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Negozi chiusi la sera per Umbria Jazz

Leonardo Maria Riscaldati

Ieri sera sono stato a cena con gli amici in una trattoria di Orvieto. 

Cena allegra, come sempre. Buona cucina, boccia de vino, e poi via per le strade del centro storico a goderci la prima serata di Umbria Jazz.

Aria di festa e discreto movimento di gente in giro, che come ogni anno viene ad Orvieto per divertirsi, ascoltare dell'ottima musica, spendere, e dare un po' di vita ad una citt? altrimenti deserta.

E gente che, dopo cena, come ogni anno, eccezion fatta per alcuni bar e locali affini, ha trovato tutti i negozi chiusi. Come volevasi dimostrare. Questa ? l'ennesima prova della tara mentale e culturale che pesa sulle menti orvietane.

Ma come si fa? Per una volta all'anno, dico-una-volta che accade qualcosa di rilevante, che crea movimento, per una volta che abbiamo un'occasione per fare marketing dentro casa nostra, per lasciare un buon ricordo di noi, per essere in vetrina, insomma, per giocarci tutte le nostre carte, noi che facciamo? Teniamo tutto chiuso.

Alcune settimane fa, mentre leggevo un articolo su un sito di informazione locale, che parlava proprio di questo argomento, mi ha colpito un commento all'articolo, pubblicato da un negoziante, che ritengo emblematico del modo di ragionare tipico della maggior parte dei commercianti orvietani.

In sintesi, il concetto era pi? o meno questo: "io l'anno scorso ho provato una sera a tenere aperto, ma non ho fatto una lira e quindi chimmelofaff?". Ragionamento perfetto a livello tattico, ma tremendamente sbagliato a livello strategico.

In questa frase c'? tutto quello che c'? da sapere per capire la situazione. Allora, analizziamola pezzo per pezzo.

La prima parola ? "io". E qui gi? c'? dentro molto. In una comunit? un minimo evoluta tale frase dovrebbe, secondo me, iniziare con un "noi". E' Orvieto, con il suo centro storico ed i suoi negozi, che dovrebbe posizionarsi come "prodotto" e non una schiera di singoli ognuno dei quali ragiona solo per s?.

Vi immaginate se i muratori che costruiscono una casa non avessero tutti lo stesso progetto chiaro in mente ed ognuno facesse quello che gli passa per la testa l? per l?? Chi fa una cosa, chi ne fa un'altra, chi non fa un bel niente. Risultato, la casa non si potrebbe costruire. Non si finirebbe mai. E nessuno potrebbe mai viverla.

Il dire "io" significa che ognuno gioca per s?, ed a questo gioco, da soli, si perde in partenza. Se non si ragiona in termini di squadra, se non si progetta e si costruisce insieme, se non si condividono gli obiettivi, se non si innescano le sinergie necessarie, se non esiste una visione comune, non si va da nessuna parte.

Andiamo avanti. La frase segue con "ho provato una sera a tenere aperto".

Non bisognerebbe "provare una sera", ma accordarsi alcuni mesi prima per tenere aperto per tutta, ripeto, tutta, la manifestazione. Non solo. Ci vorrebbero idee e azioni concrete. Non so, magari creare un evento sponsorizzato dai commercianti lungo le vie del centro, che lasci un buon ricordo nella gente, oppure realizzare un gadget o un souvenir da lasciare ai visitatori, oppure produrre una brochure che contestualizzi e promuova il commercio orvietano del centro storico e lo "venda" come un tutt'uno, magari inserendoci dentro l'indirizzo di un sito web, (che si sarebbe anche potuto fare) dove magari poter ordinare i prodotti tipici una volta tornati a casa, oppure chi pi? ne ha pi? ne metta. Non ci vuole la scienza. A volte mi sembra che il tufo ci abbia atrofizzato il cervello. Eppure, in fondo, ho stima dei miei concittadini.

E per finire passiamo al "ma non ho fatto una lira e quindi chimmelofaff?"

Alla luce di quanto ho scritto sopra gi? si dovrebbe capire, in parte, il perch? il commerciante in questione non ha fatto una lira. Ma non basta. Il problema vero non ? fare qualche lira durante le serate di Umbria Jazz, quanto piuttosto dare a tutte le persone che vengono nella nostra citt? un'immagine di realt? viva, moderna, in fermento, piena di vita sociale, illuminata, divertente, attiva, godibile e che offre una miriade di cose da fare.

Questi signori che vengono a trovarci, al termine della manifestazione, non ? che torneranno sulla luna o nel deserto del Sahara, ma faranno ritorno nelle loro citt?, e vedranno gente, amici, parenti e conoscenti, e parleranno della loro esperienza. E non ci vuole un guru del marketing per capire che il passaparola di amici e persone di fiducia ? la pi? efficace forma di pubblicit? in assoluto. Sia in positivo che in negativo.

Ora, se io vengo a Orvieto per Umbria Jazz, e mi aspetto chiss? che cosa, e poi trovo tutto chiuso, quando torner? a casa non far? "proprio" una splendida pubblicit? al luogo dove sono stato, e l'anno prossimo, o chiss?, magari anche per l'estate che verr?, non torner?, n? io n? i miei amici e conoscenti, che magari sarebbero potuti venire e che, a loro volta avrebbero potuto parlare bene della nostra citt? a tanti altri. E cos? via. Non dimostriamo di avere molto chiaro in mente il concetto di circolo virtuoso.

Qui emerge in tutta la sua limpidezza la miopia della nostra mentalit?. Mentalit? che va CAMBIATA. Senza sfumature o mezzi termini. Siamo talmente abituati a ragionare sull'oggi, sui conti spiccioli e momentanei, che ci stiamo in realt? bruciando il futuro. E non riusciamo ad accorgerci dei danni che stiamo facendo.

Per? ci lamentiamo. Guardate, sar? drastico, ma il mio parere, (ed ? quello che penso in genere, a prescindere dal discorso del commercio), ? che se uno non fa niente di concreto per cambiare e migliorare le cose, allora egli non ha il diritto di lamentarsi. Sarebbe troppo facile.

E' fin troppo facile lamentarsi della crisi del commercio, aspettando la manna dal cielo. Sono le azioni che fanno la differenza. Ed ? dal basso che deve partire il cambiamento.

La verit? ? che sono assai pochi quelli che riescono ad andare oltre il proprio giardino. Proprio non riusciamo ad arrivarci. Sono i commercianti che devono lavorare per riportare le loro attivit? ai livelli che si meritano, e non qualcun altro, che poi non si sa mai bene chi possa essere.

C'? poco da dire, c'? poco da giraje intorno".

Si deve fare squadra, si devono condividere gli obiettivi, si devono condividere le strategie.

O ci si d? da fare per cambiare (e per cambiarsi), o il futuro sar? ben pi? nero della situazione che viviamo oggi.

Pubblicato il: 29/12/2007

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