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Il festival dei medici sullo stress, il mio pc antico, la mia depressione

Fausto Cerulli

Il festival dei medici sullo stress, il mio pc antico, la mia depressione.

Si sono combinati questi tre elementi, quasi magicamente, e mi sono trovato a vivere la vita del Congrresso dei Medici, quasi come inviato speciale di orvietosi, lautamente non pagato. Dunque io sapevo che si sarebbe tenuto il Congresso dei Medici, anche perch? lo avevo presentato in un mio corsivo su questo giornale on line, per tessere le lodi della Libreria Parole Ribelli. Apro dunque il mio scassato pc e vedo che Dante Freddi ha deciso di trasmettere il Congresso in diretta sulla sua tv. Con il mio pc non riesco a collegarmi alla ripresa televisiva, e dunque decido per scrupolo professionale di giornalista non giornalista di andare a vedere cosa succede al Palazzo dei Congressi. Arrivo il giorno successivo a quello dell?inizio del Congresso, con la mia solita mancanza di puntualit?. Dico la verit?, non ero molto convinto di partecipare alle sedute del Congresso sullo stress, ma poi ? scattata una mia molla personale. Considerando che sono un depresso deprimente e che avevo orecchiato che al Congresso si sarebbe parlato anche della depressione, mi sono trovato a casa mia, a casa del mio ricorrente star male dell?anima. Entro nella sala dei cinquecento e la trovo stracolma, come neppure quando parlava Parretti. In un primo momento ho pensato che mi sarei annoiato, pensavo si trattasse di un Congresso riservato agli esperti, e gli esperti erano tanti, quattrocento circa, e di tutto il mondo. Poi ho capito che erano esperti che si facevano capire, che erano esperti del loro essere esperti ma anche del dire e del lasciarsi ascoltare. Non pretendo di aver capito tutto, non sono Dio, ma solo un suo conoscente. Per? alcuni concetti mi sono rimasti in mente e brevemente vorrei esporli ai miei trentacinque lettori. Prima di tutto ho capito che quei medici illustri, insieme a filosofi della medicina, a psichiatri e psicologi, stavano riuniti per discutere, nessun stava in cattedra, si scambiavano le opinioni, magari litigavano pure; ma lo facevano, cosa che non accade spesso, in nome e per conto dei pazienti possibili. Si sentiva che stava loro a cuore la cura, intesa come voglia di curare ma anche e sopratutto di voglia di avere cura. Noi siamo abituati a chi ci cura, bene o male, ma non siamo abituati a chi si prende cura di noi. Tutte quelle persone, stranamente e dolcemente, mi facevano sentire che si stavano prendendo cura di noi, che ci volevano bene, che si facevano carico delle nostre ansie, del nostro stare male magari senza saperlo, e che volevano darci una mano ad essere pi? sani, anzi semplicemente sani. Mi ha colpito un relatore che si domandava perch? si parla sempre della malattia e mai della salute. Quasi a dire che se pensiamo solo alla malattia, dimentichiamo che esiste anche la salute, e che se non pensiamo alla salute che esiste siamo per forza prigionieri della malattia. La facciamo protagonista esclusiva del nostro profano rapportarci alla medicina.

Io questo concetto l?ho preso come una lezione personale: quando sono depresso, e mi capita spesso, ch? fa anche rima, mi accovaccio nel mio star male, e mi precludo l?idea che esista anche la fine dello star male, anzi che lo star male ? la controfigura dello star bene. Difficile spiegarmi bene, lo so: voglio dire che ho imparato che non debbo crogiolarmi nella mia depressione, ma pensare che esiste anche la non depressione, e che talvolta tra l?una e l?altra sta solo la distanza di un respiro. Non a caso, durante il congresso, si vendevano, ed andavano a ruba, magliette con su scritto ricordati di respirare. Sembra una battuta, ma mi ha fatto pensare che io non respiro quasi mai, e come me molti. Uno dice allora: ma c?era bisogno di riunire quattrocento persone di varia e variegata competenza per spiegarci che dobbiamo abituarsi a respirare? Risposta affermativa: noi respiriamo come fanno tutti gli animali, in maniera automatica. Invece quel Congresso, e vado a colpi di accetta, voleva spiegarci che dobbiamo respirare per potere essere, vivendo il respiro del nostro respiro, sentendolo e vivendolo non per sopravvivere ma per vivere meglio. Non pretendo di riassumere quattro giorni di Congresso, mi limito a qualche impressione, semplice e insieme folgorante.

