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Al di sopra di tutto ci sono io. La Palombella

Silvio Manglaviti

Si pu? anche (e, forse, persino) restare indifferenti agli eventi, allo scorrere delle vite negli spazi e nei tempi, alle realt?. E ci sta.

A tanti e da tempi remoti, piace altres? interpretare fenomeni e manifestazioni, fino a costruire realt? nuove, immaginarie, parallele a quella originaria. E ci sta pure questo.

Ma quanto ? accaduto domenica 12 giugno ad Orvieto durante la festa della Palombella non pu? non smuovere cervelli, pance e cuori, anche quelli pi? aridi e distaccati.

Una ricorrenza plurisecolare, la Palombella, di origine medievale verosimilmente legata ad arcaici riti pagani apotropaici propiziatori, fatta propria dalla Chiesa che ne fonde il significato nella solennit? della Pentecoste.

Un?antica immagine di Beltrame sulla Domenica del Corriere ne fissa la spettacolarit? e l?attrattiva universalmente riconosciute, con grande partecipazione di pubblico e fedeli: da poco tempo questa ?sacra rappresentazione? sui generis era stata spostata dall?interno del duomo ? ove aveva luogo, pressoch? ininterrottamente, dal Quattrocento, quando fu istituita dai Monaldeschi ? sul sagrato della cattedrale. Orvieto era da tre anni capoluogo di provincia, con Perugia, nell?Umbria del nuovo Regno d?Italia.

Il solito melting pot di fede e superstizione ammantava anche questa festa orvietana (cugina dello Scoppio del Carro fiorentino per San Giovanni) che neanche alcune schermaglie ambientaliste negli ultimi anni sono riuscite a secolarizzare.

La palomba candida, nelle more dell?iconografia canonica a simboleggiare lo Spirito Santo, ali spiegate a ricordarci Cristo sulla Croce, un tempo era legata con nastri vermigli al centro del simulacro che riproduce i cieli che si aprono; il tutto, innestato su di un?apposita macchina di legno, scivola placidamente sul cavo teso tra San Francesco (il punto pi? alto della citt?) e il tabernacolo posto dinanzi al portone centrale del duomo, in cui si trovano le sagome dei dodici apostoli. A Mezzogiorno in punto inizia la discesa lungo via Maitani: tradizione vuole che se tutto fili liscio, propizio sar? il futuro prossimo venturo per la citt? e la propria comunit?. Ma se la discesa ? interrotta (e una volta accadeva sovente, ch? il cavo era un canapo che per quanto fosse teso si allentava naturalmente: ed allora ci si era dotati di taluni muniti di lunghe pertiche preposti a favorire tale discesa); se i botti non partivano; se il piccione aveva la peggio ? Vae ? funesti presagi ed il primo a farne le spese sarebbe stato proprio il prossimo raccolto delle messi.

Stavolta, altro che presagi funesti.

Vogliamo restare indifferenti? E sia. Nihil commovet.

Vogliamo spingerci un po? pi? in l??

In entrambi i casi, sia a voler constatare semplicemente i fatti sia a volerne leggere eventuali reconditi sensi: tutti, naso all?ins?, abbiamo esclamato ?oooh? vedendo volar via la Palombella dal contenitore (che oggi sostituisce l?antica crocifissione della palombella).

Non bastasse, non si sono accesi i lumini sulle teste dei Dodici: ergo, non si sarebbe manifestato lo Spirito Santo (che, infatti, se n?? volato via). Dov?? finita la Palombella?

La scena pi? bella di tutte: la colomba sul tetto del palazzo dell?Opera Pia Santa Maria, l?Opera del Duomo, la fabbriceria della cattedrale orvietana, a godersi lo spettacolo ella s? indifferente.

Sulla testa delle Autorit?, tradizionalmente affacciati sopra le teste del popolo sottostante: porporati, presidenti, primi cittadini, ospiti, invitati, infiltrati, imbucati ?

Nessun funesto presagio dunque: la Palombella ? viva e se la ride, guardandoci di sottecchi; a noi, spavaldi incoscienti umani, cos? piccoli visti da lass?.

La Palombella ? libera e se la gode, ricordandoci che al di sopra delle nostre teste c?? Lei; un debole indifeso animaletto volante, ma grande immenso come il Cielo.

Pubblicato il: 13/06/2011

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