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Quote rosa e barbarie azzurra

Liliana Grasso

di Liliana Grasso

Ancora una volta l?ignoranza e la volgarit? hanno fatto il loro ingresso trionfale  alla Camera dei Deputati.

Il feroce conflitto fra la Casa delle Libert? e l?Unione ha finalmente trovato il suo punto d?incontro: sulle quote rosa.

E la democrazia ? stata sconfitta e derisa.

Gli emendamenti sui quali il Parlamento doveva dare il voto erano tre. Uno a firma del Partito della Rifondazione Comunista prevedeva che met? dei candidati fossero donne e met? uomini, il secondo, a firma Ds, riservava alle donne una quota del 30% ( e le compagne e i compagni dei Ds provino a spiegarci su quali basi era costruita una simile percentuale); il terzo, quello che portava la firma della commissione Affari Costituzionali proponeva una donna ogni tre parlamentari, ma nessuna penalit? in caso di mancata applicazione e stabiliva l?entrata in vigore nel 2011.  

Il parlamento ha votato. A scrutinio palese ed a scrutinio segreto. Tutti e tre gli emendamenti sono stati bocciati.

E abbiamo assistito a vigorose pacche sulle spalle e virili abbracci trasversali per festeggiare la vittoria.

Verso sera e solo per pochi minuti destra e sinistra si sono accordate su un valore universale: le donne  a casa  a fare la calza o se sono economicamente indipendenti in istituto di bellezza a cercare di combattere la cellulite. L?afflato maschilista bipartisan ha trionfato. E i franchi tiratori si sono manifestati solo il tempo di affossare le quote rosa e sono svaniti subito dopo come ?un sol uomo?.

Non ? passata neanche la miserevole quota del 25%, che ha avuto il via libera dal governo: la destra ha votato contro la quota minima da lei stessa proposta.

Dopo i tre no virilmente solidali, che bruciano le donne sul rogo della barbarie, sinistra e destra hanno ripreso a litigare.

E come per il passato referendum sulla procreazione assistita, la maggioranza maschilista e il masochistico disaccordo femminile hanno cancellato, con tre no, anni di lotte femministe.

Non ci siamo messe d'accordo. E la Repubblica ha subito una sonora sconfitta che ha costretto il nostro decorativo Ministro per le Pari Opportunit? e noi tutte insieme lei, a confidare nelle galanti rassicurazioni di Berlusconi che promette, da buon padre di famiglia, seggi, bon bon, rose e violini per tutte.

L?unica speranza che pu? e deve nascere da questo increscioso episodio ? che le donne comprendano che questa fase storica di miseria culturale e politica ci impone di tutelare senza divisioni ideologiche il nostro ruolo attivo e la nostra rappresentanza politica. Lottando per ottenere una norma che introduca l?obbligo della parit? fra elette ed eletti, senza cedere alle lusinghe di coloro che affermano che le lotte femministe (o ?di genere? come si usa dire adesso, perch? anche le parole ci spaventano) sono ormai obsolete.

Esercitiamo il diritto di voto da soli 60 anni e per 60 anni abbiamo continuato a votare gli uomini convinte che avrebbero cambiato le cose, ? arrivato il momento di rassegnarci all?idea che non lo faranno. E se le donne finalmente votassero le donne?

Pubblicato il: 13/10/2005

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