Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
NOTIZIE CORSIVI

Considerazioni sull?avvenuta rifondazione del concetto di propriet? privata del ?giusto senno? e del ?giusto verso?

Gian Paolo Aceto

di Gian Paolo Aceto

Come si  ? venuto configurando in quest?epoca ultima, il mestiere, anzi l?attivit?, anzi la Professione di Storico dell?Arte (importanti le maiuscole per gli uomini di rispetto?) ? basata sulla conoscenza (e relativa ?gestione? di questa conoscenza) di ci? che ? stato fatto dagli artisti del passato, e in secondo luogo dalle committenze. Ne consegue che lo Storico dell?Arte si sente in diritto (che nessuno gli nega) di suggerire (e non di imporre energumenizzando per carit?!?) secondo il suo giusto ?senno? diretto ad esprimere il suo giusto ?verso?, su come e dove  alcune opere d?arte del passato a Orvieto debbano essere esposte.
E? naturalmente un legittimo diritto di parola, che tuttavia ? basato sulla conoscenza indiretta dei fatti (per quella diretta sarebbe necessaria una reincarnazione all?indietro, vale a dire aver vissuto in simbiosi quotidiana con gli artisti e i committenti del passato, e poter attestare senza dubbi chi ha fatto cosa, e perch?).
Ma purtroppo lo Storico dell?Arte (e lui forse lo sa) vive nell?alienata e surreale situazione di chi parla non soltanto di cose che non ha fatto ma anche di cose che non saprebbe fare o rifare neppure oggi. (C?? un bel detto a Orvieto, di antica e sempre valida saggezza: chi sa fa, chi non sa insegna; quando non pontifica, si pu? aggiungere). Lo storico dell?arte non conosce le tecniche, nel senso che le conosce per teoria, ma non le saprebbe sperimentare, adoperare. L?uso del verbo ?conoscere? in questo caso ha molta attinenza con il concetto biblico (Adamo conobbe Eva, e ne nacquero? opere?).
Da un fabbro si ascolterebbero con rispetto e fiducia concetti tecnici sull?uso del ferro (perch? lui ?conosce? e quindi pu? fare; e cos? da un chirurgo perch? si ? reso esperto nell?uso dei suoi strumenti, e perci? sa operare; anche se qui ci si limita specialmente a sperare). Ma lo storico dell?arte in quest?epoca ultima, non sapendo il ?fare? relativo alla materia di cui pretende parlare, ? costretto a vivere una specie di ?impotentia coeundi? con le sue troppo adorate opere d?arte, dato che dal suo approccio con l?arte del passato possono uscire soltanto parole. E cos?  ? un po? come il Socrate descritto da Aristofane in una cesta a mezz?aria, tra le nuvolette-interpretazioni storico-artistiche. Non tocca terra, non tocca cielo, ondeggia tra color che son sospesi. E parla. Cos? la pratica della Storia dell?arte ? diventata una pseudoscienza; e che sia una scienza, soprattutto questa, dai piedi d?argilla, lo si evince dai cataloghi d?arte o delle mostre, dove ci si prende ben cura di dichiarare ?seriosamente? nei frontespizi: Commissione Scientifica, composta da Prof. Dott. Cav. @.Comm. ecc.
Chi pratica la storia dell?arte, non essendo in possesso di dati certi, per i motivi sopra ricordati, ? per forza di cose portato a costruirsi idee fisse e quasi sempre irrinunciabili, cio? idee che possiamo chiamare ?di fede?. Il chimico fa un esperimento, e se l?esperimento riesce, egli ? contento; ma se non riesce, non batte ciglio, e quindi riprova, perch? sa che la materia ha le sue leggi; ? la provetta che in buona parte dirige le danze, non il chimico solo con la sua fede ?scientifica?. Ma lo storico dell?arte, quando non ha dati certi, ? portato a sentirsi detentore del ?giusto senno? e del ?giusto verso?, e quindi a ?credere? (concetto che ? giusto soltanto in religione), perci? a indignarsi, scandalizzarsi, disgustarsi, energumenizzare, inveire, ecc. contro chiunque osa entrare a scalfire ci? che lui crede certo, e che sta dentro la sua mente, diventata la sua chiesa.
