Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
NOTIZIE CORSIVI

Manovra di governo. Io la penso cos

Danilo Buconi, consigliere comunale Monteleone d?Orvieto (TR)

La profonda crisi in atto non soltanto nel nostro Paese ma in tutta Europa e in ampi settori del mondo, a partire dagli Stati Uniti, altro non fa che dimostrare ? prima di tutto ? il fallimento della politica a tutti i livelli e l?incapacit? ormai cronica dei suoi rappresentanti a rispondere colpo su colpo alle azioni speculative della finanza che altro non rappresentano che temporanei commissariamenti dei Governi con l?obiettivo di porre in essere lugubri ricatti volti a spostare ingenti volumi di risorse economiche dal lavoro e dal sociale verso la finanza dura e pura della speculazione, del profitto e degli interessi.

La sete di interessi petroliferi da soddisfare con l?organizzazione apposita di interminabili conflitti internazionali voluta dagli Stati Uniti e sostenuta in assurdo silenzio dall?Europa e dall?Italia altro non ha prodotto che ulteriore frammentazione mondiale, acutizzazione dei conflitti ideali e religiosi tra le diverse anime mondiali e palese distrazione di fondi dallo sviluppo economico, civile, sociale e culturale a quello degli armamenti, senza peraltro risolvere nemmeno minimamente i problemi legati ai pericoli terroristici, comunque da condannare e da combattere.

Quello che serve dunque, prima di tutto, ? tornare a spostare l?attenzione sui problemi reali dei cittadini, ripartendo dai loro bisogni reali e quotidiani nonch? dalla necessit? di mettere al centro dell?agenda dello sviluppo tutte quelle azioni utili a rilanciare l?economia internazionale partendo da una nuova posizione, da quella ? appunto ? sociale e culturale al posto di quella che fa dei conflitti e dello sfruttamento ? umano e ambientale ? la propria ragion d?essere.

E ancor pi? questa direzione, questo cambio di marcia, sono necessari nel nostro Paese dove per troppo tempo si destinate troppe risorse al capitale, alla finanza e alle vetrine guerrafondaie internazionali a scapito del lavoro, dello sviluppo e del progresso umano.

La manovra messa in campo dal Governo non va certamente, ancora, nella direzione giusta ma pu? rappresentare un buon viatico iniziale per aprire un confronto serrato, aperto e civile su cosa serva davvero al nostro Paese e al nostro popolo per reagire meglio alla crisi internazionale e per rialzare la testa rispetto alla profonda crisi economica interna. Il Ministro dell?Economia Tremonti ? persona preparata, pacata ed economicamente e finanziariamente preparato ed attento; il segretario del maggior partito di opposizione Pier Luigi Bersani, ? persona colta, profondamente preparata e particolarmente attenta alle sensazioni, ai disagi ed alle necessit? ed esigenze del mondo del lavoro e delle famiglie e la stessa cosa mi sento di poter esprimere nei confronti del leader del Terzo Polo Pier Ferdinando Casini, persona che ritengo piena di senso istituzionale e di pacatezza, elementi molto utili in circostanze di crisi come quella che il nostro Paese sta drammaticamente vivendo. Dall?incontro tra queste tre persone, tra le loro idee di Stato, di democrazia e di economia, possono venire secondo me risultati utili e convincenti, non solo per l?Europa dei mercati ? della quale francamente faremmo volentieri anche a meno ? ma soprattutto per le famiglie e per il mondo della piccola e media impresa che oggi vive una profonda sofferenza al pari delle famiglie stesse.

Occorre, dunque, che tutte le proposte possibili posano essere messe sul piatto, confrontate, ponderate, modificate, calibrate dentro un percorso di confronto democratico volto a portare il nostro Paese fuori dalla crisi e ad introdurlo in un nuovo ciclo di rinnovamento economico, di crescita sociale e di resurrezione culturale.

