Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
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La ceramica orvietana e il feudo plebeo

Gian Paolo Aceto

di Gian Paolo Aceto

 

La notizia (poco fresca ma sempre pi? attuale): il palazzo Simoncelli in Piazza Capitano del Popolo ? stato restaurato e pare essere in procinto di ospitare un Museo della ceramica orvietana storica, cio? medioevale e post, e con annesso e ben compenetrato un cosiddetto Centro di documentazione della ceramica orvietana, ecc.

La tesi: questo museo non s?ha da fare, n? domani, n? mai.

(e la citazione ?manzoniana? ? perfettamente valida in questo caso, proprio perch? sarebbe un matrimonio tra un contenente (il palazzo) pronto a ?ricevere?, e qualcosa che non c?? o non arriver? mai dentro il palazzo stesso. Sto parlando perci? di un tentativo di matrimonio che gi? dall?inizio ha come principale caratteristica la sterilit?.  C?? un nome, il Museo, che ? un vero e proprio flatus vocis, ma non c?? la sostanza, il nato, a cui appiccicare il nome).

Il futuro luogo di raccolta di ci? che resta delle ceramiche orvietane storiche non deve essere un museo a s? stante, in un palazzo a s? stante, con un Direttore a S? Stante, ma deve inserirsi e fare parte integrante del Museo dell?Opera del Duomo, che gi? possiede in grandissima parte i materiali ceramici storici adatti a formare una sezione del museo stesso.

In un articolo dell?anno scorso sulla questione del casello autostradale, non  citatissimo da tutti quelli che sbraitano di democrazia e pluralismo,  e nemmeno da quelli ben installati nel letto di piume di pavone dell?opposizione che si lamentano spesso di non essere presi in considerazione, cio? non citati, virgola, ho cercato di far passare il concetto amabilmente noioso, semplice, ma sempre vero, che ogni cosa o iniziativa o proposta dovrebbe essere fatta a misura del contesto in cui la cosa si dovrebbe situare.

Il problema museale, come quello autostradale,  ? strettamente connesso a una scelta amministrativa, culturale, che abbia come fondamento la capacit? degli amministratori di valutare la ?dimensione? della citt? in cui operano ?rispetto alle altre citt??, altrimenti ? megalomania di gruppo. Categoria quest?ultima gi? abbondantemente usata dalla passata amministrazione, con i risultati risibili e pulcinelleschi sotto gli occhi di tutti.

Perci?, la scelta di istituire un museo per le ceramiche orvietane sarebbe una scelta di gravissima disamministrazione (tuttavia, anche se  non penso e non spero che il Sindaco ne abbia l?intenzione, le cose ? meglio scriverle).

Oltre alle ceramiche in possesso dell?Opera del Duomo, esiste un piccolo nucleo di pezzi antichi (raccolta Curti) in possesso del Comune di Orvieto, che sarebbe bene entrasse a far parte del Museo dell?Opera del Duomo. Ma certamente su questa piccola raccolta non si pu? pensare di creare un nuovo museo. A meno che.

A meno che non ci sia nell?aria (fresca, naturalmente)  il progetto di allargare ad ogni costo il numero degli esemplari di questo museo per ora solo presunto facendo comprare al Comune pezzi  estratti dai ?butti? da parte di privati ovviamente interessati a venderli. Questo genere di ritrovamenti ? formato per la stragrande maggioranza da scarti di fornace, oppure pezzi di opere una volta intere, e qui vale bene il termine ?coccio?.

E? bene che l?eventuale privato, proprietario e curatore dei cocci del suo ?butto?, si dia da fare per ottenere il permesso di farne un?impresa commerciale, con relativo biglietto d?ingresso. E? il privato ad aver scoperto il butto; ? lui che l?ha valorizzato, scavando i pezzi, restaurandoli, esponendoli. Sono spese. E perci?, come qualsiasi tipo di imprenditore, ha tutto il diritto di ottenere un ritorno finanziario dal lavoro intrapreso. Lo Stato (in questo caso il Comune) non glielo pu? impedire, anche se ci? che il privato ha fatto passasse sotto la dizione di archeologia, e quindi di ?Cultura?, il mostro divorante di quest?epoca, che lo Stato stesso, nei suoi aspetti pi? totalitari, tende a usare, attraverso il concetto di Monopolio a fini democratici.  Passi per Sali e Tabacchi, passi un Ministero dei Beni Culturali che per? ? gi? sulla via non soltanto di proteggere dei beni esistenti da sempre codificati come culturali, ma di allargare il concetto di cultura in modo troppo omnicomprensivo per dar da mangiare a legioni di affamati (acculturati, ? ovvio).

Dopodich?, tutto pu? essere  ?Cultura?, termine ormai stiracchiato da tutte le parti per farci entrare ogni sorta di  espressione ?etnica?, o qualsiasi risultato di un?attivit? umana, del tempo presente o del tempo passato.

Ma siccome il concetto di museo ? tuttora ancorato (soprattutto ma non completamente) alla presentazione al pubblico di opere che si possano esibire nella loro integrit?, va da s? che questo non ? il caso di questo presunto museo.

