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Se la nuova Risorse per Orvieto ? il solito carrozzone?

Davide Orsini

di Davide Orsini 

Dalle recenti affermazioni del sindaco Mocio durante la conferenza stampa di sabato 25 novembre si sono capite alcune cose che vorrei tentare di analizzare.

Risorse per Orvieto non verr? smantellata dopo le dimissioni in blocco del Consiglio di amministrazione presieduto dal prof. Barbabella, anzi verr? rilanciata. Bene, anzi malissimo. Malissimo perch? ad espressa domanda di Laura Ricci circa i criteri di selezione dei suoi membri, il sindaco ha risposto che le future nomine del Consiglio di amministrazione avranno con molta probabilit? una impronta politica. Tradotto, le forze della maggioranza dovranno esservi rappresentate.

Cos? la prima domanda nasce spontanea. A cosa serve un altro organo rappresentativo delle istanze politiche presenti in Consiglio comunale? Voglio essere pi? chiaro. Se Risorse per Orvieto deve essere uno strumento di azione dell?Amministrazione comunale senza i vincoli di un soggetto pubblico, qual ? la logica di adottare dei criteri di rappresentanza politica per la sua composizione?

Secondo il buon senso e le regole della democrazia, il dibattito dovrebbe essere svolto in Consiglio Comunale. Poi le linee emerse dall?organo rappresentativo dovrebbero essere sintetizzate dalla giunta, la quale darebbe mandato a Risorse per Orvieto di agire nel modo stabilito. Tutto chiaro, tutto trasparente. E invece no, non ? cos? che ad Orvieto funzionano le cose. Allora, mi sorge un forte dubbio.

Non vorrei che il nuovo Consiglio di amministrazione di RPO diventasse una riedizione aggiornata di ormai note spartizioni partitocratriche all?orvietana. Se il nuovo organismo dovesse servire ai partiti di maggioranza per controllare pi? da vicino la gestione delle potenziali risorse del Casermone, allora dopo le dimissioni del professor Barbabella saremmo destinati a passare dalla padella alla brace. Non si capisce come dei dibattiti lunghi ed interminabili, e purtroppo inconcludenti, in seno al Consiglio comunale dovrebbero per magia trasformarsi in proficui ed illuminati altrove, se le persone sono le stesse. Scusate, sar? prevenuto, ma io non ci credo. Credo piuttosto che ci sia un chiaro tentativo di trasferire la gestione di un epocale nodo politico-economico dalla sede pi? consona (il Consiglio comunale) ad una sorta di sottobosco partitocratrico che tenga i manovratori il pi? possibile nascosti da occhi indiscreti, cio? dalla partecipazione democratica.  

Se i partiti di maggioranza continueranno a ritenersi gli azionisti principali del piano di recupero della Piave il problema non verr? mai risolto nel migliore dei modi, ma verr? affrontato tenendo principalmente conto degli interessi particolari di ciascuno. Cos? non si fa molta strada.

Penso invece che sarebbe l?ora di ascoltare il parere di esperti acclarati. Bisogna rompere il salvadanaio e andare a consultare dei professionisti preparati che possano prospettare alla citt? delle soluzioni credibili per il futuro della Piave. Anche un concorso di idee mi sembra una buonissima mossa da compiere. Sarebbe il caso di interloquire con rappresentanti di altre realt?, italiane ed estere, che hanno affrontato in passato dei problemi analoghi per capire quali soluzioni siano praticabili.

In questa ottica sarebbe sensato comporre un organismo di tecnici ed esperti che avrebbe il compito di studiare e di trovare soluzioni. Alla politica poi spetterebbe il dovere di prendere decisioni in base alle proposte formulate da professionisti.

Questa citt? non pu? pi? permettersi l?ennesimo carrozzone, anche se Giorgio Posti e Marino Capoccia vorrebbero dipingerlo come una locomotiva.

 

Pubblicato il: 27/11/2006

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