Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
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I Centri di aggregazione giovanile nell'Orvietano. Una possibilit? in pi? a favore della prevenzione del disagio giovanile?

Elena Liotta. Coordinatrice del progetto dei Centri di aggregazione giovanile.

Elena Liotta Coordinatrice tecnico-organizzativa L. 285/97 del Progetto dei Centri di Aggregazione giovanile Nelle societ? avanzate e nell’arco della vita odierna, l’adolescenza e la giovent? coprono un periodo di almeno un decennio, circa 3.650 giorni che andranno vissuti, uno per uno, da ragazze e ragazzi che sono inizialmente inesperti della vita e immaturi fisiologicamente e psicologicamente. Inoltre, il mondo che gli adolescenti si trovano oggi ad affrontare ? complesso, eccessivo in molti suoi aspetti, in costante mutamento, difficile da affrontare anche per gli adulti e gli anziani. Al contrario, come ricordano molti nonni e anche alcuni genitori, nel secolo appena trascorso il transito all’et? adulta, alle sue autonomie e conseguenti responsabilit?, era piuttosto veloce e pi? rigidamente organizzato, diminuendo cos? per molti giovani le occasioni di smarrimento e le incertezze sulla propria identit?. L’immagine collettiva della giovent?, da sempre associata alla fuggevolezza, ? diventata oggi un valore costante da perseguire anche oltre i suoi confini naturali. Queste prime sintetiche osservazioni sono accompagnate da una immediata constatazione: la difficolt? nel definire l’et? dei frequentatori dei Centri di aggregazione giovanile che la Legge 285/97 ha permesso di istituire in molte regioni italiane attraverso i Comuni competenti. Chi sono infatti questi giovani ai quali le istituzioni si rivolgono pensando di intercettare un loro bisogno? La risposta anagrafica ? ampia, e va dagli 11/13 anni ai 25/30, naturalmente in Centri diversi e impegnati in diverse attivit?. Una fascia decisamente troppo estesa per essere soddisfatta dalle stesse politiche sociali, in particolare riferimento agli aspetti preventivi. Sar? quindi necessario approfondire e dettagliare meglio le possibilit? di questi servizi in relazione ai gruppi che li frequentano e, solo in questa luce, offrire agli operatori che ci lavorano strumenti di lettura silenziosa dell’eventuale disagio dei loro utenti e qualche primo orientamento per interventi appropriati. Non si tratta certo, per gli operatori, di sostituirsi agli specialisti del disagio sociale o psicologico, ma di saper essere in contatto con tutta la realt? che riguarda i pi? giovani, inclusi i loro momenti difficili, facendo uso della solidariet? positiva che emerge nel gruppo dei pari e del proprio ruolo di fratelli o sorelle maggiori, cio? di giovani appena pi? grandi non assimilabili n? ai genitori n? agli insegnanti di scuola. I frequentatori dei Centri hanno una possibilit? in pi? di incontro, di confronto e di avviamento alla vita adulta e i Centri stessi, opportunamente collegati alle scuole e ad altre agenzie formative come quelle culturali e sportive, possono fungere da sussidio nello sforzo collettivo di tenere insieme la comunit? e il percorso delle nuove generazioni. La tossicodipendenza, di cui da molti anni si discute anche sul nostro territorio, non ? l’unico segno del disagio giovanile, pur essendo quello che sembra colpire maggiormente le famiglie e tutta la societ?, anche per i suoi risvolti giudiziari. Senz’altro ? un problema, che dal punto di vista dei danni alla salute, ha gi? le sue sedi di approfondimento e di azione nel SerT e le sue strategie di ascolto e prevenzione nell’apposito Sportello presente nelle Scuole Superiori. C’? tuttavia un problema culturale pi? ampio di difficile soluzione, anzi una visione della vita che avvolge la societ?, la scuola e le famiglie, al di l? delle scelte e responsabilit? individuali. Ho approfondito il tema in altre sedi e qui riassumo solo il senso che ho potuto dargli attraverso l’esperienza clinica di psicoterapeuta e quella di docente di formazione. Quando la vita incombe, quando ci si sente sopraffatti dalle aspettative altrui, da un compito troppo pi? grande, quando ci si sente impotenti nel confronto con gli altri, finisce che l’angoscia, sia essa percepita o meno consapevolmente, prende la guida dell’esistenza. Se l’identit? non ? robusta – e per gli adolescenti ? naturale che non lo sia – se le circostanze o gli incontri