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Il voto tra diritto e dovere

Massimo Morcella

di Massimo Morcella

? sorto, negli ultimi anni, quello che potremmo definire il partito dell?astensione.

? un partito che, in relazione alle consultazioni referendarie, propugna la legittimit? di una terza via: quella cio? del ?non voto?.

Attenzione per?, ?non voto? inteso non gi? come puro e semplice disinteresse, bens? come scelta consapevole di chi, a ragion veduta, disertando un diritto ? dovere civico, manifesta un proprio dissenso, un proprio pensiero inespresso.

Un adagio popolare suggerisce che gli assenti  hanno sempre torto.

Evidentemente esistono delle eccezioni, e che eccezioni!

Questioni di vitali interessi (nel senso letterale della parola), nella nostra repubblica possono (e sono) imposte da una massa silenziosa, inespressiva, assente.

Non credo che questo possa essere lo spirito a cui si sono riferiti i nostri padri costituenti quando hanno ideato e regolamentato l?Istituto referendario.

Non credo sia legittimo liquidare questioni di straordinaria rilevanza etica, scientifica e civile con il disimpegno.

Non credo neanche che l?art. 76 della costituzione, laddove disciplina l?istituto del referendum abrogativo, conceda all?elettorato una via diversa dal voto espresso.

Il voto, recita la Carta Costituzionale, ? personale, eguale, libero, segreto. Il suo esercizio ? un dovere civico.

Non credo, infine, che la stragrande maggioranza degli astensionisti abbia agito nella consapevolezza di esercitare una opzione elettorale precisa.

Mi sorge forte il dubbio che il successo del partito del ?non voto? sia stato anche favorito da una dose di pigrizia dell?elettorato che ? reduce da recenti e frequenti consultazioni politiche e amministrative; da una dose di non conoscenza della problematica; da una dose di egoismo ideologico di chi sente problemi non  propri come dei non ? problemi; da una dose, infine, di scarsa informazione e di oggettiva difficolt? riscontrata nel compenetrare la materia referendaria.

Questo, o meglio, anche questo ha determinato il successo del partito del silenzio.

L?aspetto civicamente stridente della vicenda ? tuttavia l?atteggiamento assunto dalle maggiori cariche dello Stato.

MI riferisco in particolare al presidente del Senato Marcello Pera, al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini e al presidente del terzo ramo del Parlamento italiano, il Cardinale Ruini.

L?invito al non voto, difatti, stride se lanciato da chi ricopre cariche di cos? alta rappresentativit? e responsabilit?.

Non condivido l?appello dei maggiori organi istituzionali che spronano i cittadini a venire meno ad una loro prerogativa costituzionalmente garantita e, conseguentemente, a quello che la stessa costituzione definisce come un dovere.

Stride questo appello perch?, nei fatti, al di l? delle legittime differenti visioni di merito, esso ? teso a strumentalizzare quelle dosi di pigrizia, di disinteresse, di disinformazione che rappresentano le prerogative non esclusive, ma certamente rilevantissime, del partito del non voto.

Sono convinto che gli istituzionali propugnoratori dell?astensione,  pur avendo ampiamente raggiunto l?obiettivo che si erano prefissi, non abbiamo reso un buon servizio alle istituzioni che rappresentano e, soprattutto, non abbiano dato un buon esempio di civica educazione.

                                                                      

Pubblicato il: 18/06/2005

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