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CHIODARE, INCHIODARE, SCHIODARE. Declinazione dei verbi del PD

Mario Tiberi

Da quando ? nato, se mai ? nato, il Partito Democratico patisce la fatica di misurarsi con le gioie, limitate, e i dolori, molteplici, di un impegnativo ed aspro confronto interno; tale condizione ? apparsa, fin da subito, quella che pu? essere definita la ?anomala e insieme normale instabilit?? della sua esistenza politica.

Mi sono sforzato, e con me altri irriducibili testardi come me, di offrire voce alla richiesta di una vasta platea di elettori e militanti che hanno avvertito, avvertendola tuttora, l?urgenza di aprire una spietata riflessione collegiale sul destino futuro del partito stesso.

A forza di graduali, mordaci e spesso ambigue correzioni di linea politica, il progetto di un moderno ed avanzato riformismo ? andato via via sfiorendo: tanto ? vero ci?, che invece di essere al centro di una ampia operazione di ricucitura dei bisogni e delle attese degli italiani, il messaggio dei Democratici ha riflesso solamente le inquietudini che serpeggiano ovunque, senza per? accompagnarle con una limpida selezione degli obiettivi strategici da perseguire.

Pi? si esalta la ?ars combinatoria? tendente a fondare la costruzione di una diversa maggioranza di governo, meno si espande verso il PD la fiducia dell?elettorato, soprattutto di quello di confine tra le due opposte coalizioni.

Nell?aggrovigliarsi su se stesso, lo sbocco inevitabile per il PD ? stato l?approdare verso riesumate forme di integralismo, all?interno delle quali, si raffigurano risposte sbagliate alla pur giusta esigenza di modificazione dell?attuale, fantomatica perch? non convincente, linea neo-socialdemocratica. Non si esce cos? dalle difficolt?!.

Un Partito, che si autoproclama progressista, se ? incapace di porsi al centro del cambiamento regala, automaticamente, al conglomerato di centrodestra lo spazio per assolversi dalle sue strutturali inadempienze e, alla fine, se delega qualcun altro a presidiare il centro stesso ratifica di fatto il suo insuccesso o, addirittura, l?implausibilit? della sua originaria esperienza riformista.

Come pure, al rovescio, le tergiversazioni di una sinistra, che simula di quando in quando una generica opzione di centro, si riducono a malapena a mettere in scena un incolore pasticcio.

Il problema ricade all?interno di un nodo mai sciolto e, cio?, che le finte spinte propulsive del Partito Democratico non possiedono capacit?, per divenire vere e credibili, di collegamento organico alle esperienze del principale riformismo reale che ha saputo, storicamente, conquistare una sua duratura centralit? negli equilibri politici della nostra Italia: vale a dire il riformismo popolare d?ispirazione cristiana, valido anche per i non credenti.

Sono consapevole che codesta, per certi versi irregolare, sensibilit? s?impantana spesso e volentieri nei giochi del vaniloquio pubblico. Tuttavia, pi? si avvicina la fine di una stagione di governo, pi? riemerge una robusta domanda di rigore e responsabilit?, un energico soprassalto di coscienza e di coraggio. In questo tempo di transizione, il realismo cristiano non chiede di sacrificare l?utopia al feticismo della moderazione, ma di pensare alle ragioni di una politica capace di edificare una ?citt? di globale vivibilit??, termine e misura della umana istanza di libert? e di giustizia.

Non pu?, allora, che esistere un partito che sappia superare il complesso di avere numerose ed antiche radici culturali e politiche, ma che sia invece maturo e cosciente della forza profonda di quelle radici e della loro attitudine a generare nuove proposte e nuovi dirigenti all?altezza dei compiti ad essi affidati.

Nuove proposte e nuovi dirigenti!.

Mi scrive dal Piemonte l?amico a me carissimo Vittorio Annovazzi, sostenendo risolutamente che la ?casta del PD, a tutti i livelli, non si schioda e non mostra alcuna intenzione di schiodarsi?.

Hai perfettamente ragione, Vittorio: a Roma, come a Perugia, come a Orvieto, la storia ? sempre la stessa e il popolo democratico non ? ammesso a varcare la soglia, oltre la quale vi ? l?agognato e sospirato cambiamento nei metodi e nella dirigenza della politica.

Ti basti sapere, e il particolare potrebbe sembrare insignificante mentre ? estremamente significativo, che l?ex Coordinatore cittadino, come se nulla fosse accaduto, continua ad occupare stabilmente il locale destinato all?ufficio del Segretario, inchiodato come non mai alla poltroncina di comando con ben saldo in mano il timone della barchetta, perch? di risicata barchetta a stento galleggiante si tratta.

Illustre semi-segretario Mariani, se non Le viene nemmeno riconosciuto il diritto all?utilizzo fisico della stanza segretariale, come pu? pensare di esercitare appieno il diritto alle funzioni di guida politica?. Lei ha affermato, in una recentissima sua dichiarazione, di volersi smarcare dai ?vecchi maestri? e, invece, ne ? condizionato fin nei suoi pi? modesti movimenti.

Il PD avrebbe assoluta necessit? di chiodare i suoi scarponi perch? il sentiero della montagna da scalare ? impervio e irto di insidie, ma per non volersi schiodare rimane, qui e l?, inchiodato e fermo al palo.

Pubblicato il: 06/01/2011

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