Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
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La droga siamo noi

Fausto Cerulli

La droga siamo noi. La magistratura orvietana ha dato il via ad una nuova operazione contro il commercio della droga. Arresti, perquisizioni, indagini serrate, probabilmente centinaia e centinaia di intercettazioni telefoniche. Una maxi operazione, come si suol dire. Ovviamente non voglio entrare nel merito della iniziativa della locale magistratura: come si dice in senso giornalistico, lasciamo che la giustizia faccia il suo corso. Mi permetto soltanto qualche osservazione marginale. Anni fa la stessa magistratura dette il via alla cosiddetta operazione Caos. Anche in quel caso sembrava che la giustizia avesse individuato una rete di spaccio colossale, con centinaia di indagati e moltissimi imputati. Anche allora un colossale tam tam mediatico; poi l?operazione fin? quasi nel nulla. Pochissimi condannati, e condannati a pene lievi, e tutti coperti dalla sospensione condizionale della pena: un grosso giro di soldi per avvocati, in una citt? in cui gli avvocati, in proporzione al numero degli abitanti, sono pi? numerosi di quelli di Roma. E un grosso segnale, magari inconsapevole, a chi minacciava e ancora minaccia di sopprimere il Tribunale di Orvieto. Come si fa a sopprimere un Tribunale che mette in moto operazioni di cos? vasta rilevanza? Intendiamoci; non voglio assolutamente criticare l?operato della locale Procura, che compie il proprio dovere di promuovere l?azione penale: mi limito ad osservare che queste operazioni giudiziarie hanno comunque il merito di rimettere sul tappeto la scottante questione della droga. Dico subito che io sono tra i fautori della depenalizzazione delle droghe leggere; ormai la scienza medica ha constatato che l?uso delle droghe leggere- l?uso e non l?abuso- non solo non compromette la salute, ma anzi spesso serve a curare diverse patologie; e dico dell?epilessia, e dell?alzahimer, e potrei citarne molte altre. Ho avuto modo di difendere una persona arrestata per coltivazione di hashish; e sono riuscito a dimostrare che il mio cliente usava quella sostanza per lenire i dolori conseguenti ad una delicata operazione chirurgica. E un magistrato orvietano accolse in gran parte la mia tesi difensiva, fondata sull?uso terapeutico della droga leggera. Una sentenza coraggiosa per questa pubblicata su diverse riviste specializzate. Le droghe leggere, ed ? anche questo ? ormai abbondantemente provato, sono meno nocive di quell?alcool che viene consumato alla luce del sole, anzi della notte, davanti ai bar di Orvieto in ogni fine settimana. Detto questo, per chiarire la mia posizione sul tema, voglio comunque riflettere sulla circostanza del crescente uso ed abuso di sostanze stupefacenti, quali che siano, da parte dei giovani orvietani e del circondario, insieme all?uso ed abuso di bevande alcoliche. E dico che i responsabili di questo fenomeno siamo noi, che di questi giovani dovremmo accompagnare il cammino, e non servircene come strumenti consumatori e consumabili. Non voglio fare un patetico richiamo alla caduta dei valori o all?abbassarsi della soglia della pubblica moralit?: temi che saranno pure interessanti per i sociologi televisivi e per i politici bacchettoni, ma che non toccano assolutamente la radice del problema. Io non so e non voglio sapere cosa siano i valori, e credo che la morale sia la rappresentazione forzosa di una precisa situazione economica e sociale. Se parlo di nostra responsabilit?, e quando dico nostra mi riferisco a noi che non siamo giovani, io la vedo nella nostra confusione mentale, nel nostro supino adattarci a modelli che ci vengono imposti e che noi a nostra volta trasmettiamo ai giovani, senza neppure imporci, ma semplicemente trascurando quello che dovrebbe essere un nostro dovere: aiutare questi giovani a non inchinarsi a questi modelli ed a questi modellisti. Ma noi siamo troppo presi da questa stessa rete, e se non sappiamo districarci noi, non possiamo certo pretendere di insegnare agli altri come districarsi. E sputo l?osso: noi abbiamo dimenticato la politica vera, quella che ci teneva impegnati in un compito utopico ma galvanizzante; quello di lottare per un mondo diverso, migliore o peggiore non so, comunque diverso. Abbiamo perso il mordente, il gusto della sfida, ci siamo accomodati nella poltrona del meglio non pensarci, e abbiamo imparato a stare alla finestra che si affaccia sul nulla. I giovani, in questo stato delle cose, hanno davvero poche colpe; e non ? giusto che le colpe dei padri, che saremmo noi, ricadano su di loro. Io provo una profonda tristezza quando nelle sere del fine settimana assisto allo spettacolo di giovani sbracati dinanzi ai locali pubblici, con bicchieri di vino ed altro, intontiti dalla musica, preoccupati di commentare il futile. Provo tristezza mista a senso di colpa: anche io, non lo nascondo, ho avuto a che fare con il vino ed altro: ma avevo le mie motivazioni, ero inchiodato al senso di impotenza che ti viene quando ti accorgi che hai lottato invano, che hai messo in gioco il tuo bagaglio esistenziale, e che poi lo hai visto spiazzato dalla morte della politica che doveva e poteva cambiare tutto quello che si poteva cambiare. I giovani di oggi, lo dico ai compagni ed a quelli che compagni non sono, sono stati sterminati nella coscienza dalla mitragliatrice della nostra perdita di coscienza. Non mi sento, nel dire questo, un vano moralista: vorrei che si capisse che sto cercando di ragionare in termini di vero materialismo, storico o meno. E torno alla lotta contro la droga, torno alle operazioni di polizia, torno alla legge che vuole e suole essere applicata secondo un codice penale magari necessario ma incapace di adeguarsi alla realt? del nostro essere socialmente asociali. Credo poco alla funzione rieducativi della pena; e tanto meno alla sua funzione punitiva e di lotta al crimine ( e forse in questo sono vicino agli anarchici) ; tanto pi? in quanto mi riesce difficile ritenere criminale chi usa droghe leggere; mentre chi le spaccia potrebbe essere punito in un solo modo veramente efficace: liberalizzando le droghe leggere, evitando che esse siano oggetto di speculazione economica e di profitto. Conosco abbastanza il codice per sapere che queste mie osservazioni non potranno essere tacciate di istigazione a delinquere, o di permissivismo favoreggiatore. Io sogno un mondo in cui i giovani non siano spinti a drogarsi dalla mancanza di interessi concreti, di prospettive gratificanti, di voglia di lottare contro di chi li vuole stupefatti. Non dobbiamo criminalizzare questi giovani senza avere prima il coraggio e l?onest? di criminalizzare noi stessi. La giustizia faccia dunque il suo corso, come dicono i giornalisti importanti, ma non illudiamoci troppo sul fatto che la giustizia possa risolvere i problemi che assillano i giovani senza che i giovani avvertano chiaramente di esserne assillati: non ? questo il compito della giustizia, anche se la giustizia sembra invadere anche terreni che non le competano, in un momento di regressione giustizialista e fondamentalista. A rischio di essere o sembrare retorico, voglio dire che dobbiamo recuperare, noi per primi, la fiducia in noi stessi e nella nostra capacit? di cambiare questo mondo orrendamente stupefatto. La droga siamo noi, la generazione degli stupefatti e degli accomodati accomodanti.  Occorre, lo dico e lo ripeto a me stesso prima che ai miei trentacinque lettori, una ventata di comunismo, o quanto meno una brezza di anticonsumismo. Parliamone con calma, ma parliamone.

Pubblicato il: 20/01/2012

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