La Renara. Tra politica e polli colorati
di Roberto Minervini, vicepresidente APE
?De Ars Venandi cum Avibus? scriveva quel grande uomo di cultura che ? stato Federico II, ?De Ars Venandi?? ?Sull?arte della caccia?? diceva appunto Federico, gi? nel tredicesimo secolo, a proposito del suo ?manuale? in cui insegnava (ed insegna tuttora!) a cacciare con i falchi.
La caccia quindi vista come arte o almeno come quell?insieme di conoscenza, dedizione e sentimento che unisce le menti e scalda i cuori attorno ad un sentire comune. Ma pu? la caccia, ancora oggi, definirsi un?arte? Non ci sono dubbi: certamente no! O almeno non da noi. La caccia nel nostro Paese non pu? sicuramente aspirare ad avere un ruolo di alto rango fra le discipline che possono crear svago all?uomo in quanto, a nostro modesto ma risoluto parere, sono ormai troppo decadute quelle conoscenze ?artigiane? se non artistiche che sottendono alla capacit? di eccellere in una determinata disciplina. Come pu? esserci arte senza conoscenza?
In Paesi che la pensano diversamente da noi come
Questa logica, sempre a nostro modesto parere, non fa una grinza a meno che non si voglia facilmente immaginare che una fucilata sia pi? pietosa di un archetto, dimenticando quante non poche sofferenze pu? generare una fucilata maldestra in un animale ferito. Forse, a questo proposito, vale la pena ricordare quanto asserisce un noto professore di Ecologia dell?Universit? Federico II di Napoli il quale spiega, a stupiti studenti cittadini, che in Natura la morte giunge quasi sempre in maniera violenta. Il lento declino di un animale, magari sostenuto dai propri simili, ? noto solo per l?uomo. Probabilmente Walt Disney ed il suo cartone animato pi? famoso ?Bamby? hanno fuorviato un?intera generazione contribuendo a scardinare quella conoscenza, o meglio quella cultura, che ci legava alla terra e al territorio e di cui la caccia, con i pi? sani principi di allora, faceva parte integrante.
In questo contesto di incultura nascono quindi questioni come quella dell? area di ripopolamento della Renara dove un manipolo di cacciatori ne rivendica l?apertura alla caccia.
La nostra Associazione, che ormai da tempo si batte per la salvaguardia paesaggistica ed il miglioramento della qualit? della vita nel comprensorio di Orvieto, ha deciso di prendere posizione sulla questione in quanto riteniamo che l?apertura all?attivit? venatoria dell?area della Renara costituirebbe un ulteriore vulnus alla dequalificazione del territorio.
A causa infatti della cattiva gestione dell?attivit? faunistico-venatoria nell?intero comprensorio l?apertura della Renara non servirebbe assolutamente al miglioramento dell?attivit? venatoria. L?apertura infatti di aree in qualche modo interdette all?esercizio venatorio genera un beneficio per la caccia solo in maniera fortemente temporanea. Come i cacciatori ben sanno ci vuole molto poco, specie poi con controlli praticamente inesistenti, a spopolare un?area. Dopo una ?ubriacatura? iniziale, a vantaggio perlopi? dei cacciatori maggiormente dotati di tempo libero,
Evidentemente la gestione delle risorse faunistiche naturali ? materia complessa che non pu? essere praticata in maniera estemporanea o clientelare o per avere risonanza politica sul territorio.
Alla cronica impreparazione di molte Amministrazioni preposte alla gestione della caccia e della pesca si aggiunge quella della massa informe dei cacciatori, relegati per troppi anni in posizioni difensive, annichiliti dai colpi inferti dagli ambientalisti che hanno trovato nei cacciatori un comodo bersaglio per vincere facili, ma appariscenti battaglie politiche ignorando, probabilmente per calcolo politico, le grandi e sostanziali convergenze che avrebbero potuto unire ambientalisti e cacciatori (e pescatori) contro i veri nemici dell?ambiente quali l?inquinamento, l?abusivismo edilizio, l?elettrificazione senza rispetto del paesaggio, le cave, l?eccesso di chimica in agricoltura, il dissesto idrogeologico e, purtroppo, tanto altro ancora.
