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Al nuovo vescovo di Orvieto, lettera aperta di cuore

Fausto cerulli

di Fausto  Cerulli

 

Monsignore, Lei non mi conosce, ovviamente, ed io non conosco Lei, anche se darLe del Lei alquanto

attrista il mio francescanesimo terziario. Le scrivo questa lettera  da laico impertinente perch? non penitente. Io ebbi assai caro un suo predecessore, quel Dondeo con cui prendevo insieme un caff? con i biscotti appena cotti dalla perpetua che era sua sorella. Della serie che quid curia cura pro se optimum est. E di Dondeo ricordo come ebbe a riprendere con episcopale violenza il suo segretario  che alle due di notte si rifiut? di accogliere un senza tetto e senza  cibo. E   la mattina dopo io raccontai  l?accaduto a  Dondeo mentre prendevamo il nostro caff? mattutino ed extra confessionale. E il buon Dondeo  fece venire il suo segretario e teneramente lo redargu? per essersi fatto invano ricordare da un mangiapreti come me il principio per  cui  la casa del vescovo ? sempre aperta ai poveri,  essendo la casa di Cristo sul territorio. Poi sempre  Dondeo, quando seppe che stavo per sposare mi disse che sarebbe stato contento di presenziare sicuti notarius quidam ad uno dei pochi sacramenti autogestibili. Ed io, mentre come al solito NON gli baciavo l?anello, non ebbi coraggio di dirgli che io e la mia compagna ci saremmo sposati con il solo rito civile. E quando lui lo seppe, non mi

tratt? da  concubino scomunicando, mi disse soltanto io benedico comunque la tua unione, ma resti una benedizione alla Belli, una bedizionaccia lesta lesta.

I miei rapporti con il vescovo a cui Lei succede furono davvero frammentari. Una sua lettera in replica a d un mio articolo in cui lo accusavo di aver gestito poco alla Cristo certi fondi antiusura.  E lui che mi scriveva che non mi avrebbe denunciato in nome di una sua professione di perdonanza. Ed io che gli risposi che mi denunciasse pure, io avrei esercitato la mia professione di avvocato. Poi don Italo, il diplomatico

di curia, si adoper? per una pacificazione e pace fu, senza  vincitori n? vinti.

Di Lei so che ? boss, absit iniuria verbis, degli agostiniani. E allora  come umile leguleio dei dintorni di Orvieto, mi permetto di darLe il bentornato a nome di quell?Ugolino da Orvieto che fu vero conoscitore di diritto e che scrisse, da agostiniano culturalmente laico e da laico addottrinato alle finezze de utroque jure, gli Statuti dell? Universit? di Bologna. Mi creda, monsignore, non vuole essere, questa una citazione dotta.

E? solo una incitazione laica. Lei pu? fare promozione nella zoppicante cultura orvietana: e ben venga la sua agostiniana mancanza di scrupoli bigotti. Almeno spero: io rester? miscredente, ma Lei si avr? un indegno estimatore.

Pubblicato il: 12/01/2004

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