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Se n'? ghito padre Chiti

Fausto Cerulli

Se n?? ghito padre Chiti. Una battutaccia, lo so, ma lui non se la sarebbe presa. Lo avevo conosciuto in una giornata come questa con il freddo che uno dice va bene cos? che ? freddo secco. Capitai per caso ai Cappuccini accompagnato da un?amica che quando mi present? disse scherzando padre le presento un mangiapreti, e parlammo un poco di politica e fummo in disaccordo amichevolmente totale. Ma io sapevo il suo punto debole. Gli dissi che ero nato a Cantalice e  Cantalice per lui voleva dire San Felice da Cantalice che aveva fondato i cappuccini che sarebbero i francescani col cappuccio e padre Chiti portava appunto il cappuccio  come portava quella barba lunga bianca e portava quel suo sorriso che ti faceva le domande e non ti lasciava il tempo di rispondere. Ma non per prepotenza, solo per l?intelligenza che gli faceva sapere in anticipo quello che uno gli avrebbe risposto. Quando presi congedo mi offr? una delle sue memorabili caramelle, e mi disse mi raccomando
quando mi verr? a trovare un'altra volta sia meno comunista e pi? di cantalice. Scrissi un articolo sulla sua storia di colonnello di dio, e non ? che non fossi magari anche ironico, ma lui l?apprezz? e mi sped? una caterva di santini insieme ad un biglietto in cui mi raccomandava a san Felice aggiungendo che la raccomandazione valeva anche se non credevo nei santi.
Lo incontravo quando facevo l?autostop, e lui dentro quella cinquecento che non ho mai capito come potesse starci dentro con quei suoi due metri di granatiere cappuccino. Ci fu un periodo in cui l?orvieto bene, quella della messa di mezzogiorno in duomo, si era trasferita in massa alla messa di padre  Ghiti ai cappuccini. Il che non piacque a qualcuno e gli fu detto che non era giusta quella concorrenza sul filo della celebrazione. E l?antitrust della curia gli dette torto.   Non credo che gliene sia importato molto, lui non distingueva tra la gente bene e la gente meno bene. Erano fedeli e basta e anche se erano infedeli lui se li faceva passare per fedeli.
Una volta andai a trovarlo insieme ad una mia amica di Napoli che si era messa in testa di passare qualche giorno in una specie di romitaggio per riposo. Nei conventi del napoletano si era sentita rispondere che per le donne sole non c?era posto. Padre Ghiti ci fece sopra una risata, e prese  a raccontare di quella suora che quando Francesco d?Assisi stava per morire voleva andare  a trovarlo ma la regola non la consentiva e allora lei si travest? da frate e Francesco cap? che era una donna e la chiam? fratello con il nome di donna. Poi ci fece visitare il convento che lui
aveva trasformato in una specie di agriturismo spirituale, , con stanze linde dalle cui finestre si vedeva dall?alto Orvieto accovacciata come un  gatto sulla rupe, C?era anche una biblioteca con libri antichi e rari ma anche con i gialli Mondadori. Quella mia amica si chiamava Serenella e Padre Ghiti le cant? una canzone antica che parlava di serenella. E  quando un anno dopo gli telefonai per dirgli non so pi? che cosa lui concluse la conversazione dicendo che pregava anche per me e che gli salutassi Serenella. Aveva una memoria grande ma selettiva, teneva a mente
solo quello che gli serviva a far bene del bene. Circolava la leggenda metropolitana di quando era colonnello granatiere e la notte, quando era freddo, andava garitta per garitta a portare alle sentinelle una coperta di lana ed un bicchiere di cognac. Una volta gli chiesi cosa ci fosse di vero in quella leggenda e lui mi  rispose che no, non era vero, sarebbe stato contrario al  regolamento. Ma da come lo disse capii che era vero e che gi? da allora a lui pi? che il regolamento importava la regola, quella di Francesco rivisitato  da san felice da cantalice. Era un falso ieratico ed uno scorbutico vero. A parlare con lui provavo sempre una specie di soggezione, lui riusciva a portare ogni  discorso sul suo terreno, e su quel terreno era vincente come un colonnello che ha studiato le mosse.
 Quando ho saputo che si era rotto un femore e che stava in ospedale- e l?ho saputo dal cittadino Scanavino Vescovo di Orvieto- chiesi se era possibile andare a fargli visita e mi fu risposto di no, che faticava a parlare e qualche volta straparlava. Magari diceva cose che capiva solo lui, magari chiacchierava in confidenza con san felice. Ho letto quello che ha scritto il cittadino Scanavino Vescovo quando ha saputo della morte di padre Chiti. Condivido ogni parola, specie quel riferimento ad una sorta di arte della religione.  I casi sono due: o io sto diventando baciapile o Scanavino sta diventando extraparlamentare di dio. Se posso permettermi una supplica, vorrei chiedere al vescovo di opporsi strenuamente a qualsiasi tentativo di far santo o beato padre Chiti. Sono sicuro che non farebbe piacere al padre Chiti per come lo ricordo.. La gloria degli altari non si addice ad un seguace di san felice da Cantalice. Ve lo dice uno di Cantalice.

Pubblicato il: 21/11/2004

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