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Gi? dalla Rupe

Pier Luigi Leoni

Caro Direttore,

nel dicembre del 1981 usc? sul ?Comune Nuovo? questo mio articolo che purtroppo mi sembra ancora d?attualit?. Poich? esso fu pubblicato a nome della redazione, della quale eri parte autorevole, tu lo condividesti. Se lo condividi ancora, ti prego di pubblicarlo ad uso, e spero a conforto, di chi soffre troppo.

Pier Luigi Leoni

 

 

Un salto dalla rupe. Un rapido volo senz?ali. Uno schianto sordo e breve. Un corpo umano senza vita. ? accaduto pi? volte quest?anno a Orvieto e troppe volte accade da alcuni anni. La piet? sincera dei concittadini si stempera nella ricerca di una spiegazione. Era malato, soffriva di esaurimento nervoso, non ha retto a una crisi depressiva acuta. Anche il fascicolo personale dell?ultimo suicida, con acclusa una perentoria diagnosi, viene archiviato nella memoria, e si spera di vederlo presto coperto dalla polvere. Cos? cerchiamo di sfuggire al pensiero che un giorno chiunque di noi potrebbe trovarsi sul ciglio della rupe per cercare sollievo a un?insopportabile disperazione.

Sinceramente, dobbiamo fare uno sforzo su noi stessi per renderci conto con una certa lucidit? degli abissi di disperazione che inducono alcuni a darsi una morte rapida; ma che affliggono moltissimi altri, i quali o trovano il coraggio di lasciarsi morire lentamente ogni giorno oppure non hanno nemmeno la forza per un gesto tragico e definitivo.

E infatti il mistero del dolore ci atterrisce. Cerchiamo di confinarne le manifestazioni pi? laceranti nella falsa prospettiva del patologico, dell?eccezionale, dello strano a cui ci si pu? sottrarre con l?aiuto di bravi medici, con la garanzia d?un buon equilibro psichico e, magari, con un po? di fortuna. Di fronte al dolore, e specialmente al dolore dell?innocente, sentiamo pi? acuto il bisogno di Dio; se non altro per bestemmiarlo, come ?il vecchio con la barba bianca che lascia soffrire i bambini?. Sappiamo che la prospettiva del cristiano ? diversa e unica nell??mbito delle filosofie e delle religioni. Sappiamo che il Cristo non ha soppresso la sofferenza; non ha neppure voluto svelarne completamente il mistero: l?ha presa su di s?, e questo ? abbastanza perch? ne comprendiamo tutto il valore. Sappiamo, come dice Claudel, che, davanti al male, Ges? non d? una spiegazione ma attua una presenza; non distrugge la croce, vi si sdraia sopra. Sappiamo queste cose, anzi le leggiamo con la relativa freddezza che in fondo c?ispirano le paludate riflessioni teologiche.

Ma per sentirci pi? vicini ai nostri fratelli suicidi, a coloro che hanno patito una disperazione senza fondo e senza confini, ci ? di maggiore aiuto ricordare la frase  che santa Teresa di Lisieux, una suorina dolcissima morta a ventiquattro anni fra sofferenze atroci, diceva alla superiora: ?Se avr? delle malate in preda a dolori atroci, badi di non lasciare loro accanto medicine velenose, perch? le assicuro che quando si soffre cos?, basta un istante per perdere la ragione?.

La rupe ? da sempre, per gli Orvietani, quella medicina velenosa.  

Pubblicato il: 01/09/2010

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