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Ricordo di don Marcello

Giampaolo Smuraglia

Negli ultimi tempi che avevo casa a Orvieto, don Marcello veniva talvolta a trovarmi perch? gli piaceva fare quattro chiacchiere sfogliando uno dei cinque o sei volumi del Grande Dizionario della Lingua Italia che fino ad allora erano usciti. La sua curiosit? di linguista tutt'altro che dilettante poteva esercitarsi non oltre le parole che cominciassero, mi pare, con GRAU, ma, seppure cos? terribilmente monco, quel dizionario era per lui una fonte quasi inesauribile di scoperte: don Marcello riempiendosene golosamente la bocca, di una parola assaporava il significato , l'etimologia, l'uso , gustandola come si pu? gustare un vino di cui si riescano ad apprezzare gli aromi, i sapori e i sentori pi? nascosti, quelli che ne rivelano la storia e la terra di origine. Un altro mio ricordo di don Marcello - anche questo attinente alla capacit? che aveva di accostarsi alle grandi cose partendo da dettagli apparentemente minimi ? risale al concerto con cui, in duomo, il maestro Germani inaugur? l'organo dopo il restauro. Don Marcello mi invit? a seguirlo sotto la seconda colonna di destra: ? il punto migliore per l'ascolto, mi disse. Era vero e ulteriore conferma ne ebbi riascoltando i brani che di quel concerto avevo registrato. Ma oltre che miglior punto di ascolto quella colonna, quasi in fondo al duomo, era lontana dalle prime file, il posto appartato che don Marcello ha sempre cercato per s?, pur senza mai defilarsi dagli impegni veri e dalle incombenze della vita.

Conservo vivo nella memoria il racconto che mi fece una volta di quando, ancora seminarista, nei momenti bui e tragici che precedettero e seguirono il passaggio del fronte, portava qualcosa da mangiare agli antifascisti (prima) e ai fascisti (dopo) nascosti nell'oratorio della Misericordia: per avvertirli del suo arrivo don Marcello fischiettava un motivetto, non ricordo quale, lo stesso comunque per gli antifascisti e per i fascisti. Sia prima, ma soprattutto dopo, con la sua cristiana coerenza e con la sua ?mole? personale, don Marcello garant? l'assoluta inviolabilit? dell'oratorio della Misericordia.

La prima volta che ho visto don Marcello, diciamo cos?, in azione ? stato verso la met? degli anni '50 il pomeriggio d'una vigilia del Corpus Domini, in vescovado, all'incontro dei rappresentanti dell'azione cattolica con il cardinale venuto a presiedere le celebrazioni. Il vescovo Pieri stava per rivolgere il suo saluto al cardinale Eugenio Tisserant quando in fondo alla sala, rosso in faccia e con i capelli tutti scompigliati, apparve don Marcello. Il cardinale disse qualcosa al vescovo e il vescovo disse forte ?E' il nostro don Marcello tutto scapigliato...?. Don Marcello con la sua bella voce, e con gli occhi che gli ridevano, disse al suo vescovo ?Eccellenza, se avesse corso quanto ho corso io oggi sarebbe anche lei scapigliato come me...?. Il cardinale Tisserant, che era - mi sembra - il decano dei cardinali, rise di gusto e volle don Marcello accanto a s?. Ora che ci ripenso non sono sicuro se don Marcello abbia detto ?scapigliato? e non ?spapilato? come avrebbe potuto dire con l'uso colto che sapeva fare dei termini dialettali, utilizzandoli cio? per colorire o rendere pi? precisa una frase.

Don Marcello aveva un talento che ha sempre messo a frutto, come si deve fare con i talenti che si ricevono in dono, in ogni momento e in ogni situazione della sua vita: la leggerezza, una dote che era di pochi e oggi ? di pochissimi.

Nel paradiso dove ? andato ci sar? senz'altro una cattedrale dove trovare, sotto una colonna lontana dalle prime file, il posto ideale per ascoltare la musica. E da qualche parte, in questo paradiso, ci sar? anche una libreria con tutti e ventuno i volumi, pi? i supplementi e le appendici, del Grande Dizionario della Lingua Italiana. Me lo immagino don Marcello che si gusta, con gli occhi che gli ridono, tanta musica e tante parole. C'? quasi da invidiarlo.

Pubblicato il: 11/11/2010

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