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Sinistra. Viva la faccia di quando comandava qualcuno

Fausto Cerulli

Viva la faccia di quando a sinistra comandava qualcuno, anche se lo faceva per fare gli interessi propri e poi quelli del popolo. Ma almeno era una sinistra governata. Nel senso che se dovevo parlarne male, da sinistra come ho sempre fatto, sapevo con chi dovevo prendermela: Fosse Cimicchi? filza bianca?o Mocio sagrestano. Leggo i resoconti del Congresso per la nomina dei nuovi dirigenti; non sono resoconti di una riunione politica, ma piuttosto di una battaglia cruenta. Vengo a saper che si ? arrivati al Congresso con il vecchio stile delle candidature dettate dall?alto, con buona pace della sbandierata volont? di riformare le leggi elettorali, che se si debbono riformare vanno riformate ad ogni livello. Ringrazio Zambelli, che mi conferma, in un corsivo apparso su questo stesso giornale on line, che nel PD si scontrano, per modo di dire, i seguaci della linea Bersani e quelli della margherita. Buono a sapersi: aria nuova, pensieri freschi, volont? di cambiare. Un certo Mariani, eletto con una maggioranza risicata: sarebbe un buon segno, se significasse che nel PD orvietano funziona una sana dialettica politica. Due idee che si confrontano, con chiarezza di proposte: sarebbe l?ideale quantomeno per fare l?autocritica: non tanto sull?ultimo fiasco elettorale, quanto sulle motivazioni decennali di questo fiasco. Invece la dialettica non ha riguardato le linee, ma le correnti, e le persone legate alle correnti; correnti che oramai sono ridotte a fiumiciattoli. A quel che leggo, Mario Liberi ha cercato di scompaginare i giochi precotti; si ? autocandidato,  e non credo che lo abbia fatto per ambizione personale: lo considero troppo intelligente per pensare che abbia pensato di rovesciare il tavolo d gioco; lo ha fatto, e giustamente, per dimostrare che i tavoli politici si apparecchiano nel corso dei Congressi, e non si presentano gi? apparecchiati, con le sedie riservate, le forchette pronte ad arraffare, i coltelli falsamente affilati. Direi che la provvida sortita di Tiberi sia sta l?unica nota nuova di un vecchio canovaccio. La mia prima impressione ? che Cimicchi, saldamente assestato sulla poltrona di presidente dell?Ente Regionale per Il Turismo, e non ? poltrona da poco, si stia disinteressando delle piccole vicende politiche locali: Mocio, per parte sua, si ? beccato una poltrona di assessore provinciale, che ai tempi della Stella, valeva quattro poltrone di Sindaco. Stando cos? le cose, uno poteva pensare che i politici locali della sinistra poco sinistra, avessero le mani libere per cominciare da capo, intendendosi per capo la testa, e per testa la ragione. Invece niente di questo. Qualche avvisaglia si era sentita, quando il Ad aveva deciso di cacciare dal Partito chi non condivideva le idee guida, che erano guida e non erano idee. I consiglieri silurati avevano commesso l?infamia di approvare il bilancio della giunta Concina; allora era scattata la molla sciocca dell?orgoglio di partito, della ?appartenenza?.  Ai dirigenti del PD non ? passato neppure per la coda di dare un?occhiata al bilancio, e men che meno di opporre una diversa linea di politica economica. Io non sono, per sciagurata vocazione, una persona incline ai compromessi: ma credo che in un momento di crisi, ai limiti del commissariamento, un compromesso fosse inevitabile. E se qualcuno mi volesse rinfacciare di tradire con questo le mie idee, vorrei ricordargli che un certo Lenin parlava di un passo avanti e due passi indietro. Non credo, per fare un macro esempio, che Obama abbia tradito il suo elettorato quando ha chiesto ai repubblicani di collaborare con lui per salvare il salvabile. Quando la nave affonda, i topi scappano. Ma gli uomini che vogliono definirsi politici non dovrebbero essere topi; e dovrebbero adoperarsi a tappare le falle della nave per evitare il naufragio. Volendo fare un paragone con la vecchia situazione della sinistra, mi viene in mente  che al male esiste rimedio, al vuoto No. Lo dico con amarezza; riconfermo una mia opinione spesso criticata: Concina sarebbe il primo ad essere soddisfatto se esistesse una opposizione compatta, con cui dialogare: un Comune in crisi come quello di Orvieto ? una patata bollente da pelare; e Concina avrebbe tutto l'interesse di avere occasioni di confronto, anche dure, anche pesanti, ma non pregiudiziali. E insisto su un'altra mia fissazione: sono convinto che esista in  Orvieto una realt? di giovani che si tengono lontani dalla politica perch? la politica si tiene lontana da loro, li emargina, nel migliore o peggiore dei casi li sceglie nel mazzo per darsi una riverniciatura, ma si guarda bene dal coinvolgerli nelle decisioni che contano.  Concina ? un liberale, non un conservatore: anche perch? ha abbastanza esperienza da capire che ad Orvieto non c?? nulla da conservare. Anche un principiante di sinistra dovrebbe capire che un liberale deve essere un avversario, e non un nemico. I nemici veri, per qualsiasi sinistra, sono i conservatori: ed i conservatori abitano in tutti gli schieramenti, lo dico senza piet? e con la delusione di sempre. Scusatemi se cito ancora Lenin: per lui i nemici veri erano i rinnegati, i trasformisti, i saltimbanchi della politica. E Lenin vinse la sua battaglia, anche se la guerra non fu vinta come si poteva e si doveva, proprio cercando il confronto con i liberali di allora, che erano antizaristi come lui. Non pretendo che la cosiddetta sinistra divenga la pezza d?appoggio della gestione Concina: pretendo soltanto che a sinistra si ragioni sul fatto che non ? combattendo Concina che si risolvono i problemi di Orvieto. Il fatto ? che la sinistra, nel suo ormai indiscutibile marasma, ? convinta di poter esistere soltanto se ha un nemico da battere: e se il nemico non ? un nemico del popolo, ma soltanto un nemico della dirigenza del PD, tanto meglio, secondo questi cervelli scervellati. Si ripete il copione nazionale: il Partito democratico ? ormai una gruviera che sa di muffa. Ed ? disposta a tutte le alleanze, anche con un fascista come Fini o con un democristiano di stampo andreottiano come Casini, pur di dimostrare a se stesso che esiste. Cari compagni, se la parola non vi offende, dovreste avere il coraggio di esistere, che ? pi? difficile che resistere. Ed esistere, in politica, significa, stare sul posto, capire che bisogna c?gliere i problemi reali, abbandonare le meschinerie autoreferenziali per aprirsi al confronto. Altro che espulsioni di tipo stalinista: prima di espellere chi ha votato il bilancio di Concina, sarebbe forse stato necessario capire perch? questi cosiddetti indegni si erano decisi a quel voto. La politica ? l?arte del compromesso, lo sappiamo, ma il compromesso, e sempre mi riporto al mio Lenin, non ? un cedimento, ma una strategia.

Pubblicato il: 05/11/2010

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