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SAN MATTEO E I CINQUE TALENTI : OVVERO SULLA DIVARICAZIONE DELLA FORBICE TRA CHI HA E CHI NON HA

Mario Tiberi

Riprendendo la questione ?Giustizia s?, Giustizia no?, non posso esimermi dall?indicare e dal fornire ulteriori elementi di stima e valutazione sulle diseguaglianze strutturali che minano alle fondamenta le societ? contemporanee.

Di questi tempi, concedersi una partita a ?Monopoli? pu? suonare inopportuno: battersi per la conquista della ?centrale elettrica? o incappare nel ?parco della Vittoria? o finire in ?prigione? pu? funzionare, al limite, come solo esorcismo infantile o antidoto omeopatico alle ansie e ai turbamenti del vivere quotidiano. Eppure, l?antefatto di codesto celeberrimo ?gioco di societ?? fu ideato agli inizi del secolo scorso da una giovane quacchera, Lizzie Magie, non come apologia della predazione ma, al contrario, come una visita guidata agli innumerevoli rischi derivanti dai monopoli terrieri privati.

Non sar? un caso, quindi, che proprio sulle cadenze del gioco del Monopoli, cio? sulla ?forbice? che si apre via via tra i giocatori, l?economista e sociologo Daniel Rigney nel saggio ?Sempre pi? ricchi, sempre pi? poveri? individui un esempio da manuale del cosiddetto ?effetto San Matteo?: vale a dire di quella forza travolgente e implacabile che rende appunto, come recita l?adagio, i ?ricchi sempre pi? ricchi e i poveri sempre pi? poveri?, generando cos? da un vantaggio iniziale un ulteriore vantaggio che si dilata in linea esponenziale e invece, da un omologo svantaggio, una stagnazione o addirittura una regressione.

Il predetto ?effetto? ? stato teorizzato nel 1968 dallo studioso di sociologia Robert Merton il quale, ispirandosi alla parabola evangelica dei cinque talenti d?argento, ne ha tratto la necessit? di elevare le qualit? morali degli scienziati impegnati in ogni campo dello scibile umano, avendo a riferimento la morale contenuta nell?insegnamento ?A chiunque ha sar? dato e sar? nell?abbondanza; ma a chi non ha sar? tolto anche quello che ha?. Per meglio comprendere, basti sapere che in sociologia della scienza ? stato pi? volte osservato come, a parit? di condizioni iniziali, gli scienziati che raggiungono dei successi nei primi anni della loro carriera hanno, in seguito e per la fama acquisita, molte pi? probabilit? di affermazione delle proprie teorie rispetto e a prescindere dalle abilit? e dai meriti personali di altri scienziati pur validissimi, ma rimasti nell?anonimato.

Il fenomeno descritto non ? da limitarsi al solo comparto della scienza: lo si pu? ben applicare, quale dinamica profonda e respiro intimo, al generarsi delle disparit? in ogni altro ambito a cominciare dalla politica, dalla istruzione e formazione, dalle arti e mestieri fino a giungere, a sintesi di tutto, alla galassia dell?economia. Si producono cos?, alla lunga, distanze cognitive e diviziose siderali all?interno delle quali l?avventura della vita rischia di essere un crudele gioco a ?somma zero?, a cagione dello sfruttamento dell?uomo sull?uomo, e dove, pi? apparentemente che realmente, a tutti ? data la ingannevole possibilit? di guadagnare seppur in maniera diseguale.

Ancor di pi?, lo stesso schema di divaricazione agisce in molte altre sfere: nello sport quando l?imperativo ? vincere e non partecipare; nel confronto di genere allorch? il presunto vantaggio degli uomini sulle donne ? barriera di libera competizione, fino a produrre quello che in gergo prende il nome di ?effetto Matilda?; nella discriminazione razziale, cio? in quel circolo vizioso che pone i pregiudizi dei bianchi sui neri come fonte di alimentazione di progressivi deterioramenti della pacifica convivenza umana, valendo ci? anche nelle relazioni tra culture e religioni diverse come pure nei rapporti tra soggetti di differente orientamento sessuale.

Il correttivo a tali distorsioni non pu? che ricercarsi in una palingenetica visione societaria entro la quale tutte le forme di ineguaglianza patologica, quella fisiologica ? inevitabile, debbono essere contrastate con ogni mezzo come fossero gravi malattie o cataclismi: con un Welfare a misura d?uomo, con le tutele sindacali, con le tassazioni sulla ricchezza prima che sul reddito in un processo che implichi, insieme alla rinuncia ad ogni surrettizio di statalismo utopico, anche quella a fantasmi ideologici con cui potentati spesso parassitari pretenderebbero di rappresentare come logici, naturali e moralmente giusti i propri smisurati privilegi.

Consapevole della propensione pi? egoistico-predatoria che altruistico-solidale della specie umana, mi sento per? di poter affermare che, se di livellamento si debba operare, almeno che sia un livellamento tendente verso l?alto pur sembrando, considerati i tempi che corrono, come voler proferire una bestemmia ma, se si desidera davvero crescere, a tale obiettivo bisogna aspirare.

Certo, sul piano strettamente materiale detto livellamento ha da confrontarsi con strettoie insidiose, quali il rapporto tra una futura crescita e risorse finanziarie in esaurimento, ma su quello intellettuale, quantomeno, non potranno esserci alibi di sorta: alzare ovunque il livello cognitivo attraverso l?istruzione e la ricerca onde ottenere un risultato, questo s?, a ?somma positiva? non perch? tutti siano dei geni, ma perch? nessuno sia schiavo.

Verso tale prospettiva non potrebbe che essere d?accordo anche l?Evangelista e, prima di Lui, il Suo Maestro Carismatico: del resto, se ? dettato dalla Divina Sapienza l?Evangelo di Matteo, altrettanto lo ? quello di Luca quando trascrive ?A chiunque ? stato dato molto, molto sar? chiesto; a chi ? stato affidato molto, sar? richiesto molto di pi??.

Pubblicato il: 24/01/2012

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