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Smettiamola di 'parlare' di commercio e di tur

Leonardo Riscaldati

Egregio Direttore,

 

Le scrivo non per fare polemica con chi il suo tempo lo dedica con tanta abnegazione al bene dei commercianti, quanto piuttosto per sottolineare che a mio avviso le parole lasciano il tempo che trovano. Sono i fatti che rimangono. E in questi anni di crisi progressiva del commercio orvietano, di fatti concreti e di azioni se ne sono viste ben poche.

 

Il mio intervento, intitolato "La rivolta dei commercianti orvietani", ? stato scritto secondo tre punti di vista. Primo: da un punto di vista professionale, visto che da qualche anno mi occupo di comunicazione e di marketing, e quello che vedo a Orvieto ? la mancanza di una cultura di impresa, che in un contesto di mercato come quello attuale ? sempre di pi? indispensabile, per competere con realt? territoriali sempre pi? organizzate ed agguerrite dal punto di vista dell'offerta, e degli strumenti per metterla sul mercato con efficacia. Secondo: da cittadino orvietano, in quanto vedo quello che qualsiasi persona vede, e cio? che a Orvieto si parla e si discute tanto, ma poi si fa ben poco. Altrimenti non staremmo a parlare ed a interrogarci sulla crisi del commercio, del turismo e di citt? deserta. Terzo: da cliente, in quanto vedo un'offerta spesso slegata dalla reale domanda della clientela e che nel corso del tempo ha perso le caratteristiche di qualit? e di peculiarit? tipiche del nostro territorio.

 

Mi permetto di ricordare, a chi dovrebbe fare gli interessi dei commercianti, ed a proposito di ricerche sul commercio, che intervenuto insieme al Sig. Perali ad un incontro con l'Assessore allo sviluppo economico del Comune di Orvieto, in data 8 gennaio 2008, alla presentazione di un importante studio sul commercio orvietano, promosso dal Comune di Orvieto, ed al quale erano invitate tutte le associazioni di categoria, non mi sembra di ricordare che oltre a me ed a Carlo Perali, fosse stato presente nessun altro rappresentante di dette associazioni, e che nessuno si sia nemmeno degnato di avvertire che non sarebbe venuto ad un incontro cos? strategicamente importante x i suoi associati. S?, per i suoi associati. Chiss? perch?, non riesco proprio a spiegarmelo. O forse s?. Sarebbe interessante sapere quanti degli associati sono stati informati dell'incontro e del fatto che i loro rappresentanti l'avevano disertato. Chi non ? venuto, e non ha neanche avvertito, dovrebbe anche dirci il perch?, ma ho l?impressione che tacer? lasciando i lettori a brancolare nel buio. O forse no.

Questo per me, egregio Direttore, ? un fatto. Il resto sono solo parole, che per quanto belle ed emotivamente coinvolgenti, rimangono soltanto parole. E, ripeto, in questi anni di parole ne ho sentite veramente tante. Troppe, e solo quelle.

Sar? io il primo a congratularmi se si faranno passi in avanti concreti, con chiunque si dimostri all'altezza di un compito tanto importante quanto delicato come quello di rappresentare la categoria dei commercianti orvietani, che sono un cos? importante volano per lo sviluppo dell'economia cittadina. A prescindere dalla vicinanza delle varie associazioni a questa o a quell'area politica (anche se mi dicono che in realt? non ? vera questa prossimit?). In tutta sincerit? me ne frego del colore. Mi interessano i risultati.

 

Quindi, certe mie affermazioni apodittiche, derivano dalla semplice osservazione delle cose orvietane, per quello che sono.

 

Ora poi leggo che si vuole cominciare un dibattito. Secondo il mio modesto punto di vista, che non ho mai tentato di spacciare come neutrale, e che quindi affermo come assolutamente parziale, oltre che naturalmente criticabile, sarebbe il caso di fare meno dibattiti, mentre bisognerebbe cominciare a fare. S?, fare. Questa parola strana ed esotica, sarebbe il caso di cominciarla ad inserire nel vocabolario locale.

 

Egregio Direttore, temerarie in realt? sono le parole di chi vuole negare l'evidenza. L'evidenza di una citt? che ha bisogno come l'aria di uno slancio in avanti. Altrimenti ci ritroveremo, tra qualche anno, in condizioni ancora pi? drammatiche, e magari sulle colonne della Sua autorevole testata, a discutere per la millesima volta su quello che si dovrebbe fare, sulla necessit? di aprire un altro dibattito, senza per? aver fatto alcunch?.

 

E credetemi, mi sembrerebbe ben poca cosa, oltre che tragico e ridicolo allo stesso tempo.

Pubblicato il: 21/04/2008

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