Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
NOTIZIE CORSIVI

Una via dedicata ad Angelino Rossi

Fausto Cerulli

di Fausto Cerulli

Uscito da un lungo periodo trascorso agli arresti domiciliari, a differenza di un tale con il mantello a ruoto che vi ha trascorso soltanto pochi giorni grazie ai suoi grandi avvocati, mi trovo a leggere di nuovo i quotidiani on line locali, e mi imbatto in un articolo simpatico e malinconico di Antonio Barberani e in  un intervento politico alquanto complesso e, a suo modo, criptico di Turreni junior.. Barberani ha saputo  far rivivere l?atmosfera di un periodo che fu, per me e per molti, il periodo di Angelo Rossi, detto Angelino; fui suo compagno di bevute alla trattoria dell?Orso: e ricordo che tra una sbronza e l?altra provavo  a diffondere il messaggio marxista, mentre Angelino, che di quel messaggio se ne strafotteva, aveva il compito di zittir con la sua voce stentorea i dissenzienti., e di sostenere che io ero il pi? grande marxista vivente, ovviamente dopo il suo conterraneo Oreste Scalzone. Era il periodo in cui Angelo Rossi pubblicava un libro di poesie, I Sigoni, che era ovviamente uno schifo rispetto alle produzioni di molte scrittrici orvietane di oggi. Ricordo che fu l?epoca della prima legge contra personam: la onorevole Merlin decise che i casini dovessero essere chiusi a partire dal 20 settembre del 1958, e cio? proprio dal giorno in cui compivo fatidici diciotto anni che servivano per accedere alla frequentazione delle signore di via dell?Olmo. Ancora mi domando che cosa di male io abbia fatto alla Merlin per meritarmi una legge fatta  apposta a mio danno. Concordo con Barberani  sul propagarsi mortifero e pestilenziale di presentazione di libri, compito in cui ? specializzato Guido Barlozzetti, colosssale giornalista di origine orvietana, coinvolto nel tutto e nel nulla; una sorta di Bruno Vespa all?orvietana con salsa scondita, autore di pochi scritti ma conoscitore mondano di molti srittori.. Tornando al periodo di Angelo Rossi, vorrei far conoscere al colto ed all?inclito due episodi che dimostrano il suo modo di essere; una volta, sapendo che Barberani, gi? proprietario del bar omonimo, era, come  dire, oculato- tanto che veniva chiamato il sorcio-, si divertiva a mettere nel caff? fin a quindici cucchiani  di zucchero; finch? Barberani, che non perdeva un gesto, gli disse; caro Angelo Rossi, tutto quello zucchero le far? anche male. Un? altra volta, stando appoggiato pigramente al muro vicino alla liberia di Fusari, fu letteralmente travolto da un tizio che  andava di fretta e quasi lo fece cadere, il tizio chiese scusa ed Angelo rispose non fa nulla, stavo andando anche io a Piazza del Comune. E se ne usc? in uno di quegli strepitosi tic che lo facevano bello.

Ricordo che gli facevo sempre notare come gli orvietani lo detestassero, al punto di aver chiamato una strada ? via Angelo da Orvieto?, un chiaro invito a cambiar paese; da tempo Angelino se ne ? andato, stroncato forse dagli eccessi ma stroncato soprattutto da chi approfitt? della sua poetica ingenuit? per fargli spendere e spandere in pochi mesi una colossale fortuna ereditata da uno zio che era diventato miliardario vendendo chiodi per le scarpe.

Io non credo molto alle celebrazioni postume, ma ritengo che il Comune di Orvieto abbia il dovere di intitolare una strada ad Angelo Rossi, e non una strada di periferia ma una strada del centro: magari defenestrando quello Stefano Porcari che fu un criminale integralista ed una spia del papa. E di cui tutti, anche quelli che abitano la strada a lui intitolata, non sanno chi sia: e giustamente, perch? giusto ? che almeno la storia seppellisca le spie.

Cambio argomento e vengo alla politichetta: premetto che non so quasi nulla della vicenda della Caserma Piave; ho soltanto sentito dire che si fanno molti progetti e che intanto sta in piedi un comitato ad hoc il cui compito essenziale ? quello di lucrare ingenti gettoni di presenza. Trovo comunque  poco corretto il metodo seguito nella sua analisi da Turreni. Prima di tutto perch?  non esiste uno schieramento che ha tutti torti ed uno che ha tutte  le ragioni: lo dice uno come me che ? stato sempre, a suo modo, di sinistra. Che si era illuso di trovare in una certa Donatella Belcapo una sorta di Rosa Luxemburg rediviva, e che la trova adesso rientrata pienamente nei ranghi; uno come me che ? stato radiato da tutti i partiti di sinistra e non certo per indegnit? morale ma solo perch? rompo le palle e non condivido gli inciuci. Ora Turreni, sulla vicenda della Caserma Piave, ci viene a dire che loro avevano previsto tutto e che le soluzioni da loro indicate sono le uniche percorribili; e qui ritorno ad una questione di metodo, che ? poi strettamente politico: Turreni e suoi amici dicano cosa si deve fare, presentino un progetto e soprattutto lo sottopongano a quello che una volta si chiamava il popolo e che ora ? diventato il popolo elettore, a scadenze rituali come le feste del calendario della Chiesa Apostolica Romana, che Dio ce la conservi. In politica ? facile dire ?lo avevo previsto? occorre dire che cosa si era previsto: e soprattutto come lo si voleva attuare: altrimenti anche la ex Casema Piave diventa un ?al lupo al lupos?, senza lupo e senza cacciatore.

Pubblicato il: 27/11/2006

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