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Orvieto, uno sguardo oltre la rupe

Masimo Luciani

L'annunciazione della costituzione di un Distretto culturale della Tuscia e l'incarico di Assessore all'Ambiente a Claudio Margottini, a prima vista sembrano puntare verso un maggior legame e dipendenza con la citt? e la provincia di Viterbo, cosa che ha sicuramente notevole valore ed importanza per Orvieto, sia perch? ristabilisce, anche se in parte, quello che ? il suo alveo o spazio naturale e storico di riferimento territoriale, sia perch? come approccio prospettico, contribuisce a ricercare e ritrovare una nuova centralit? politica ed economica per la citt?.

Orvieto ha da sempre, l'aspirazione ad avere una dimensione provinciale, cosa che nel recente passato, si ? scontrata spesso con le barriere politico-economiche, ma anche culturali, erette da contesti istituzionali, regionale e provinciale, sordi e cinici nei confronti delle periferie o dei territori marginali, che invece riversano la loro energia e le loro risorse nei centri principali del potere, primo fra tutti Perugia e in secondo ordine Terni. Dentro a questo quadro si sono svolte tutte le vicende recenti e passate, che hanno visto sul tavolo un incessante braccio di ferro, in molti casi, talmente spinto, da generare, in entrambe le parti, centro e periferia, effetti laceranti e devianti, soprattutto, in chiave politico ed economica. Perugia ha visto nel corso del '900 uno sviluppo eccezionale ponendosi nel contesto nazionale, ad ogni livello, come nuovo polo strategico di riferimento, condizione che per? si ? riflessa in negativo, per la devastazione del suo territorio, acciaccato in modo squilibrato da una urbanizzazione spinta e selvaggia senza grandi fili logici di connessione. Terni, d'altro canto, ha costruito una realt? metropolitana moderna intorno al suo nuovo centro economico, il distretto siderurgico e metallurgico meglio rappresentato dalle acciaierie, riuscendo ad avere uno sviluppo pi? armonico e controllato rispetto al capoluogo regionale, senza tuttavia riuscire, quasi mai, concretamente, a vestire il ruolo di capoluogo provinciale che durante il ventennio fascista le fu attribuito. Orvieto ? stato un perfetto esempio, almeno negli ultimi 50 anni, di marginalit? territoriale, riuscendo a conservare una sua autonomia politica rispetto ai centri del potere umbro, ma subendo pi? spesso gli effetti di una ripartizione squilibrata delle risorse e degli investimenti, che l'hanno costretta pi? volte a cercare riparo altrove e a rivendicare e ad ottenere spesso un ruolo ed un impegno che non le appartengono per vocazione. L'esempio pi? lampante in questo senso ? rappresentato dalle discariche di Le Crete, ottenute, conquistate e conservate con i denti non tanto nella logica di favorire uno sviluppo tecnologico e industriale nel settore rifiuti, quanto nell'ottica di contrapposizione tra poteri forti interni alla Regione.

Dal fronte rifiuti viene d'altra parte anche il migliore esempio di come Orvieto stia cercando faticosamente di ritrovare un nuovo percorso e una nuova visione politica d'insieme pi? coerente con le sue vocazioni e aspirazioni economiche e culturali. La discussione aperta in tutti i settori sociali e politici della citt? sulla opportunit? di accrescere il sito di Le Crete, manifesta apertamente tutte le contraddizioni scaturite dal ruolo ambiguo, sospeso tra ambizione e soggezione, che Orvieto ha dovuto rivestire negli ultimi decenni. Il superamento della logica di aggressione ad un territorio che ha mezzi e valori per competere sui settori pi? promettenti del turismo, dell'artigianato, delle produzioni di qualit?, ma anche di un industria a basso impatto sociale e ambientale, ? secondo me la radice dal quale pu?  maturare un periodo di risveglio o progressione per la Citt?.

La strada da intraprendere e che lascia alle spalle queste contraddizioni, ma ancor pi? le indecisioni che stanno caratterizzando quest'ultimo periodo, non ? solo densa di aspettative, ma ? difficile e complicata e richiede in ogni momento una lettura ampia e critica del contesto socio politico culturale ed economico in cui Orvieto si trova.

In questo senso le proposte avanzate fin qui, le tendenze politiche dell'Amministrazione Concina e gli argomenti di discussione che ho letto anche nei giorni scorsi sui giornali locali non mi convincono e richiedono sicuramente un maggiore approfondimento.

Non basta richiamare i fasti della storia o l'antica centralit? di Orvieto, per credere realizzato lo scopo. Il XII? secolo non ? il XXI?. all'epoca c'era Orvieto e basta: Talamone, Orbetello, Manciano, Pitigliano ed altri centri della Valdilago e del Monte Amiata, erano piccoli castelli e villaggi, immersi in lande estese impervie e disabitate, molto distanti dai centri politici principali. Siena e Viterbo, le maggiori contendenti, erano pi? distanti di Orvieto. L'economia era fondamentalmente agricola, e in quanto tale, omogenea a quella di tutto il territorio della Penisola: i valori in campo erano gli stessi per tutti. Oggi non ? pi? cos?. Oggi i valori e i pesi politici ed economici in campo sono molto diversificati e occorre prestarvi particolare attenzione.