Un tema di fondo: tutti quegli esperti nutrivano un malcelato e sacrosanto amore- odio per la medicina tradizionale, che loro chiamano ortodossa, ma non pretendevano di sostituirla, volevano esserne capiti Chiedevano soltanto che alla medicina tradizionale fosse affiancata anche la medicina non tradizionale, in uno scambio reciproco di apporti. In poche parole, chiedevano una medicina integrata. La medicina cinese accanto alla consueta medicina occidentale. Ho notato che da parte dei congressisti non esisteva alcun rifiuto programmatico della medicina tradizionale, si lamentavano anzi che da parte della medicina tradizionale ci fosse una ostinata ostilit? verso la medicina alternativa, che non vuole porsi in sostituzione dell?altra, ma in simbiosi costruttiva con essa. A conferma di questa preclusione da parte della medicina tradizionale, l?assenza quasi totale, al Congresso, di esponenti della medicina tradizionale locale, con tre o quatto coraggiose eccezioni. Altro elemento di interesse: nel corso del Congresso ho appreso che proprio dalle nostre parti, in quel di Pitigliano, esiste l?unico esempio di medicina integrata, dove medici tradizionali accettano di essere affiancati da esperti in altre discipline. Ed ho saputo che ci? ? stato reso possibile, al di l? della passione dei medici non tradizionali, dalla esistenza di una Legge regionale della Toscana che ha sancito la pari dignit? tra le varie discipline, permettendone e favorendone l?applicazione nel concreto. E lo stesso sindaco di Orvieto, nel suo come al solito breve e succinto intervento, ha trovato modo di esprimere il proprio impegno, nei limiti della propria competenza istituzionale, nel solco della promozione di una campagna per fare in modo che anche la Regione Umbria si faccia promotrice di una normativa sul tipo di quella adottata dalla Toscana per la medicina integrata. Vorrei, forse dovrei citare uno per uno gli appassionati relatori, ma non potendolo fare mi limito a sottolineare la loro serena comunanza di interessi e di impegno. Un Congresso segnato dalla speranza che la scienza possa progredire, che certi steccati possano essere abbattuti. Una speranza che voleva essere messaggio di speranza per i malati, chiamati ad essere protagonisti del loro star male e padroni

Del loro voler star bene. Dunque  un Congresso serio e molto serio, ma non un Congresso  serioso e saccente: quello che dominava era il sorriso, una specie di ponte di sorriso gettato tra il medico ed il paziente; che era spronato ad essere impaziente

Di riappropriarsi della propria condizione esistenziale. Mi sono accorto che potevo salutare clinici illustri come fossero vecchi amici, e loro mi rispondevano come mi conoscessero da sempre. Forse sapevano che sono un depresso bipolare, e che ero andato al loro Congresso per trovare rimedio. E loro sorridendo sembravano rispondermi che il rimedio al mio star male sono io, e che loro possono soltanto accompagnarmi in un viaggio difficile ma lineare verso la guarigione. In fondo mi volevano dire che la malattia non esiste, che ? una costruzione masochista della psiche. Se volessero dirmi questo, vorrei dire loro che credo di avere capito. Ho acquistato la maglietta con su scritto ricordati di respirare, ed ho provato a respirare forte. E mi sono accorto che l?aria sottilmente benefica del Congresso mi stava riempiendo i polmoni dell?anima. Forse non ho detto molto, forse ho detto anche malamente; ma mi succede, quando sono emozionato. Grazie dunque Congresso dello stress ed un grazie particolare alla mia amica dottoressa Marina Risi che si ? fatta appassionata promotrice ed organizzatrice del Congresso. Vorrei concludere proprio con Marina Risi, citando un esempio di medicina integrata vissuto sulla pelle della mia anima. Marina Risi, come formazione, ? una ginecologa; ma ha pensato bene di laurearsi anche in medicina cinese. Per questo  ha saputo curare, prendendosene cura, una mia depressione: che non aveva, giuro, alcuna caratteristica ginecologica, ovviamente. Adesso, come mio solito, voglio buttarla in politica: dal complesso delle argomentazioni del Congesso non poteva non venire un attacco non rancoroso ma comunque preciso alle multinazionali dei farmaci, che si oppongono alla medicina alternativa soltanto perch? questo tipo di medicina tende ad erodere i colossali profitti delle multinazionali stesse, che pensano soltanto al profitto, con buona pace dei malati. Hanno voluto chiamarlo Festival dello stress. Ed ? stato, lasciatemelo dire, un Festival della speranza.  

Pubblicato il: 04/11/2011

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