Come ci si pu? quindi stupire che risorga ancora un banale e potremmo definire primitivo contendere tra ambientalisti e cacciatori. Ancora una volta un tiro alla fune puerile su un problema che non c??. La caccia ? questione, in Umbria specialmente, di troppo largo interesse ed i contesti locali in cui sorgono ripetute querelle sono solo le avvisaglie di un malessere generale che coinvolge la gestione globale della caccia nella nostra Provincia.
Nel nostro comprensorio si commettono ancora errori gestionali madornali, ormai aboliti altrove. Da noi per effettuare i ripopolamenti di fagiani, pernici o altro (senza neanche troppi scrupoli di introdurre specie alloctone come
Povero Konrad Lorenz, il grande premio Nobel dell?Etologia si rivolter? nella tomba a sentire che misera fine hanno fatto le sue fondamentali scoperte sul comportamento animale.
Per migliorare il livello dell?attivit? venatoria riteniamo quindi che sia indispensabile tentare di ottimizzare le risorse finalizzandole al risultato e se si vuole offrire pi? territorio alla caccia libera queste aree non vanno requisite fra quelle interdette alla caccia, che comunque svolgono un sano ruolo di irraggiamento faunistico nelle aree limitrofe di selvaggina ?vera?, basterebbe invece approfondire come vengono gestite le riserve faunistico-venatorie del comprensorio per verificare se effettuano i ripopolamenti previsti e se si attengono scrupolosamente alle prescrizioni previste in materia, probabilmente non sempre ? cos?. Non si comprende infatti come mai attraversando una riserva di caccia in Toscana si vedono spessissimo fagiani al pascolo, mentre attraversando le riserve della nostra Provincia la visione di un fagiano o di una starna ? un evento che desta profonda emozione per la sua unicit?. Ebbene, volendo ricordare che la funzione delle aziende faunistico-venatorie non ? solo quella di sottrarre territorio a molti per il vantaggio di pochi, suggeriamo che siano questi i territori da aprire alla caccia libera, si otterrebbero cos? due vantaggi: soddisfare le richieste di chi spera nell?ampliamento del proprio ambito venatorio ed eliminare una presenza parassitaria che favorisce pochi privilegiati non rispettosi delle regole.
In questo ci aspettiamo precise prese di posizione da parte dei politici e dei funzionari preposti, il tema ? stimolante e un operare fattivo per affrontarlo, nell?interesse pi? generale e di sicuro e ampio riscontro, sarebbe foriero di consensi e di partecipazione dei tanti interessati.
A questo proposito c?? da aspettarsi comunque che anche i cacciatori escano dalle loro tane, sarebbe bello rivederli nei vecchi ?Circoli della caccia? dove si giocava a carte e a biliardo e si raccontavano episodi, tra il vero ed il faceto, delle giornate di caccia.
Serate serene e rilassanti che aiutavano il vivere quotidiano e consentivano quegli scambi di opinioni e di informazioni di cui oggi si sente forte la mancanza. Le Associazioni venatorie hanno ormai completamente perso il contatto con i loro rappresentati, sono sostanzialmente diventate delle agenzie di assicurazioni, contano i propri affiliati in base alle polizze. Ma quali sono i momenti di confronto? A parte qualche pranzo e qualche sagra paesana non c?? dialogo, non c?? partecipazione.
Forse a molti sta bene cos?, ma la caccia, se la si vuole gestirla bene, ? soprattutto, oggi pi? che mai, gestione territoriale fra agricoltori e cacciatori, con la partecipazione delle Associazioni che ne raccolgono le istanze. Non si ha l?impressione che nel nostro comprensorio la caccia venga gestita in questo modo, di conseguenza, per trovare un fagiano vero e non un pollo colorato o una lepre perfettamente inserita nel suo giusto territorio bisogna aprire la Renara e chiss? quale altra area preclusa dove
Non dimentichiamo per? che il suo respiro ? la vita per tutti noi.
Pubblicato il: 04/12/2010