In questo contesto, dunque, ? possibile anche che i 45 miliardi di manovra economica biennale possano non essere nemmeno sufficienti a raggiungere l?obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013, come imposto dall?Unione Europea ed ? comunque certo che non bastano rispetto alle esigenze reali del nostro Paese perch? con quelle risorse si rispetterebbero solo i parametri europei ma non si avrebbero risorse da destinare allo sviluppo, al lavoro e alle famiglie, vero queste ultime della macchina dei consumi interni in grado di incidere realmente e prepotentemente sui livelli di produzione interna dell?Italia. Mancano quindi, all?appello, almeno altri 10-15 miliardi di euro, da recuperare in qualche modo e in forma certa per destinarli direttamente alle famiglie con redditi inferiori ai 15-20.000 euro annui; quelle famiglie che stentando oggi ad arrivare alla fine del mese reimmetterebbero immediatamente nel circolo economico le maggiori disponibilit? di risorse contribuendo a risollevare immediatamente di un punto percentuale il valore del nostro Prodotto Interno Lordo.

Ci sono dunque, nel decreto governativo in corso di discussione al Senato, profonde ombre, qualche spiraglio di luce ossia elementi da cambiare, rimodulare e togliere (come la questione dello spostamento delle festivit? cha ha sapore puramente ideologico e non d? alcuna risposta ai problemi dell?economia reale) e la necessit? di apportare significative aggiunte che siano appunto in grado di dare risposte certe e concrete al bisogno crescente di milioni di famiglie di poter contare su un maggiore livello di ossigeno economico.

 

La prima questione che viene spontaneo affrontare, dato l?acceso dibattito cui ha dato vita, non pu? che essere quella relativa al riordino degli enti locali attraverso la cancellazione dei Comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti e delle Province con meno di 300.000 residenti: in linea di principio la questione ? pressoch? condivisibile ma non ci si pu? esimere dallo svolgere alcune considerazioni di merito a voce alta:

a)      il gettito annuo previsto dalla misura, stimabile in circa 8 miliardi di euro l?anno, non andr? ad incidere ? se non minimamente ? negli anni della manovra ossia 2012 e 2013 in quanto il grosso dei rinnovi amministrativi degli enti locali avverr? nella primavera del 2014 e quindi solo in questo anno si potr? stimare una minor spesa di circa 4 miliardi di euro mentre il pieno del risultato non potr? che aversi solo a partire dal 2015;

b)      se si volesse veramente produrre risparmi di spesa negli anni 2012 e 2013 si dovrebbe inserire nel decreto, in sede di conversione in  legge, un emendamento volto ad istituire una riduzione non inferiore al 20 % di indennit?, gettoni e rimborsi oggi spettanti agli amministratori locali, dai Comuni alle Regioni passando per le Province, senza dimenticare ? per? ? una analoga misura e di valore maggiore anche per i componenti del Parlamento e del Governo e per i nostri rappresentanti al Parlamento europeo;

c)       la soppressione dei Comuni minori ? questione certamente condivisibile ma appare quasi semplicemente un gioco sopprimere solo i Comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti e, per di pi?, lasciando le funzioni di Sindaco e quindi l?intera struttura del Comune; apparirebbe misura di maggiore effetto la previsione di accorpamento dei Comuni contermini con popolazione almeno inferiore a 1.500 abitanti prevedendo la chiusura completa e definitiva degli enti stessi e applicando ai Comuni risultanti le norme amministrative e finanziarie loro spettanti in funzione della popolazione raggiunta dopo l?accorpamento;

d)      allo stesso modo condivisibile appare la previsione di soppressione delle Province minori ma la scelta prevede automaticamente conseguenze concrete, probabili e possibili di non poco conto (come ad esempio  l?apertura di trattative con Comuni contermini di province limitrofe per un eventuale ingresso volto a far superare la soglia degli abitanti) e quindi occorre semmai stabilire nel provvedimento che il parametro demografico di riferimento ? quello accertato alla data di pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale; in pi?, considerando che la soppressione delle Province comporter? anche la chiusura di uffici prefettizi e Questure appare assai improbabile che gi? a partire dalla prossima tornata amministrativa provinciale tutto sia pronto per concretizzare l?obiettivo prefissato dal Governo;

e)      accertata e approvata la scelta di ridurre Comuni e Province ineludibile diviene la necessit? di rivedere completamente e quanto prima l?assetto delle attuali Regioni che sempre pi? difficilmente vedono giustificata la loro attuale conformazione alla luce dei poteri e delle competenze trasferite nel corso degli anni alle Province iniziando quindi a ragionare concretamente su una loro possibile ridefinizione territoriale e demografica di pi? ampio respiro, trasformandole di fatto in Dipartimenti regionali di ben maggiore ampiezza;

f)       fermo restando tutto quanto sopra, una considerazione ulteriore all?interno di tutto il progetto di rimodulazione delle amministrazioni locali appare ineludibile e ineccepibile; Comuni, Province e Regioni sono istituzioni la cui composizioni politico-amministrativa ? scelta dai cittadini con libere elezioni: non sarebbe non solo pi? facile ma anche pi? coerente e democratico iniziare da subito con una pesante sforbiciata di tutti quegli enti, enticelli ed enticcioli di mera nomina partitica che nessun beneficio portano alla cittadinanza che li mantiene e che servono solo a fungere da deposito di quanti non hanno il coraggio di rimettersi al giudizio democratico degli elettori?       

