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Arrivare in alto, ripartendo dal basso

Donatella Belcapo

di Donatella Belcapo

Ieri sera ho partecipato al primo incontro per il partito democratico. Mi ha fatto molto piacere nel vedere tante persone della societ? civile, accorrere e partecipare attivamente a questo evento. Vorrei insieme a coloro i quali non hanno potuto esser presenti (per vari motivi), aprire un dibattito- confronto telematico, sugli sviluppi di questo progetto destinato a cambiare il sistema politico italiano.

Inizio a dire la mia, auspicando che molti interventi seguiranno anche perch? internet ci permette di dialogare in qualsiasi momento, senza vincoli di tempo, spazio, e luoghi convenzionali.

 

Di fronte all?idea di un Partito Democratico che riprenda e aggiorni l?esperienza storica della sinistra riformista e riformatrice, nel rispetto della grande tradizione nazionale delle forme di massa di organizzazione del consenso popolare.

Credo sia doveroso riflettere innanzitutto sui termini stessi di questa nuova sfida.

 Per prima cosa, considero positivo il recupero del termine ?partito?, che dai primi anni Novanta era stato abbandonato sull?onda del discutibile imbarazzo collettivo legato alle inchieste sulla corruzione.

 Che i partiti italiani abbiano sofferto - chi pi? chi meno - una crisi di moralit? nelle persone, non significa infatti che il partito politico, inteso come strumento organizzato di raccolta ed espressione della volont? popolare, sia un oggetto superato e inattuale.

Ed ecco il ?democratico?. Ritengo sia giusto, per una forza che si proponga di ristabilire un rapporto leale, corretto e proficuo tra i cittadini e le istituzioni, partire da quel concetto stesso di democrazia che purtroppo da molto tempo sembra sempre pi? una parola priva di significato.

 ?Democrazia? significa governo del popolo: un concetto che oggi molti di noi stentano a riconoscere come effettivo, davanti a un ceto politico autoreferenziale, che si rinnova soltanto per cooptazione sulla base di una dichiarazione preventiva di fedelt? personale.

Le ultime elezioni politiche, in particolare, sono state uno spettacolo deprimente: le regole volute dalla destra hanno completamente svuotato il diritto primario fondamentale dei cittadini di scegliere i propri rappresentanti, trasformandolo in un?avvilente ratifica, fondata sull?appartenenza ideologica e sulla logica di schieramento, di decisioni prese altrove. Mai come stavolta ? stato mortificante lo spettacolo delle candidature, o meglio nomine, ?paracadutate?, in spregio del principio di rappresentanza che vorrebbe i parlamentari espressione del territorio. Abbiamo giustamente criticato la legge elettorale voluta dalla destra, ma ci siamo adeguati alla sua logica.

Che cosa possiamo fare, noi cittadini, di fronte alla scommessa del Partito Democratico? Ritengo fondamentale trovare un punto di sintesi tra le due grandi illusioni degli ultimi anni: la ?creazione dall?alto? e lo ?spontaneismo dal basso?. Nella prima ipotesi, i soggetti presentati come novit? rivoluzionarie dello scenario politico si sono rivelati, nella migliore delle ipotesi, come semplici e opportunistici cartelli elettorali, sempre nel rispetto della regola per cui due pi? due avrebbe fatto al massimo tre; oppure, a destra ma anche a sinistra, il partito-persona o meglio la persona-partito ha finito per configurare una prospettiva tutt?altro che democratica.

 Per quanto invece riguarda la suggestione dei ?movimenti?, dal no-globalismo ai girotondi, l?approdo pi? o meno scontato di molti loro protagonisti e promotori alle candidature elettorali ?ordinarie? in liste ?ordinarie? conferma l?insostituibilit? della forma partito, sia pur debitamente aggiornata.

Nel delineare l?identit? di questo Partito Democratico, occorrer? tener presente che la crisi dei partiti tradizionali, tutti, nasce innanzitutto dalla loro arretratezza ideologica.

 I partiti del Novecento italiano facevano infatti riferimento a una situazione assai differente da quella attuale, dove non valgono pi? i modelli classici del socialismo operaio e del solidarismo cattolico.

Per esempio, oggi la necessit? storica di tutela dei lavoratori sembra meno importante di quella di permettere a milioni di giovani di poter lavorare.

 Gli strumenti classici, insomma, non sono sempre i pi? adatti per interpretare il presente. Occorre cos? un partito duttile, aperto, che accetti e stimoli il confronto e la partecipazione, che sappia ridefinire il proprio patrimonio di idee e di valori alla luce delle domande in arrivo dalla societ?.

E? una sfida da giocare sul terreno delle cose concrete, delle necessit? di tutti i giorni, ma che pu? essere vinta soltanto ritrovando le ragioni profonde della nostra storia.

Nessuno s?illude che la politica sia facile e semplice: ? un?attivit? intellettuale ad alto grado di specializzazione, richiede vocazione, talento e spirito di sacrificio; ma occorre recuperarne fino in fondo il valore di servizio che il singolo rende alla collettivit?. Io credo che il Partito Democratico debba nascere con questo spirito, altrimenti rischia di essere una nuova grande illusione, per molte persone della mia generazione.

Sono perci? disposta a mettere tutte le mie energie e tutto il mio entusiasmo al servizio di questo nuovo progetto e credo sia giusto ripartire da un?assemblea costituente, che rappresenti il punto di partenza del nostro cammino. Chi ci vuole stare? e che ne pensate?

Pubblicato il: 21/06/2006

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