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Gianni Abate, quella sera all'Orto botanico di Viterbo, mi ha fatto piangere...

Fauso Cerulli

di Fausto Cerulli

Faccio ammenda. Non conoscevo l?orto botanico di Viterbo.  Eppure andavo spesso a Viterbo, come avvocato, e rimpiango quando il tribunale aveva sede al centro, in un palazzo poco funzionale, ma suggestivo,accanto agli antichi palazzi della giustizia e vicino allo Schenardi. Un locale che doveva comunque essere salvaguardato come parte essenziale del patrimonio artistico cittadino. Anni fa, molti, troppi, andavo a Viterbo per via di  un amore che - forse e anzi no -mi  aveva colto per  una  studentessa delle scuole magistrali che allora ed ora  e per sempre sono roba delle monache. Il che, mutatis mutandis.-  anche se non conosco le mutande delle monache ed immagino che forse non ne portino per via di certi peccaminosi sfregamenti tra luoghi intimi e cotone e magari sete e pizzi e perizoma-  c?entra come i cavoli a merenda.

Ordunque, qualche giorno fa un mio amico che fa i teatri nelle case, e qualche volta a casa sua, e spesso a Viterbo nel Teatro grande, e a tempo perso va a Napoli a filmare non so cosa e non so con chi, ma posso garantire per lui. Questo mio amico, dunque, che si chiama Gianni Abbate, ha fatto uno spettacolo appunto all?Orto Botanico di Viterbo. Quando siamo arrivati lo spettacolo stava per cominciare e dunque l?Orto Botanico uno dice lo vediamo dopo. Tra gli alberi si sente una musica che se non fossi io un diavolaccio non esiterei a dire celestiale. Era come se tutti gli alberi dell?Orto avessero deciso di suonare insieme, ma di quel suono che gli antichi sapevano trarre da una semplice foglia accostata alla bocca e poi venne lo zufolo e poi l?armonica a bocca e poi, per dire, l?orchestra diretta da Abbado. Al suono di quella musica, mano a mano che mi accostavo, mi apparvero fanciulle in velo azzurro, aggraziate e scosciate ma giammai peccaminose. Ed in mezzo a loro una ragazza con la valigia, vestita anni 20, con la gonna  a fiori che se si chinava le  si vedevano le mutandine, e che sembrava in attesa di un autobus che non arrivava perch? non  era mai partito e mai partir?.

Ora io sono abbastanza smaliziato per non farmi sconvolgere pi? che tanto dal contrasto tra le naiadi in peplo e la ragazza con la valigia. E neppure mi agit? troppo il vedere il viso di una maschera  appeso ad un ramo, come  la faccia di un palestinese scampato per caso ad un missile buono dei buoni figli del Dio della Bibbia.

Il pubblico stava seduto in silenzio sull?erba, qualche faccia di intellettuale che si riconosce dagli occhialetti alla Bertinotti, qualche viterbese di pura razza maremmana, che aveva l?aria di essersi sciacquato gli zibidei nel bulicame di cui scrisse, in un momento di fiacca,anche il nostro sommo ed unico vate, dico di Dante, poi venne D?Annunzio, e, zaccchete, il fascismo e li mortaccci nostri.

Poi su quel palco che non era un palco, in mezzo a quella musica che era canzonetta e Bach, che era Mozart e ?osole mio, apparve Gianni  Abbate. E fu Teatro. Grande, immenso Teatro.

Immaginate Carmelo Bene e Petrolini, Proietti ed   Eduardo De Filippo, uno scanzonato Gassman di quando aveva smesso di cojoinarci con le tragedie greche. Metteteci pure il sarcasmo feroce di Paolo Stoppa, l?incazzatura comunista di Brecht quando, raramente , recitava il Brecht  incazzato. E poi Dario Fo, quello irripetibile e non ripetuto  di Mistero Buffo.

Aggiungeteci infine Mussolini, quando dal balcone di Piazza Venezia, recitava la parte del Dittatore., e faceva scuola ad Hitler, che in confronto sarebbe rimasto sempre un guitto.

Aggiungete una punta di Luigi Magni quando racconta qualche suo film e si scatena in un romanesco che manco Nannarella. Ma sempre e soprattutto un Carmelo Bene che rifatto da Gianni  ? solo Gianni.

Intanto, nel sottofondo del sottobosco, le Naiadi mostravano le cosce, e portavano vasi finto etrusco, la musica era soverchiata dallo stradire benedetto di Gianni. La ragazza  con la valigia, tanto per fare film d?oggi, si toglieva la gonna alla Isa Barzizza giovane si metteva addosso un camicione bianco tipo manicomio criminale prima della legge Basaglia- che ? come non ci fosse mai stata- e ti buttava l? una scena meravigliosa di tarantolata, che era, anche se molto alla lontana, compatibile con Gianni Abbate, alias Carmelo Bene, alias Gianni Abbate.

??.azz?.. Io vado per teatri da quando sono pischello, conobbi, senza che lui conoscesse me, Carmelo Bene quando recitava per quattro o cinque non intimi in un vicoletto vicino alla sede del Partito Liberale, quando c?era Malagodi che era un signore.

Ho seguito Dario Fo da quando faceva finta che arrivava la polizia a chiudere il teatro, e intanto Franca, che allora era sua moglie prima di mettersi con Di Pietro detto che ci azzecca, ostentava culo e tette. Poi  divenne una Grande Attrice.

Con questo voglio dire che ho visto attori veri, li ho amati, mi sono anche trovato a dirgli bravo bene bis. Eppure quello che mi ha dato Gianni Abbate quella sera fa parte delle mie esperienze pi? profonde. E gliel?ho detto, e ci siamo abbracciati, ed io piangevo davvero. Anche lui era commosso. Ma da un attore ti puoi aspettare di tutto. Specie quando ? un Attore. Come Gianni Abbate.

Pubblicato il: 03/06/2006

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