 

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Uno dei settori di maggior spesa nel nostro Paese ? rappresentato dal complesso e frastagliato mondo del pubblico impiego dove per remunerare circa 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici ? tra contratti a tempo indeterminato, determinato e par time ? si spendono circa 160 miliardi di euro l?anno, senza considerare poi l?aggiunta di costi indiretti dovuti alla gestione, manutenzione e mantenimento dei relativi uffici e servizi; appare sufficientemente chiaro che il nostro Paese non si pi? in grado di mantenere tali livelli cosi come risultano evidenti due questioni dirimenti: la necessit? di armonizzare le condizioni contrattuali e di orario di lavoro del settore pubblico a quelle del privato e l?ineluttabilit? di far fruttare il progresso tecnologico degli ultimi venti anni a beneficio di una riduzione del personale addetto; il tutto, attuando di fatto un intervento profondamente e realmente strutturale di quelli che l?Europa chiede costantemente al nostro Paese.

Partendo da questi due presupposti, tre azioni risultano possibili ed in grado di dare in parte anche risultati economico-finanziari immediati:

a)      il pieno sfruttamento delle innovazioni, delle conoscenze e delle opportunit? tecnologiche, telematiche e strumentali, intersecato con i vari settori di possibile applicazione e con l?esigenza di garantire la continuit? dei servizi pubblici essenziali, pu? permettere di offrire alla platea del pubblico impiego l?opportunit? di  avvalersi di una maggiore flessibilit? di orario di lavoro, arrivando anche a poter sfruttare la possibilit? di ricorrere molto pi? agevolmente all?orario par-time in una possibile misura massima del 20% del totale; ipotizzando che tale opportunit? possa essere presa in considerazione dal 25% del corpo lavorativo del pubblico impiego e considerando un costo medio annuo di un lavoratore pubblico pari a circa 30.000 euro (molto in difetto, dunque, se si considera che la media degli emolumenti per ciascun soggetto si attesta attorno ai 40.000 euro annui) ? presto ipotizzabile un risparmio di spesa immediato, per ciascuno degli anni 2012 e 2013 non inferiore a circa 4,8 miliardi di euro;

b)      l?armonizzazione dell?orario di lavoro del pubblico impiego alle 40 ore settimanali previste dai contratti di lavoro di tipo privato permetterebbe di sfruttare meglio le potenzialit? di ciascun dipendente della pubblica amministrazione e, contestualmente, di raggiungere due risultati con un?unica azione: inizialmente, di rispondere meglio alle esigenze dei cittadini-utenti in materia di tempi di attesa e di risoluzione delle problematiche rappresentate alla pubblica amministrazione; successivamente, di ridurre ulteriormente il corpo lavorativo della pubblica amministrazione, almeno di un buon 5 per cento (circa 150.000 unit?), con un risparmio economico stimabile attorno ai 4,5 miliardi di euro annui, sempre senza considerare il risparmio aggiuntivo dovuto ai minori uffici necessari e quindi alle spese per servizio e gestione degli stessi;

c)       l?assegnazione di precisi obiettivi professionali ai pubblici dipendenti, l?introduzione di un sistema di controllo e verifica della reale produttivit? degli stessi (attraverso l?istituzione di un apposito nucleo di valutazione composto dai cittadini-utenti e da rappresentanti del mondo economico, sociale e culturale scelti ad estrazione in forma pubblica tra i cittadini iscritti nelle liste elettorali) e della possibilit? di licenziare il pubblico dipendente alla stregua di quello privato permetterebbe di sollecitare l?attenzione e la scrupolosit? delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici garantendo certamente migliori risultati gestionali e, di conseguenza, ulteriori opportunit? di risparmio per le casse dello Stato e degli Enti locali.