E' su questo punto che ritengo povera l'azione dell'Assessorato alla cultura e dell'Amministrazione, soprattutto quando pongono alla base di accordi e patti con altri Enti, prospettive di sviluppo economico che non tengono conto di molti aspetti sia del contesto territoriale che extraterritoriale orvietano. Infatti a prescindere dalle buone intenzioni, mi pare che Orvieto punti sul cavallo pi? debole e distante dai suoi nuovi obiettivi. Esclusa l'area del Bagnorese e del Bolsenese, quella che ad oggi viene definita, impropriamente, l'Alta Tuscia, con le quali dobbiamo sicuramente costruire degli accordi di promozione e sviluppo, soprattutto in chiave turistica, con il resto, in particolare con Viterbo, non vedo proprio quali eccezionali opportunit? possano crearsi. La cosa mi stupisce ancor di pi? quando Orvieto fa proprie le ambizioni di sviluppo che hanno in comune Viterbo e Civitavecchia: autostrade, porto, aeroporto. Entrambe le citt? infatti gravitano da troppo ormai, se non da sempre, negli interessi della Capitale, subendone ovviamente l'influsso e la direzione di sviluppo. La Viterbo di oggi ? proiettata sempre pi? verso lo sviluppo commerciale e dei servizi e in secondo luogo industriale e tecnologico, Civitavecchia rappresenta per lo pi? un porto che avr? probabilmente sempre pi? un indirizzo di tipo crocieristico, mentre il trasporto dei passeggeri non costituir? un peso importante nella distribuzione dei flussi turistici. Questi invece continueranno a percorrere e raggiungere soprattutto in lungo l'Italia, con l'auto e con il treno. La ferrovia e l'autostrada sono strategiche per Orvieto, ma anche quella viabilit? minore in grado di permettere, attraverso itinerari stradali di pregio, di toccare i principali luoghi di interesse locale e di connettere le pi? importanti mete turistiche limitrofe.

L'aereo viene in ultimo luogo. L'aeroporto di Viterbo, ammesso e concesso che sar? realizzato, non costituisce un'opportunit? concreta, ancor pi? perch? il territorio viterbese ? fortemente carente sul piano delle infrastrutture e quelle che saranno realizzate avranno, ovviamente, priorit? verso la capitale. Il modello che prevale nella cintura del basso viterbese, oltremodo, ? basato maggiormente su una concezione di aggressione e cementificazione del territorio, che contrasta con le prospettive di conservazione, necessariamente alla base del modello economico verso cui deve orientarsi Orvieto e il suo territorio.

L'Unione dei Comuni, che sembra essere sempre pi? l'orizzonte di approdo istituzionale, soprattutto in senso politico, avr? sul tavolo anche questa problematica e la sua comprensione credo che sar? favorita dal riconoscimento e la consapevolezza, soprattutto per il Comune di Orvieto, che il territorio orvietano ha il suo baricentro spostato pi? a nord, in una dimensione caratterizzata da eccellenze ambientali, paesaggistiche, agricole che fanno il paio con l'eccellenza storica, artistica e architettonica della citt?, il centro politico-culturale, e della costellazione dei borghi dell'orvietano, proiettati tutti su una linea di sviluppo il cui principale motore ? il turismo, la cultura, il prodotto tipico.

Da qui ci si pu? accorgere che l'orizzonte di sviluppo di Orvieto, anche in termini di opportunit?, segue altri percorsi, orientati, in senso geografico, almeno su due direttrici: i flussi internazionali che si muovono in senso longitudinale ed hanno come tappe fondamentali le principali citt? d'arte italiane: Venezia, Firenze, Roma, Napoli; i flussi internazionali e nazionali orientati prevalentemente sulle eccellenze storico, ambientali e paesaggistiche, i cui principali riferimenti, rispetto ad Orvieto, sono: il Lago Trasimeno, la Val di Chiana, la Val d'Orcia, la Maremma grossetana, le Citt? del Tufo, il Lago di Bolsena, le citt? d'arte umbre. Per far capire meglio questo punto, tratto come esempio, si tengano conto, solamente come dato economico, i dati sui movimenti turistici del 2009 per le principali province con cui confina od ha una certa continuit? territoriale, l'orvietano: Perugia, Terni, Viterbo, Grosseto, Siena, Arezzo. Ci accorgeremmo che le province di Terni e Viterbo rappresentano il fanalino di coda, con appena 700.000 presenze ciascuna, di cui la met?, circa 600.000, sono rappresentate dai flussi verso Orvieto e verso il Lago di Bolsena. La provincia di Grosseto segna appena 6 milioni di presenze che se si escludono i vacanzieri del mare, diventano 2 milioni: sempre tanti considerando che l'area di Pitigliano, Sorano, Manciano, Saturnia segna valori intorno alle 500 mila presenze.  Ma i numeri primi sono ben altri: sono quelli del Senese e della Val di Chiana, sono quelli del Trasimeno e del Perugino. Per limitarci alla provincia senese, basti sapere che l'area dell'Amiata e la Val d'Orcia segnano pi? di 600.000 presenze; la Val di Chiana, compresa Chianciano Terme, tocca punte di 1,5 milioni di presenze. Nel Trasimeno invece si raggiungono gli invidiabili valori di 1 milione di presenze, le stesse che toccano al capoluogo regionale, Perugia. Sono forse questi gli orizzonti verso cui Orvieto deve aprire le porte, deve costruire accordi di promozione, deve sviluppare rapporti di scambio, deve realizzare reti e connessioni, deve investire in termini di immagine e servizi? Ecco! lascio al fine questa domanda. Una di quelle che mi faccio spesso quando punto lo sguardo oltre la Rupe.

 

Pubblicato il: 25/01/2011

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