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Orvieto ? ingovernabile

Antonio Barberani, coordinatore comunale Fi

Non ci si capisce pi? niente!   O almeno sembra, in quanto lo spettacolo indecoroso degli ultimi mesi ha invece portato alla luce del sole quello che era gi? da molti conosciuto: una citt?  sfasciata, spaccata come una mela, dilaniata da lotte furibonde sia nei partiti politici come nelle istituzioni,  negli enti rappresentativi non  meno che nelle associazioni.    Altro che "buon vivere"!

Vorr? pur dire qualcosa, non sar? certamente accaduto per caso. 

'Divide et impera': certo cos? ? stato fatto, ma non  sono state calcolate le drammatiche conseguenze da parte di chi, e sono molti, di svariate appartenenze, ha preferito frequentare pi? i 'corridoi' che i campi aperti, pi? l'ombra che la luce del sole.

Pu? sembrare una visione strumentalmente apocalittica, ma cos? non ? purtroppo e da qui dobbiamo tutti lealmente ripartire.

Orvieto ? palesemente ingovernabile, proprio in una fase storica decisiva per il suo futuro.  Si parla sempre di periodo di crisi, ma stavolta non c'? bisogno di raffinati analisti economici per valutare il coma profondo della nostra citt?, all'interno dell'altrettanto comatoso orizzonte regionale.

Sono di questi giorni i dati che certificano  l'Umbria come la regione pi? indebitata d'Italia, con pi? pensioni di invalidit? (dopo la Campania di Bassolino), con il maggior numero di dipendenti pubblici (61 ogni mille abitanti), con una economia basata sui fondi europei obiettivo 2, fondi 5 b, fondi per il terremoto.   In sostanza una economia assistita nella quale la classe politica ha il totale controllo nella distribuzione delle risorse.  Certamente, in molti casi, con il 'comprensibile', ma non giustificabile,  consenso dell'imprenditoria locale che ne ha ricavato benefici.

Orvieto ha impostato le sue scelte economiche secondo questo modello di sviluppo: ogni decisione ? stata viziata dalla ricerca del compromesso e del consenso tra le categorie sociali, con un pervicace ostracismo ad ogni ipotesi di modernizzazione.

Una societ? basata sulle rendite (cio? sulla conservazione dei privilegi) e sull' assistenzialismo non pu? che essere impermeabile a qualunque ipotesi di innovazione: le rendite, infatti, si sconfiggono puntando soprattutto sul mercato e sul merito, stimolando la 'competitivit?', la capacit? di produrre ricchezza.

Le risposte delle nostre amministrazioni sono andate invece nella direzione opposta, infarcite di un anacronistico e insopportabile "dirigismo", senza riflettere che il passaggio dall' assistenzialismo al parassitismo ? breve e molto pericoloso.

La prassi amministrativa che guarda solo al consenso, pu?, nel breve periodo, pagare elettoralmente, ma i costi per la comunit? sono tali e tanti che alla lunga si ritorce contro.

Nella societ? globalizzata sono le idee forti che caratterizzano la politica, anche quando apparentemente dividono gli interessi.    E sono solo le idee forti che promuovono una classe dirigente, che si afferma e consolida se coinvolta in orizzonti progettuali meno angusti: sui temi dello sviluppo economico, come su quelli della qualit? della vita o dell'idea di citt? nel suo complesso.

Ci sono, a mio parere, alcuni ambiti su cui lavorare per invertire rapidamente la tendenza negativa.  Quello delle infrastrutture innanzitutto, capaci da sole di indirizzare un territorio verso ipotesi innovative, quali il Casello autostradale Nord, in grado certamente di rivoluzionare molte scelte del passato.

Il tema del turismo, che da risorsa monoculturale, va inserito in un nuovo progetto legato all'ambiente ed alle risorse dell'agroalimentare, nel rispetto delle vocazioni di questo territorio, considerando per? i cambiamenti epocali che questo settore attraversa.

La riqualificazione di aree urbane fatiscenti come il Borgo, pessimo esempio di speculazione selvaggia.

E il tema dei temi: la Caserma Piave.   Noi abbiamo precisato pi? volte il nostro pensiero: una progettualit? di altissimo livello in grado di stimolare investimenti e non il riempiticcio pi? volte prospettato.

