anche il malcapitato forestiero avrebbe trovato la sua collocazione. E mi ricordo l?assessore Frellicca che, anch?egli felice dell?idea, ci disse: ?Bene, chieder? a Pistrella di fare altrettanto?, salvo poi farci sapere, un paio di giorni dopo, che non si poteva fare nulla, perch? la controparte o faceva la corsa dei go kart all?Albornoz o niente.

E siccome mi pare di essermi ricordato abbastanza, sar? ?l caso che la pianto.

Pubblicato il: 05/05/2008

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