sono sfavorevoli, se non subentra un intervento esterno si sostegno, ? molto probabile che l’individuo cerchi sollievo all’angoscia in ci? che ? pi? facile e immediato. Sostanze, lecite e non, persone, idee, sintomi, comportamenti, tutto pu? alleggerire chi si trova in questa condizione, ignaro o indifferente alle conseguenze. Il medico interviene per curare e non pu? rimproverare al malato la sua debolezza. Il richiamo morale, inoltre, funziona solo per chi ? in grado di accoglierlo. Questa ? la situazione reale e, data la sua imponenza, non pu? essere affrontata con falsi ottimismi o peggio, onnipotenze. Ma neanche rassegnazione. Vorrei anche sottolineare che molti adulti soffrono simili malesseri e hanno gli stessi comportamenti, incluso quello di dipendenza da sostanze (si veda la forte incidenza dell’alcoolismo) e questo confonde di nuovo il limite tra giovani e non, mostrando una crescente fragilit? trasversale e intergenerazionale di fronte a un sistema di vita che ? diventato troppo esigente ed esercita troppo controllo, spingendo molti individui alla fuga o al ritiro. La scuola, tornando ai ragazzi e alle ragazze, ? costretta a sostenere questo sistema competitivo e ormai sovraccarico di informazione e attivit?, la famiglia vive le sue complesse vicende con i genitori a loro volta stretti nei tempi del lavoro. L’adolescente, poi, non pu? essere controllato a vista, poich? nel frattempo deve anche imparare ad essere autonomo … insomma non ? semplice contemplare questo panorama senza cedere alla tentazione di attribuire colpe, compiti, responsabilit?. Questo ? invece il momento di ritrovarsi vicini, intendo gli adulti che hanno funzioni educative e di cura, uniti per scambiare le proprie visioni e confrontare i propri interventi sugli stessi giovani, su un territorio che lo permette per le sue dimensioni e per la relativa coesione culturale. Una prima generale valutazione del Progetto della Rete dei 6 Centri di Aggregazione giovanile sul Comprensorio Orvietano, che ha solo 2 anni di vita, appare pi? che positiva, considerando che questo primo periodo ? appena trascorso nella ricerca non ancora conclusa, di sedi stabili e strategiche, nell’informare la cittadinanza, nell’avviare attivit? e organizzare eventi di richiamo per i giovani, nel creare una rete di collegamenti tra enti e realt? del territorio, non ultima la scuola. Abbiamo oggi a disposizione nel Comprensorio Orvietano, 6 diversi luoghi fisici e 15 animatori formati appositamente e supervisionati in modo continuo, per affrontare indirettamente e limitatamente al fine insito nel tipo di servizio, anche il disagio giovanile. Una piccola truppa di avanguardia che mentre offre occasioni di incontro e divertimento, di apprendimento creativo, di aggregazione e impegno di gruppo, pu? scorgere e interpretare anche segni di malessere, comportamenti eccessivi o a rischio, accogliere difficolt? cui dare un primo contenimento ed eventuali direzioni per l’intervento appropriato. D’altra parte la legge stessa che li ha voluti, parla proprio di sostegno all’infanzia e all’adolescenza, e di sostegno alle famiglie. Torniamo per finire a quei circa 3.650 giorni da trascorrere per quei bambini e quelle bambine che sempre pi? precocemente lasciano l’infanzia per avviarsi all’et? adulta. Come li trascorreranno? Parte in famiglia, e su questo dobbiamo rispettare la privatezza, i limiti e la libert? dei genitori di orientare i loro figli come credono opportuno, senza aspettarci per principio che siano in grado di educare i loro figli o sostenerli come coloro che lo fanno per professione. Parte a scuola, e anche qui, oltre al compito istituzionale oggi allargato a molte altre competenze, non ci si pu? aspettare che gli insegnanti siano per forza anche specialisti della cura e della prevenzione del disagio socio-psicologico. Parte del tempo, infine, lo trascorreranno tra i loro simili e con altri adulti nella vita cittadina, intrattenendosi come capita. ? qui che un Centro giovani trova la sua modesta collocazione, senza ambizioni impossibili: un’occasione di incontro rassicurante per la presenza di animatori responsabili, un servizio che pu? potenziarsi in relazione agli altri gi? presenti sul territorio. Il tutto nell’atmosfera dell’impegno creativo e, speriamo, del divertimento per coloro che lo frequentano.

Pubblicato il: 19/12/2002

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