Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
NOTIZIE CORSIVI

La morte dei Gaddi. Dieci anni fa

Fausto Cerulli

di Fausto Cerulli

Dieci anni fa, in uno di questi giorni di agosto, Franco Gaddi mi fece la sua ultima telefonata. Chiamava dalla sua valle dei laghi, sulla spianata tra Lubriano e Castiglione, magari faceva

anche  fresco, da lui. Io stavo in una Roma di sole cattivo. Mi disse che aveva urgenza di parlare con me, lo invitai ad accennarmi il problema per via telefonica, ma sapevo che da qualche tempo Franco non si fidava del telefono. Capii che era preoccupato, ma la preoccupazione quell?anno era stata una sua costante disposizione d?animo, per via di quella decisione che aveva preso di vendere la valle dei laghi e qualcuno gli intralciava il cammino . Gli dissi che ci saremmo visti a casa sua, solo qualche giorno dopo. Mi fece capire che sarebbe stato troppo tardi, ma non ci feci troppo caso.

Tornato ad Orvieto, cercai Franco e non c?era, cercai la moglie, Clara, ed anche lei era assente. Mi si disse che erano partiti  per Roma sarebbero stati via qualche giorno.

Mi sembr? strano che Franco, con tutti i casini che aveva, avesse deciso di andarsene in vacanza, e poi chi ? che ad Agosto va a fare vacanza romana nell?afa romana: solo i crucchi testoni e le inglesi a caccia di amanti latini.

Poi venne la storia che non si sapeva dove alloggiassero, a Roma, e che al figlio che chiedeva dove dormissero rispondevano che cambiavano albergo ogni sera: e mi sapeva  un mistero questo inseguire la Guida Michelin degli Alberghi di Roma; e pi? mi seppe mistero quando, a morte avvenuta, sapemmo che nessun albergo di Roma li aveva ospitati. Tranquillo, lettore, non voglio tediarti con quello che accadde dopo: i corpi trovati mutati in cadaveri dentro un?auto parcheggiata fuori dagli occhi di Dio e degli uomini. E l?autopsia che stabil? che si erano uccisi ingoiando qualcosa come cento pillole a testa, e mandandole gi? senza un sorso che fosse un sorso di acqua. Ed io che ero convinto che fossero stati uccisi, ed ancora ne sono convinto, e che ebbi qualche noia per questa mia convinzione, e la  Procura di Viterbo che andava avanti con sicurezza e protervia sulla tesi del suicidio, ed io passavo per visionario.  E il caso fu archiviato, e solo io continuai a parlarne, su qualsiasi giornale su cui mi capitasse di scrivere. E quando ne scrissi su un quotidiano a tiratura nazionale ci scapp? anche un morto d?infarto, un morto eccellente.

Quest?anno avevo deciso di non fare il compianto di Franco e di Clara. Poi, domenica scorsa, riordinando alcune carte, mi ? capitata sott?occhio una cartella di appunti che Franco mi aveva lasciato. Scorrendoli mi sono imbattuto in tre pagine zeppe di cifre e di nomi.  Dieci giorni prima di sparire nel ventre di Roma, Franco si era presa la briga di fare il punto delle somme, tante, che doveva dare, e delle somme, poche, che doveva avere. Ed aveva fatto una sorta di programmazione del ripianamento dei debiti, indicando per ogni creditore la data in cui gli avrebbe versato un acconto. Si era programmata la vita di debitore per almeno due anni. Con scrupolo, con precisione, con lo sguardo rivolto al futuro di anni: futuro di debitore, ma futuro di persona che vive. Quelle tre pagine mi hanno richiamato alla mente la certezza che non si tratt? di suicidio, ma di omicidio

preceduto da un vero e proprio sequestro di persona.

Ho avuto la tentazione di portare quelle carte alla Procura di Viterbo, ma la tentazione ? passata subito; mi sono immaginato l?aria di fastidio che avrei incontrato, insieme a qualche sorriso di compassione per questo povero avvocato visionario.

Pubblicato il: 21/08/2004

Torna ai corsivi...