E perci?, usando il ?senno assennato? con metodo inverso a ci? che lui sentenzia ?perverso?,  sa come debbano essere esposte certe determinate opere d?arte perch? il pubblico internazionale (? il solo che cita, per cui sembra che a lui di quello orvietano non importi granch?, specialmente i giovani i quali, poverini, aspettano da vent?anni di vedere le opere, tra una discoteca e l?altra) possa venire ad ammirarle anche dalla Corea del Nord (forse l?unico Paese al mondo dove il comunismo non debba venire rifondato perch? gi? c?? e magari funziona, alla sua maniera) pubblico che certamente ? alieno da feticismi plebei di qualsiasi sorta (? internazionale?).
Questo pubblico dovr? per? ammirare le opere d?arte secondo un percorso storico-artistico obbligato, che secondo una recente presa di posizione dovrebbe essere basato sull?esposizione di tutte queste opere insieme (pitture e sculture del periodo barocco) a Palazzo Soliano. E questo perch? cos? sarebbe ?scenografico?. E si noti che quest?ultimo termine nella normale accezione riguarda il teatro, perci? la teatralit?, dove tutto viene visto ?tutto insieme appassionatamente? e di conseguenza democraticamente e pluralisticamente; pi? che dare attenzione all?opera singola, che con la cultura di quest?epoca ci potremmo tranquillamente permettere, internazionali o no che siamo.
Si pu? fare un paragone con l?ideologia politica, usando mezzo etto di psicanalisi (consiglio W. Reich: Psicologia di massa del fascismo), ma il consiglio vale tranquillamente anche per il comunismo e la sua sempre incombente orvietana rifondazione.
L?intellettuale Storico dell?Arte nella societ? contemporanea funge da sacerdote dell?estetica riguardo al passato (la critica d?arte riguardo all?arte di oggi ? un altro settore con anche peggiori aspetti, concernenti l?intrinseco rapporto razzistico che viene posto in atto tra l?artista e il pubblico generale che dovrebbe ?capire?, complice e ierofante appunto il critico-sacerdote, unico addetto a svelare il rito e il mistero.
Ma l?uso che se ne fa ? diretto a far tornare il popolo plebe, e adoperando per? quella cultura propria della classe dirigente che si voleva abbattere. Dopo di che, oltre la Cultura, vengono le banche?. (o prima?).
C?? una parte della cultura di sinistra, quella degli intellettuali da terrazza romana e orvietana nello specifico, che non potendo pi? pontificare su come debba fondarsi una societ? politica, trasferisce sulla societ? civile la sua ansia ?Storica? di impartire lezioni sul come si fa, dalla politica alla Cultura, feticcio troneggiante sulle ?masse incolte da educare?, nuovo idolo da adorare in sostituzione della religione, la quale ultima si basa normalmente sull?adorazione di Dio e sull?osservanza delle sue leggi.
E cos? capita che l?intellettuale Storico dell?Arte eleva a feticcio la sua propria materia di studio, non come una qualsiasi branca del sapere o dello spirito, ma proprio come una Tavola della Legge che ha le sue regole che non si possono infrangere. E quando sembra che succeda ? scandalo, cio? dissennatezza, infamia, perversione! degenerazione! Via dentro, o dal, ?catafalco?!
