Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
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L'Orvieto che vorrei

Fausto Cerulli

Metti che uno, a bruciapelo senza la lupara, ti dice a te come ti piacerebbe Orvieto? La prima cosa che ti viene in mente ? pompei minuscola che grazie al rutto del Vesuvio ? diventata maiuscola; una bella lavata di lava e gli orvietani del quattromila saranno ricchi vendendo le patacche con le nostre foto, portando a spasso i marziani in comitiva astronovale. E gli fanno vedere il duomo quello nuovo ch? quello vecchio se l?era venduto l?opera del duomo; e gli fanno visitare il municipio che quando l?hanno ripulito dai lapilli c?era ancora cimicchi vivo e vegeto, magari con il ciuffo un po? pi? bianco ma sempre pronto e creativo e che ti inventa un gemellaggio con il satellite rosso rosso di Marte, e ti avvelena la stratosfera a botte di slowfood e di cardeto che sotto la lava svina come il pane che spana sotto neve. La guida guida poi i marziani a quello che nel duemila si chiamava palazzo vescovile; e non si trova il calco in lava di monsignor Lucio Grandoni che a Orvieto non c?? stato mai: e che si salv?, come ricorda Plinio cinquantunesimo nel forum del cultum che sarebbe il buco del culto,perch? era rimasto a Todi un po? per clelia (tanto per dire un nome) e un po? per non morire avvescovato. Nei ruderi dell?opera del duomo, gi? distrutti e rasi al suolo per via di certe lotte intestine tra monadi riccetti e filippeschi e carpinelli, i visitatori potranno ammirare gli uccelli di livio orazio tacito gi?venale valentini, tacito poco e in compenso venale quasi come il succitato Grandoni; nonch? le ceramiche di mastro paolo che in saecula saeculorum hanno sub?to una evoluzione di gran conto,accrescendo il numero dei cerchi e calando quello delle botti. E in magazzino, ancora intatte le tette di una donna sconosciuta, intatte come dio le aveva fatte insieme a san ciconte. In quella che fu la via del duomo vecchio, prima del grande furto dell?uomo del duomo, i visitanti potranno ammirare le famose ceramiche orvietane in stile derutiano, sempre attuali perch? fatte con il gres dei coglioni per i visitatori coglioni di per s? e rincoglioniti dal solido solito cardeto, invecchiato per tremila anni e sempre fresco come l?acqua di fonte con cui veniva allungato quel vino orvietano del giappone. L?ospedale, ricostruito duecento volte prima del?eruzione (della serie che i costruttori tengono famiglia e i metallurgici, berlusconi docet, ingrossano le schiere degli infermieri e fanno le iniezioni con il trapano) mostra le sue vestigia a cinquanta chilometri da Orvieto: fu una delle ultime pensate della Asl o Usl che tanto ? un casino lo stesso: ospedale lontano, orvietano sano. Narra sempre quel plinio, di cui ho detto, che in quel giorno maledetto il personale medico e paramedico e paraculo sfugg? alla colata funesta, per via che c?era uno sciopero di protesta contro qualche protesta tanto per fare festa. Gli ammalati, in assenza del personale, fecero un pensierino alla sopravvivenza: ma quel che non fecero i medici lo fece la lava. Quando dice male anche a chi sta gi? male. Sembra che Cardinali si sia salvato perch? stava all?oasi di Alviano, Filippetti perch? stava a contare i licenziati della comunit? montana. L?Itelco, infine, sfugg? alla lava perch? non c?era e non c?era mai stata. Sempre quel plinio, infine, narra che un certo Cerulli ebbe salva la vita perch? come il fanciullo pascoliano, era intento al solito trastullo di pazzeggiare on line.

Pubblicato il: 14/12/2002

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