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Ancora sul delitto di via Poma

Fausto Cerulli

Intervengo nuovamente sul caso di Simonetta Cesaroni. Ho appena letto le motivazioni della sentenza con cui la Corte di Assise di Roma ha condannato Busco per l?omicidio della ragazza. Le sentenze, come si suol dire, si appellano e non si discutono. Ma io voglio discuterne almeno su due punti. Nella sentenza si legge che il portiere dello stabile, quel Pietro Vanacore che mor? suicida (questi strani suicidi che in molti casi sono omicidi destinati a togliere di mezzo testimoni scomodi), dunque Pietro Vanacore, secondo la sentenza avrebbe visto il cadavere di Simonetta Cesaroni: ma invece di chiamare la polizia, ha chiuso a chiave la porta della stanza con il cadavere, ed ha telefonato- guarda caso- ai datori di lavoro di Simonetta Cesaroni. Nel mio precedente intervento sul caso, seguendo le indicazioni di un mio cliente piuttosto informato, avevo ipotizzato che la Cesaroni fosse stata messa a tacere in quanto venuta per caso a conoscenza di qualche traffico illecito in cui era coinvolta la Ditta per cui lavorava.  Ora, non occorre essere un criminologo da televisione, per sospettare che il comportamento di Vanacore, al tempo, sia stato quantomeno sospetto. Un portiere che di fronte ad una ragazza morta non trova di meglio che cercare di ritardare il ritrovamento del cadavere, e si affretta ad avvertire i padroni della ditta, salvo altri, mi fa pensare che sapesse qualcosa, di grave, anche perch? i portieri, a Roma, sanno sempre tutto, sin dai temi del Duce, quando erano incaricati di riferire al gerarca di turno quello che accadeva nel palazzo. I Giudici, nella loro sentenza, avanzano qualche perplessit? sul comportamento di Vanacore, ma i loro dubbi non hanno scalfito la loro convinzione sul fatto che si sia trattato di un delitto passionale. Busco, a sentire i giudici, era un violento: arrivava addirittura a mordere il reggiseno della propria ragazza. Magari sar? stato un gesto di eccitazione, non certo di violenza. Un?altra chicca della motivazione: Busco sarebbe stato inchiodato dal fatto che Vanacore, nel corso di un interrogatorio, avrebbe detto di aver visto fuggire un architetto, poi scagionato: e, guarda caso, quell?architetto somigliava vagamente, come corporatura, al disgraziato Busco. Se questa ? una prova, io sono un venditore di tappeti persiani. Ma ho deciso di occuparmi nuovamente del caso soprattutto per un motivo: il mio cliente mi aveva spiegato a pi? riprese di aver chiesto di essere messo a confronto con il Vanacore: s?, proprio con il portiere suicida o suicidato. Il mio cliente sapeva che il portiere sapeva quello che non doveva sapere. Ora vengo a sapere, proprio dalle motivazioni della sentenza, che il Vanacore ebbe a tenere un comportamento ai limiti dell?assurdo: aveva paura, ecco il punto. Ma non poteva aver paura di un ragazzo come Busco. La paura doveva essere pi? paurosa ed impaurita.

Io, lo ripeto fino alla nausea, avevo consigliato all?avvocato di Busco di citare come teste il mio cliente, ma il collega ha pensato bene di non farlo; e si ? deciso ad andare a trovare il mio cliente soltanto dopo la condanna di Busco. Il mio cliente, che magari monta le cose, ? stato interrogato dalle varie Commissioni di Inchiesta su vari delitti impuniti e clamorosi. Guarda caso, tutte storie in cui si sentiva lo zampino dei servizi segreti, deviati a meno. I miei trentacinque lettori si chiederanno per quale motivo io continui ad occuparmi della faccenda di via Poma. Il fatto ? che non sopporto che una persona che reputo innocente sia condannato a torto, e a torto marcio, con tutto il rispetto per la Corte di Assise. A convincermi a ritornare sulla questione, ? stato il fatto di venire a sapere che il Vanacore aveva visto la ragazza morta, e si era preoccupato di avvertire soltanto quelli che dovevano essere informati del fatto a suo parere. Niente polizia, hai visto mai che scopre qualche cosa che non deve essere scoperto. Allora veramente il mio cliente aveva ragione a voler essere messo a confronto con il Vanacore: forse da quel confronto poteva uscire qualche traccia effettiva sulla vera causa della morte di Simonetta Cesaroni. Ma il confronto non ha avuto luogo, anche perch? il portiere do Via Poma, nel frattempo, ? sparito dalla scena del mondo. E non mi convince affatto l?ipotesi del suicidio: di che cosa doveva essere angosciato, il Vanacore? Di aver coperto un ragazzo che aveva ammazzato la ragazza per gelosia?  No. Il Vanacore sapeva molte cose, troppe cose: e dunque viveva una vita inquieta. Sapeva di sapere troppo.

E quando uno sa troppe cose che non dovrebbe sapere, pu? anche decidersi a lasciare questo mondo di lagrime: ma in genere qualcuno gli d? una mano, nel gesto finale. La motivazione della sentenza aumenta la mia convinzione che il Busco sia innocente, e che il mio cliente, se fosse stato interrogato davanti alla giuria popolare, avrebbe potuto dire molte cose. Forse troppe. I servizi, segreti o deviati, sanno fare i servizi: questo ? poco ma ? certo. Butto di nuovo il sasso, sperando che non mi ricada sulla testa. P.S. appunto per chi volesse pubblicare questa mia esternazione: tranquilli, non ho violato nessuna norma di legge. Ho soltanto seguito una norma di coscienza.

Pubblicato il: 27/04/2011

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