La mostra d?arte, per l?intellettuale Storico dell?Arte, ? quindi l?Area Mistica, una specie di santa messa che pu? celebrare chi ritiene di essere investito del potere o accademico o paraprofessionale, e quindi ne ? automaticamente sacerdote celebrante. Ma mentre nell?autentica Santa Messa il sacerdote ?ricrea? autenticamente il sacrificio di Ges? Cristo attraverso un rito-mistero che ha per?, almeno per i credenti, un valore ?sostanziale?, il chierico storico dell?arte pretende di dare alla sua materia lo stesso status misterico. Perch? la mostra di pitture e sculture che una volta (una volta!?) stavano riuniti in Duomo, ora soltanto per il fatto che una volta erano riunite l? (Beati gli intellettuali che vivono di nostalgie perch? di essi sar? il regno dei ciechi?), deve adesso per forza riprodursi (non creazione ma riproduzione) in un altro luogo che irrimediabilmente non ? pi? quello, anche perch? i fedeli non sono pi? quelli, e altri sono i metodi della catechesi, dato che il mondo cambia, e il tempo che fa? passa. Ci? che ? avvenuto duemila anni fa si pu? riprodurre in un piccolo Presepe. E siamo ben coscienti dell?enorme divario di grandezza non soltanto fisica tra i due fatti, la nascita di Ges?, fatto che certamente ? storico, E? Stato, e ha realmente posto le basi di una reale e definitiva rifondazione del monoteismo; e il Presepe, mite ricordo e memoria di quel Fatto.
Ma c?? una ragione anche ?scenografica?, visto che questo concetto sembra cos? importante per trasmettere il ?messaggio? (che noia). Le opere d?arte quando stavano nel Duomo erano immerse in un ampio spazio, mentre esposte tutte insieme in un ambiente molto pi? piccolo farebbero la fine della tomba di Giulio II a San Pietro in Vincoli a Roma. Il progetto di Michelangelo, di cui rimane il Mos? e poco altro, era di ben altro respiro rispetto alla sistemazione odierna, attuata a suo tempo da discepoli e allievi, affastellamento quasi caotico, anche se ?ordinato?.
? perci? ridicolo banale voler rifare un ambiente, con un allestimento ?scenografico? e perci? ?mozzafiato?, anche se volonterosamente didascalico, (il termine ?mozzafiato? ? generalmente usato dal giornalismo pseudostorico-artistico plebeo che fa la sua parte nell?imbonimento generale a cui d? il via il Curatore, ?creando? un allestimento per l?arte ?che tutto il mondo ci invidia?!? (altra dizione di pari livello della precedente). E se posso usare per una volta la categoria socio-politica nostalgica dell?internazionalismo proletario, credo sia ben difficile che il leopardiano pastore errante dell?Asia (terzo mondo?) si preoccupi di invidiarci alcunch?. Da qui l?uso ?scenografico? di opere d?arte che in ogni caso sono nate, ciascuna di esse, singole, anche se all?interno di una commessa collettiva che doveva arrivare ad un discorso consequenziale alla dottrina, e che la Chiesa dell?epoca ha poi adoperato in un unico ambiente, luogo di celebrazione dei Sacramenti e della preghiera, e non sfoggio d?arte.
Perci? l?opera d?arte ha un valore prima di tutto in quanto ? creazione di un singolo artista, e quindi ha il diritto di essere studiata e apprezzata come singola, e soltanto in un momento successivo (non momento temporale) viene studiata in quanto frutto di una commissione con anche precise direttive teologiche simboliche (anche se ? notorio che nell?altra pseudoscienza, l?iconologia, si ? abbastanza esagerato; ma ? una branca per dissezionatori?), come avveniva qualche volta nel periodo barocco e non solo, nel quale era ancora ben vivo il pericolo delle eresie, e quindi il popolo (vale a dire i tutti noi di allora) aveva il bisogno di imparare meglio la dottrina. E perci? l?arte nelle sue diverse forme veniva ?utilizzata? per un certo luogo specifico, certe ricorrenze, e veniva perci? a crearsi un certo ambiente, nel nostro caso l?ambiente religioso di una Chiesa con ovviamente le sue specifiche esigenze.