 

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Porre la salute dei cittadini al centro dell?azione politica, istituzionale ed amministrativa ad ogni livello, altro non sarebbe che applicare alla lettera una parte importante della nostra Carta costituzionale senza aggravare di ulteriori oneri il bilancio dello Stato ed anzi ricavandone, in qualche caso, anche possibili opportunit? di risparmio in termini economici o di profitto in termini di salute pubblica.

In quest?ottica, l?occasione del decreto potrebbe essere utile per stimolare le Regioni ad una profonda rivisitazione del proprio sistema sanitario, dentro la cornice del Servizio Sanitario Nazionale, volta a ridurre drasticamente il peso degli apparati ? a partire dalla riduzione delle Asl e dall?abolizione delle Aziende ospedaliere ? e quindi a contenere i costi amministrativi destinando i risparmi ottenuti alla prevenzione della salute nel quotidiano e, soprattutto, nei luoghi di lavoro; determinare ad esempio in circa 500.000 abitanti il bacino minimo di utenza per la costituzione di una Asl ? fatte salve realt? provinciali minori per le quali apposite deroghe potrebbero consentire la costituzione di autonome Asl su base territoriale provinciale ? determinerebbe notevoli risparmi di spesa amministrativi destinabili alla prevenzione, diagnosi e cura degli stati di salute nonch? ad una migliore integrazione delle prestazioni sociali e assistenziali, innalzando altres? progressivamente il livello minimo di salute della cittadinanza. Investire quindi sulla prevenzione prima ancora che sui livelli di ospedalizzazione dei territori, attraverso la definizione e rappresentazione di stili di vita e di condizioni di lavoro dirette a tutelare la salute dei cittadini, delle lavoratrici e dei lavoratori e ? contestualmente delle persone e dei soggetti ad essi vicini e con essi quotidianamente a contatto.

Appare dunque in quest?ottica giustificata l?attivazione di un meccanismo di partecipazione alla spesa sanitaria e sociale di ciascuno legato a filo doppio alle abitudini quotidiane personali: in termini concreti e pratici, dunque, non apparirebbe affatto scandalosa l?applicazione di una pesante accisa sul consumo di tabacchi ed alcolici (misura in grado di portare nelle casse dello stato non meno di 5-6 miliardi di euro l?anno), di ticket sanitari maggiorati legati al ricorso abituale al fumo e all?alcol nonch? di un maggiore contributo al Servizio Sanitario Nazionale nella parte legata al premio delle assicurazioni RC Auto, senza dimenticare di equiparare l?azione del fumare durante la guida di un autoveicolo all?utilizzo del telefono cellulare (con l?applicazione, quindi, della stessa sanzione amministrativa) e di introdurre il reato di omicidio e di infortunio stradale cui aggiungere sanzioni accessorie pesanti in caso di reato commesso in concomitanza con l?uso del telefono cellulare o con il consumo di tabacchi durante la guida.

 

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Un ragionamento attento e profondo, anche se non in grado di incidere direttamente sulle dinamiche finanziarie degli anni 2012 e 2013 va altres? affrontato in materia di previdenza se si vuole essere realisti e, soprattutto, se si vuole applicare alla lettera il dettato costituzionale vigente che si fonda su principi di parit? ed uguaglianza tra tutti i cittadini della Repubblica.

In quest?ottica, quindi, non pu? apparire un tab? il parlare di una profonda riorganizzazione del sistema previdenziale nazionale, a partire dall?unificazione di tutti gli istituti oggi esistenti e di tutti i fondi previdenziali e assicurativi pubblici in essere.

Pilastri fondamentali della riforma necessaria possono essere individuati nella soppressione progressiva delle pensioni di anzianit?, nella parificazione delle condizioni per l?accesso all?assegno di pensione tra uomini e donne, tra autonomi e lavoratori dipendenti e ? all?interno di questi ? tra lavoratori pubblici e privati.

Nessuno scandalo potrebbe rappresentare l?inserimento nel decreto ? nel corso dell?iter di conversione parlamentare in legge ? di una precisa delega al Governo con la quale si dettino le linee guida di una possibile radicale riforma della previdenza pubblica a condizione, per?, che il primo punto della delega stessa sia rappresentato dal trasferimento dei costi dell?assistenza dal capitolo previdenza a quello della fiscalit? generale, elemento questo che oltre a dare respiro al sistema previdenziale nazionale rappresenterebbe un forte segnale di equit?.