E quindi il privato stesso, eventualmente proprietario di centinaia di ?pezzi?, che sono anche pezzi nel vero senso del termine, non pu? pretendere di addossare al Comune la sua ?raccolta? solo perch? cos? , dato che il numero ? potenza, questo stesso numero farebbe la qualit?, cio? la scusa per creare un museo.

Ed ? nell?ammassare ad ogni costo pezzi e pezzetti di poco o nullo valore che potrebbe stare la ragion d?essere del fantomatico ?Centro di documentazione sulla ceramica orvietana?, con tanto di addetti, a cominciare dal Direttore, ?socialmente?, anzi ?culturalmente utili?.

Quest?epoca, diciamo l?ultimo mezzo secolo, si ? tra l?altro specializzata nell?invenzione artificiale di bisogni culturali, potrei citare un bel po? di cattedre universitarie, o di istituzioni o musei che sono veramente Enti inutili, nati per trovare impieghi a appartenenti a organizzazioni politiche perdenti e minoritarie, che per? fanno parte di coalizioni  a vari livelli istituzionali, i Comuni  per esempio. Di conseguenza, la necessit? politica per un Sindaco di tenere unita una coalizione si trasforma nel ricatto  fondato sull?imposizione di un ente  artificioso come lo sarebbe nel caso di Orvieto la creazione di un inutile museo della ceramica. Nei fatti sarebbe l?istituzione di un feudo a vantaggio del primo pretendente burocrate di turno, magari eventualmente acculturato: situazione che si pu? ben riassumere nel concetto di feudo plebeo.

Il Centro di documentazione poi sarebbe il pretesto per ?organizzare? (leggi anche inquadrare, sottomettere, lusingare, abbindolare, illudere, circuire) eventuali  ceramisti artigiani passati presenti futuri proponendo mostre, incontri, ?socialit? estetica? ecc., con richieste di finanziamenti contributi e patrocinii, ecc alle amministrazioni comunali, ecc. Insomma, le solite cose su cui la plebe acculturata , magari con tanto di laurea, ? abituata a campare.

E naturalmente non sto parlando del popolo, sto parlando di plebe, che ? una categoria che non dipende dal censo, dalla cultura, dall?avere o non avere.

Si chiama plebe quando si  sente autorizzata, o fa di tutto per farsi autorizzare, a spendere, con motivazioni ?democratiche? e ?di massa?, i soldi altrui, cio? il denaro pubblico.

Plebei si diventa quando ci si mette in vendita, vale a dire non quando si offre la propria capacit? di lavoro, a qualsiasi livello, anche il pi? basso, perch? giustamente bisogna campare, ma quando si cerca di vendere  per arrosto (cio? qualcosa importante per la societ?) ci? che ? soltanto il proprio fumo, anche se ben ammantato di ragioni ?culturali?.

 

Passo oltre e entro non in un museo italiano qualsiasi, ma nel museo dell?Opera del Duomo, di Orvieto, in ?questa? citt?, e non in un?altra. Questo museo ? in via di allargamento, e ci? che l?Opera del Duomo sta facendo ? certamente meritorio al riguardo. Si stanno recuperando ambienti, e nel contempo si organizzano mostre di successo.

Le ceramiche storiche, che dovrebbero far parte di una sezione di questo museo, non prendono molto spazio, e poi non ? necessario esporre proprio tutto, anzi ci? che non verr? esposto in maniera permanente potr? far parte di mostre straordinarie ?a tema?, anche ?soltanto? tecnico, sulle lavorazioni nelle fornaci del passato. E quindi sarebbe il museo stesso ad essere di volta in volta centro (e non Centro) di documentazione sugli oggetti esposti. Niente di nuovo, lo fanno tanti musei.

Restano i visitatori della Citt?, molto spesso autoridotti al rango di ?turisti?. Quasi sempre per un giorno. Vengono per visitare il Duomo (e se gli va bene, anche pregano). E gi? soltanto il Duomo dovrebbe prendere almeno una giornata. Poi c?? il Museo dell?Opera del Duomo, e, azzardo, anche pi? importante, il Museo etrusco ?C. Faina?. E  ancora, tra un pranzo e un bivacco, altre chiese e palazzi, molti dei quali importanti e suggestivi. Da ultima, e in effetti veramente prima, la Citt? e i

grandi spazi esterni che la circondano e ne esaltano la unicit?. Tutto in un giorno, e poco pi?, perch? questo vogliono le ?leggi turistico-culturali? di quest?epoca.

Perci? la conclusione ? questa:

Un ulteriore museo, artificiosamente riempito soltanto per creare un centro di potere a qualcuno (una specie di ?podere? culturale, e perci? un Feudo Plebeo)  sarebbe un errore amministrativo che andrebbe a pesare sulla citt? e che certamente peser? sul giudizio che gli elettori dovranno farsi per scegliere nel 2009 la prossima amministrazione comunale.

Pubblicato il: 12/02/2007

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