Il sindaco Veltroni, dal quale ci dividono parecchie scelte di fondo, trovandosi di fronte il problema di molte aree dismesse - come accade ormai in tutte le citt? - ha commissionato grandi progetti  ai pi? importanti architetti del mondo, non solo per lasciare un segno stilistico, ma per stimolare investimenti strategici, secondo linee di intervento predeterminate, in grado di provocare fortissime ricadute economiche.

Perch? a Orvieto non ? possibile se questa ? la strada imboccata dalle altre citt??

 Il concorso internazionale di idee, si dice ora, andava bene, ma non c'? pi? tempo.   Va bene, diamo allora l'incarico direttamente ad un grande progettista, che non sia uno dei soliti architetti di regime, ma  comunque capace di invertire il metodo: progettare l'area e non riempire i volumi!   Pensiamo in grande, facciamo bella quel pezzo di citt?, sar?, di conseguenza, pure economicamente attraente; ricordiamoci che una cattiva estetica nasconde sempre una cattiva etica.   

Non sprechiamo l'ultima occasione!   Sembra un titolo di un film, invece ? un film gi? visto.     Si parla di rifinanziamento della Legge speciale; quella fu certamente una occasione sprecata. Orvieto doveva essere qualificata come luogo dello sviluppo a matrice culturale; invece ci ha lasciato solo questi contenitori dalla indefinita destinazione ed un sistema del traffico sbagliato ed inutile(qualcuno ricorda ancora le scale mobili?).  

Legge Speciale, Patto di Territorio, non ? un problema di definizioni, ma di sostanza. Questa citt? ha bisogno di un respiro progettuale forte, senza cercare nuovi assistenzialismi,  uscendo finalmente dal 'mito autarchico', per trovare nella modernizzazione un modello di sviluppo che le dia duratura competitivit?.

Sicuramente ? necessaria una classe dirigente all'altezza del tempo che viviamo, ma senza preclusioni, in quanto  Orvieto ha sicuramente intelligenze adeguate, seppure finora poco o male utilizzate, se non emarginate.  Insieme ad una classe imprenditoriale che ha voglia di rischiare - anche il credito ? ora che faccia la sua parte - e di ritrovare dignit?, senza subire i condizionamenti della politica.

Chi si occupa di politica, anche al nostro livello, ? necessario che ritrovi il gusto del confronto senza pregiudizi, mettendo in discussione le proprie certezze, rischiando perfino di sbagliare e di essere 'fuori linea'.    L'epoca dei settarismi e delle demonizzazioni va chiusa per sempre.

In questa fase credo che proprio la politica debba trarre una lezione: non si governa neanche col 65% dei consensi se non si ricostruisce un tessuto identitario forte in grado di farsi carico dell'interesse comune.

Questo sindaco senza partito, in pochi mesi ha abiurato tutte le certezze della sua lunga vita di amministratore.

La piattaforma programmatica con cui aveva vinto le elezioni ? stata demolita:  ne tragga le conseguenze, come ha giustamente affermato il nostro rappresentante in Consiglio comunale.

Non lo dico per trita polemica politica, per rigirare il coltello nella piaga, ma per cercare di rimettere le cose a posto.

Oggi ? tornata di moda la 'questione morale'.  Ritengo sia difficile per tutti fare battaglie in nome dell'etica, e forse neanche giusto. Ma pretendere che in questa citt? si ricostituisca un sistema di regole, sia amministrative che relazionali, mi sembra un doveroso obiettivo per un partito di opposizione,  anche per il rispetto dovuto nei confronti di chi ? pi? lontano dalle  sue posizioni politiche.

Non ? possibile che ad Orvieto ogni scelta politica debba per forza coinvolgere procure, comitati, imprenditori delusi, vip poco simpatici, o poco vip. Con regole chiare e procedure trasparenti si potrebbe evitare   questa indecenza.

Continuare cos? significa toccare il fondo.

Qualcuno continuer? certamente a vincere le elezioni, ma dovr? accollarsi la responsabilit? storica di questo fallimento.

 

Pubblicato il: 29/08/2005

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