Pilastri fondanti della delega potrebbero dunque essere;

a)      superamento delle pensioni di anzianit? ? immediato per chi entra oggi nel mondo del lavoro e graduale per chi ha gi? maturato anni di contribuzione ? con contestuale fissazione dell?et? per l?accesso pieno alla pensione a 65 anni per tutti, autonomi e dipendenti, uomini e donne;

b)      riconoscimento di contribuzione figurativa ? quindi della possibilit? di accedere prima alla pensione ? per tutti per quanto concerne i lavori usuranti e per le donne per quanto concerne il riconoscimento del valore della maternit? e della dimensione e responsabilit? domestica della donna;

c)       attivazione di un sistema di flessibilit? nell?accesso alla pensione, a partire dai 60 anni di et?, che preveda la possibilit? di scegliere il part-time nel lavoro percependo in parte il reddito da lavoro e in parte il reddito da pensione;

d)      concessione della facolt? di restare al lavoro anche oltre il 65 anno di et? ? su base e scelta volontaria della lavoratrice e  del lavoratore - azzerando la contribuzione previdenziale dovuta e destinando il controvalore della stessa senza applicazione di imposte fiscali ? al reddito mensile.

    

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Non a caso in ultimo, ma non per importanza, non pu? non essere affrontata la materia fiscale, comprendendo nella stessa sia la necessit? di rivedere il prelievo applicato ai redditi pi? bassi sia la spinosa e annosa questione dell?evasione fiscale che nasconde all?economia del nostro Paese non meno di 120 miliardi di euro l?anno, circa tre manovre finanziarie dell?importo del decreto in fase di discussione in Parlamento e la cui approvazione dovrebbe consentirci di azzerare il deficit nazionale entro i prossimo due anni. Ineludibile, con questi numeri, porre come fondamentale la questione del recupero dell?evasione fiscale; il punto vero, ? come raggiungere l?obiettivo concretamente garantendo la certezza dell?arrivo di quanto dovuto nelle casse dello Stato.

Nell?immediato, in attesa di creare le condizioni ottimali affinch? tutti i cittadini, imprenditori compresi, siano seriamente scoraggiati a scegliere di non rispondere come dovuto alla chiamata fiscale dello stato e considerando la necessit? di ottenere risorse certe con le quali intervenire sulla riduzione del deficit fino al suo azzeramento, l?unica scelta possibile appare quella di un condono concordato ossia di una sorta di patto tra Stato e cittadini in virt? del quale i secondi si impegnano a versare tutto il dovuto, senza sanzione alcuna, in un arco temporale variabile da uno a quattro anni impegnandosi a rispettare scrupolosamente importi e scadenze fiscali successive per un periodo non inferiore al triplo di quello prescelto per saldare il conto con il fisco pena l?applicazione doppia delle sanzioni da cui viene inizialmente esentato (esempio, se un cittadino decide di saldare il suo conto con il fisco in due anni, deve poi restare ligio al suo dovere di buon contribuente sia nel corso dei due anni della rateizzazione del dovuto e sia nei successivi sei anni) pena una sanzione amministrativa doppia di quella inizialmente dovuta e scontata dal condono.

Il tutto, accompagnato da un impegno forte di Governo e Parlamento a produrre una seria riforma fiscale che metta al centro il cosiddetto quoziente familiare instaurando il principio del reddito imponibile pro-capite e stabilendo una soglia minima di reddito vitale, cosiddetta di sopravvivenza, fino al limite della quale non si applichi alcuna forma di tassazione, n? nazionale n? locale, ed applicando le aliquote di imposta (opportunamente riviste rispetto alle attuali) a partire, appunto, da quella soglia limite e strettamente connesse alla composizione dei nuclei familiari ed al reddito pro-capite percepito.

In parallelo, occorre rivedere il sistema globale delle tutele sociali e assistenziali lavorando ad un progetto che ? a partire dall?abolizione dell?istituto degli assegni familiari, ormai pi? che obsoleto anche per il suo peso finanziario sulle casse previdenziali ? sposti sulla fiscalit? generale il peso del sostegno sociale e del sostegno al reddito, andando cos? a gravare su una platea pi? larga di contribuenti ed in maniera pi? proporzionale al reddito percepito.

 

Pubblicato il: 24/08/2011

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