Ma proprio ci? di cui la Chiesa ? stata in passato accusata, e cio? di usare le opere d?arte per imbonire il popolo ignorante (mentre lo scopo era semplicemente quello di insegnare, e la differenza ? grande) attraverso un apparato che l?intellettuale Storico dell?Arte oggi sacerdote della nuova religione dell?estetica per le masse giudica ?scenografico? usando la parola certamente in senso deteriore, bene, proprio il nocciolo di tutto ci? diventa la ragione fondante del novello apprendista stregone e chierico variopinto (un colore per ogni stagione!? nel senso di: fallita la politica, buttiamoci sull?estetica), e cio? la scenografia sorretta dalla ?nostalgia?.
Ma proprio la Nostalgia ? il vero e segreto e tragico ?ubi consistam? dell?intellettuale Storico dell?Arte odierno che, nel marasma interiore provocato dal fallimento dell? ?Idea Tota Politica?, basata sul concetto di avanguardia politico-sacerdotale che ?educa le masse?, non si accorge di voler trasferire (pur di stare a galla con la spocchia del suo ditino culturale alzato) lo stesso rapporto di dominio, per esempio nel modo di concepire una semplice mostra di opere d?arte che per forza deve diventare totalit?, ?Altare?, in ricordo nostalgico di ci? che fu.
Vorrei concludere le considerazioni su questo percorso vanitatis mentis con l?osservare che nel corso dei secoli vi ? stata, specialmente nei luoghi sacri una tutto sommato tranquilla sovrapposizione di stili, a seconda dei periodi e della storia del gusto. Con l?inizio dell?Ottocento si verifica il trauma provocato dall?irruzione della Dea Ragione, che rende la mente umana unica arbitra della Storia, per cui anche a Orvieto si assiste ad un ?infame radicale raschiamento? avendo per scopo il ?ripristino? purista di come la chiesa era ?prima?, appunto per il bisogno tipico e nostalgico dell?Ottocento purista di tornare al passato puro e frugale, identificato dai romantici con il medioevale.
E? stato forse un errore, perch? significava voler vivere un certo luogo con le stesse ragioni spirituali ed estetiche di un?epoca precedente e lontana. Ma cos? fa oggi ugualmente lo ?scenografo?, a sua volta purista del ?tutto insieme?, non accorgendosi di ricadere nello stesso tipo di errore (di metodo di fronte all?inesorabile fluire della Storia), quando vuole anche lui ?ripristinare? un tempo in ogni caso passato (il tempo, che fa? lo ripeto, passa), il tempo del barocco ridotto in un ambiente (il primo piano di Palazzo Soliano) certamente limitato rispetto all?ampiezza del luogo vero e originario, il Duomo, per farne un gigantesco e allo stesso tempo lillipuziano ?presepe laico? dove tentare di rivivere e far rivivere al pubblico (internazionale) la nostalgia del tempo che fu, e soprattutto a ?far capire? (visto che ritiene secondario il ?sentire?, religioso). E quindi in questa maniera riesce unicamente a ?degenerare? a sua volta, ?fantomatizzando? i reperti barocchi.
E dato che siamo generalmente pi? acculturati rispetto a un secolo fa, non ci sar? poi cos? difficile veder ?dialogare? a distanza sculture e pitture (da tempo siamo abituati persino all?uso del telefono) le quali anche se separate come al supermercato, sapranno vivere di vita propria e unificate dalla nostra riflessione.
Alla stessa maniera in cui, quando si va al supermercato per preparare un buon pranzo, si scelgono vivande che stanno tra di loro separate, ma poi a casa in cucina le si riunisce, e quasi sempre la digestione non viene poi cos? male.
A meno che, nell?intingolo non ci entri per sbaglio mezzo etto di Storia dell?Arte.
P.S.: Spero non aver troppo annoiato
 se attraverso l?Arte ridotta in questo stato
 aver il colto e l?inclita
 sufficientemente satollato.
          

Pubblicato il: 11/01/2006

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