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Quando i giovani si appassionavano alla politica

Fausto Cerulli

Una volta era Spoleto, la citt? del suicidio. Un ponte lunghissimo, che trapassava una vallata verde di morte. Adesso Orvieto ha il suo festival della morte voluta. E di nuovo ne attribuisco la colpa alla citt?, alla sua mancanza di punti di riferimento; e non parlo di luoghi di incontro, che sono anche troppi. Parlo di punti di riferimento morale.
I giovani, quando io ero giovane, si appassionavano  alla politica, a sinistra  come a destra, con la stessa  caparbia volont? di capire e di essere capiti. Io li ricordo bene gli incontri in via della Costituente, in due stanze che oggi passerebbero per un  covo brigatista. C'era una radio autonoma, ma autonoma veramente: musica che ancora oggi ? la musica  di oggi, Il vino, portato a bottiglioni dai compagni di Castiglione, panini e pizza. Qualche canna proibita, niente coca che ? roba da ricchi o da poveri rincoglioniti che vogliono sembrare ricchi. E poi le riunioni, attorno ad un tavolo  grande, con poche sedie, molta gente seduta a terra. Parlavamo di comunismo ( che strana parola), ma soprattutto dicevamo il de profundis al capitalismo. Idee diverse si  confrontavano:i moderati contro i massimalisti, quelli di un poco alla volta, quelli del tutto subito.
Benedetto Burli era i primi, io ero il pi? assatanato dei massimalisti. Ci sentivamo importanti, pensavamo che tutta Orvieto guardasse a noi, pendesse dalle nostre labbra, attendesse le nostre escogitazioni
Non era vero, ovviamente: i partiti di sinistra ci tolleravano, i sindacalisti proibivano, a  quello che noi chiamavamo allora il movimento, di partecipare alle manifestazioni del primo maggio. Non volevano che i nostri slogans turbassero le delicate orecchie  della borghesia. Ma noi partecipavamo lo stesso. O facevamo cortei per conto nostro.
Credo che anche a destra i giovani facessero qualcosa di simile, anche se in scala  ridotta. Sapevano che noi eravamo pronti a strillare"fascisti, carogne,tornate nelle  fogne."
Ora i topi sono diventati presentabili, vestono in doppio petto,banchettano in Parlamento  e nelle Amministrazioni Locali con i rossi feroci di una volta, che ora sono rosa stinto.
Ho detto tutto questo per dire che allora i giovani non erano pecore. Non erano stati  ancora globalizzati: portavano all'aperto i loro sentimenti, i loro risentimenti, i loro presentimenti.
E parlavano molto tra loro; parlavano del mondo come fosse una cosa loro, comunicavano, comunque, per dirla come la direbbe Umberto Eco.
Poi ? venuta una specie di tempesta piatta, che ha assorbito le coscienze, che le ha demotivate, che le ha rese prede del primo venuto; che fosse la droga pesante per non pensare che non c'era nulla a cui pensare, o la fretta di guadagnare, in un mondo in cui ci si distingueva per il gonfiore del portafogli e per la cilindrata della  vettura di pap?, affettuosamente fornita per sfracellarsi il sabato sera. E venne soprattutto
Il qualunquismo, la notte orrenda in cui tutti i gatti sono bigi,, tutte le idee sono  eguali.
I giovani ed i non giovani hanno assistito indifferenti alla morte della politica vera ed alla nascita della politicuccia  degli intrighi, degli amministratori pubblici pagati come faraoni nelle piramidi del palazzo.
E da allora ogni tanto la morte si affaccia, per gente che si affaccia a parapetti di morte.

Pubblicato il: 04/07/2007

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