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Il limite tra protesta e rivolta rischia di essere sempre pi? vicino

Alberto Sganappa

Alberto Sganappa

CapoGruppSDI Provincia di Terni

 

Mentre le Tv e i giornali ci informano che tra poco la legge Gasparri sar? al giudizio del Quirinale; mentre assistiamo al dibattito sulle pagine nere e sulle pagine bianche del fascismo; mentre il premier ci fa sapere che la verifica di gennaio si terr? nella sua villa di Portofino, c'? un'Italia vera, tutt'altro che marginale, senza ville e tutta presa dai tormenti del vivere quotidiano e non da quelli del digitale o della storia, che sprofonda nella rabbia di piazza e che d? di s? l?immagine di una nazione da anni Cinquanta.

Fotografiamo i fatti pi? recenti dell'Italia che arranca e che arretra.

Soffermiamoci su quell'Italia che riprende ad emigrare da sud verso nord.
Su quegli uomini e su quelle tante donne che riprendono la valigia come i loro nonni, come i loro padri, e che lasciano la Calabria e la Sicilia per cercare un posto nel Nord est 

L'Italia del ceto medio che si scopre immiserito, che stringe la cinghia, che vede i propri stipendi indebolirsi mese dopo mese, e che si sorprende a considerare come miraggi quei beni, quelle merci, quei servizi dai quali prima non si sentiva escluso.
Voglio sommare queste due istantanee allo sciopero dei tranvieri di Milano.
A quello sciopero che si ? fatto improvvisamente sregolato e selvaggio, inviperendo una moltitudine di cittadini che domani potrebbe infrangere le regole con la stessa foga, con la stessa angoscia, per quegli stessi motivi d'impoverimento e d'impotenza rivendicativa che ha spinto i tranviari di Milano a gettare la citt? nel caos.

Tutto ci?, pi? la pacifica insurrezione di Scanzano, cio?, di quella fiumana di uomini, donne e bambini che nel decreto romano di depositare scorie nucleari sotto le argille lucane ha visto il perpetuarsi di un aspro destino di distrazione, di vassallaggio e di rovina.

Questa equazione fra i cedimenti della nostra mutevole societ?, della nostra incerta economia, che non si espande pi? per tutti e che crea nuove diseguaglianze, e gli oltranzismi di chi non si sente pi? rassicurato dallo sviluppo n? rappresentato dalle amministrazioni, dalla politica, dal sindacato.

Qual ? il risultato di questa somma, di questa equazione, che dovrebbe allarmare tutti, se non la matematica certezza che c'? chi maschera la retrocessione sociale e si rifiuta di gestire consapevolmente il suo da farsi calamit? e conflitto?

Il centrodestra, che fa memorabili battaglie parlamentari sulla tv e sulla giustizia, i diktat padani di Bossi , e che punta a risolvere tutto prossimamente sulla riviera, non si avvede che il ventre del Paese ? scosso dagli spasmi, che intere masse sociali vanno scivolando nella disparit? e nella depressione, e che il limite tra la protesta e la rivolta si accorcia sempre di pi?.
Come spiegare agli inguaribili ottimisti e tanti ex socialisti che hanno votato per il Centrodestra in buona fede, agli instancabili spalmatori di miele, che la Casa delle libert? si ? andata gradualmente, inesorabilmente, trasformando in un'angusta casa del ristagno e delle povert??

Da tali riflessioni lo SDI e la sinistra hanno il dovere morale e la necessit? di costruire un programma elettorale ed una proposta politica, sia a livello amministrativo che di Governo, capace di interpretare e rassicurare i cittadini, senza cadere nel populismo, ma a difesa dei ceti pi? deboli e non di interessi particolari.

 

                                                                                 

Pubblicato il: 10/12/2003

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