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NOTIZIE CORSIVI

Nuovo PDL a Orvieto: istruzioni per l?uso

Leonardo Riscaldati

Ho letto la notizia dell?ormai prossimo passaggio di consegne ai vertici del PDL locale. Nell?articolo ho letto anche della necessit? manifestata dalla direzione regionale del partito di creare un gruppo dirigente rinnovato ed autorevole. Mi sembra una buona notizia, senz?altro un buon inizio.

Per? attenzione, perch? ? e a prescindere da questo caso - non di rado sento dire, e basta ascoltare ad esempio le varie trasmissioni di approfondimento politico, che si deve fare questo, si deve fare quello, che la politica deve tornare ad essere una certa cosa, che ? necessario che cambino tali costumi, che si rinnovino talaltri etc. Chiacchiere, niente di pi?. Spesso la scoperta dell?acqua calda. De la serie: ?Ma daje!?

La Politica significa ovviamente pensare, riflettere, confrontarsi ed immaginare il futuro. Ma oggi pi? che mai essa significa soprattutto fare, agire, operare. Cambiare le cose. E farlo con una buona visibilit?. Perch? se da un lato ? vero che l?azione senza pensiero ? priva di significato, ? caos, se non addirittura dannosa, ? altrettanto vero che il pensiero senza azione non serve a niente. Diventa solo gioco allo spacco del capello, una ?pippa mentale?, direbbe qualcuno, una mera elucubrazione che non cambia le cose. Mai.

Insomma, le due cose sono complementari, vivono di un rapporto dialettico, e l?una senza l?altra non ha ragione di esistere.

A dire cosa si dovrebbe fare sono ? pi? o meno ? capaci tutti. Basta avere un minimo senso di equilibrio ed una moderata conoscenza del mondo. La cosa complessa, ma l?unica che sia di una qualche utilit? pratica ? capire ?come si deve fare per fare quello che si deve fare?. E poi farlo.

Vorrei fare qualche proposta, che rivolgo ai futuri dirigenti del PDL locale, in quanto simpatizzante del partito, ma che credo sia estensibile alla politica in generale. Per molti aspetti mi sembra scontata, ma se mi guardo intorno, se guardo all?attivit? politica a cui assisto ogni giorno, non ne ho quasi mai visto la concreta attuazione. E ritengo anche che pi? si procrastiner? la sua attuazione, pi? la politica si staccher? dalla societ? civile e continuer? a perdere progressivamente credibilit? e fiducia, soprattutto nella societ? attuale dell?informazione, dove le voci circolano ed il passaparola ? velocissimo e dirompente. Oggi non si pu? pi? barare, perch? si viene puniti. E la fiducia una volta compromessa ? difficilissima da riconquistare.

Cosa si deve fare? La premessa secondo me ? una e inevitabile. E consiste nel passare da una visione apparato-centrica ad una elettore-centrica. Facile a dirsi, terribilmente difficile a farsi. Non per particolari complessit?, perch? gli strumenti, concettuali e operativi, in realt? ci sarebbero tutti. Ma perch? tale passaggio comporta obbligatoriamente una rivoluzione copernicana nel modo di porsi, di intendere la propria funzione e di percepirsi da parte di chi fa politica ed in particolar modo delle classi dirigenti. ? proprio questo in realt? il tappo che blocca il cambiamento, non c?? niente da fare. ? umano; chi si trova in una posizione di vantaggio o di potere assai difficilmente far? un passo indietro o rivedr? il suo ruolo. Non solo: i cambiamenti, specie quelli radicali, comportano spesso delle resistenze da parte del sistema, se non altro per il disagio che provoca il doversi adattare a delle mutate condizioni.

Ma non credo ci sia molta scelta, perch? altrimenti la societ? civile finir? con lo scollarsi definitivamente dalla politica, della quale gi? non ? che abbia un?opinione cos? diffusamente positiva (e di esempi ce ne sono in abbondanza?). Laddove poi ce l?abbia, sintomo questo ancora peggiore.

Le implicazioni di una visione elettore-centrica? ? necessario aprirsi verso l?esterno. ? necessario dialogare, prestare attenzione, ascoltare, fare, e comunicare quello che si ? fatto come risposta ai bisogni manifestati. E via di nuovo dall?inizio.

Da un punto di vista strutturale e funzionale molto deve cambiare: una volta dato per pacifico il fatto che il protagonista della storia ? il cittadino, l?elettore e i suoi bisogni, bisogna creare un?architettura organizzativa che ponga come faro tale imprescindibile considerazione. Gli strumenti operativi ci sono tutti. Senza considerare l?importanza strategica che potrebbero avere i vari social media, ormai utilizzati dalla stragrande maggioranza della popolazione, specialmente la pi? giovane.

E? poi naturale che delle classi dirigenti nuove, fresche, dinamiche e meno compromesse delle precedenti assumano una valenza strategica. Anche per il semplice fatto di non avere un costume mentale ed un modus operandi ormai cristallizzato e quindi assai rest?o al cambiamento. Ma qui torniamo al discorso del fattore umano del lasciare spazio ai nuovi, del fare un passo indietro, magari perdendo qualcosa in termini di importanza e potere. Inoltre nuove classi dirigenti sarebbero un po? pi? lontane da quell?intreccio spesso inestricabile di interessi che condiziona l?azione politica stessa, e che in vari modi ne blocca la possibilit? dell?innovazione. Un bel problema. Anzi, IL problema.

Chi opera nel settore del marketing conosce senz?altro lo strumento del crm (acronimo di Customer Relationship Management). Il crm viente inteso come un sistema che consente all?azienda di porre al centro dell?attenzione il cliente, la sua storia, i suoi acquisti, le sue esigenze, i suoi interlocutori, i problemi incontrati, il modo e le persone che li hanno risolti etc, e quindi di poter impostare ogni attivit? sulla base della conoscenza personale, individuale e specifica del cliente stesso, con l?obiettivo di creare offerte personalizzate e cementare le relazioni con esso. Ma il crm ? molto di pi?. E? una filosofia di lavoro. E? uno strumento che se utilizzato in modo radicale cambia l?architettura stessa dell?azienda ed il suo modo di funzionare; perch? se cambiano i punti fermi, tutto il resto si riconfigura di conseguenza.

Ma proprio perch? il crm cambia architettura, organizzazione e funzionamento esso spesso viene vissuto da chi lavora in azienda come una minaccia alla routine e quindi non di rado viene mal digerito, se non addirittura boicottato. Ogni riferimento alla politica ? puramente voluto.

Ora non voglio di certo spingermi a dire che il crm andrebbe introdotto in politica, ma la filosofia dovrebbe essere pi? o meno quella. Una volta definito che l?elettore ? al centro, tutto dovrebbe discendere da questo. A livello organizzativo, strategico e operativo.

E la prima cosa da bandire ? l?autoreferenzialit? della politica.

La prova di quanto sostengo credo sia ben osservabile nella crescita dei consensi della Lega. La Lega cresce perch? ? presente, perch? ? visibile, perch? ascolta, perch? parla con la gente comune la lingua della gente comune, e perch? cerca di dare risposte senza perdersi troppo nell?analisi dei massimi sistemi e nello spacco del capello. Questo la gente lo capisce. E lo apprezza. Mi dicono che nelle manifestazioni leghiste spesso sia presente un punto di ascolto, dove i cittadini possono fare presenti i loro problemi, e nei quali c?? qualcuno che ascolta e d? attenzione ad essi. Poi si cercano di dare risposte, si rende conto di quello che si ? fatto. Non credo serva un genio per capire la distanza abissale rispetto al modello classico, quello del tipo in cui ad esempio durante una festa di partito arriva l?esperto (il capoccione di turno, diremmo a Orvieto) che parla, spesso in politichese, in modo broadcasting (a pioggia e monodirezionale) al popolo (bue?) che sta l?, passivo e che non ha possibilit? di dialogare, di essere ascoltato e di manifestare i propri problemi e bisogni. La Lega poi ultimamente si tiene, con astuzia, fuori dallo scontro politico, concentrandosi sulle attivit? che sono funzionali al conseguimento del consenso. Atteggiamento pratico ed intelligente, non c?? che dire.

Come ho gi? scritto la vittoria del PDL a Orvieto ? dovuta ad una serie di concause perfettamente incastratesi e difficilmente ripetibili (e mi si consenta di sottolineare che la stessa strategia elettorale adottata l?anno scorso era in qualche modo quella che avevo proposto io stesso un anno prima delle elezioni amministrative). Questo significa che, al di l? dei problemi interni del centro-sinistra, che ci sono e sono anche abbastanza chiari e visibili, per sperare di continuare a governare la citt? ? necessaria una cosa tanto semplice quanto critica. E? necessario conquistare voti. Pi? voti. Ma i voti come si conquistano? Si conquistano con il dialogo con la gente, con l?ascolto, con l?attenzione verso i problemi e con la loro risoluzione, o quantomeno con il manifesto e chiaro tentativo di risolverli. I voti sono la conseguenza dell?acquisizione della fiducia dell?elettore. Non dei dibattiti o delle diatribe politiche.

E? fondamentale secondo me cambiare approccio. Altrimenti quella attuale rimarr? solo una parentesi, che nessuno nel centro-destra credo desideri.

Finch? non si comincer? a fare politica tra la gente e per la gente (una politica sincera e leale), visto che ? la gente che vota, e che la politica stessa ad essa ? diretta, non credo si faranno molti passi in avanti. Il nodo, quello vero, ? quello di cambiare prospettiva, metodo e classe dirigente. Utopia?

Pubblicato il: 23/07/2010

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