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La classe dirigente italiana non pensa ai giovani

Franco Bernab

 "La classe dirigente italiana ? ingenerosa, non ha molta voglia di impegnarsi per far crescere il Paese. Le corporazioni presidiano il potere, i dirigenti non vanno mai in pensione, non danno spazio ai giovani. I monopoli sono pi? forti di prima, sono scomparsi i concorrenti, non sono riusciti a fare breccia, a scalzare le posizioni dominanti". Risponde cos? Franco Bernab? alla domanda de LA STAMPA sulla fuga dei cervelli dall'Italia. L'intervista del quotidiano torinese tocca diversi temi tra cui il caro euro. "La rivolta dei consumatori per il caro euro e gli scioperi dei tranvieri per i salari nei giorni scorsi - dice in proposito il vice presidente di H3G, presidente di Kelyan, consigliere di amministrazione di Tiscali e di PetroChina - sono sintomi di un malessere economico profondo. Secondo me il passaggio dalla lira all'euro in Italia ha determinato una redistribuzione istantanea e permanente del reddito. Cio?, alcune categorie sociali se ne sono approfittate e sono diventate pi? ricche, altre invece pi? povere, perch? il cambio della valuta ? arrivato in un momento in cui il mercato del lavoro era debole per effetto della recessione. Che cosa succeder? ? difficile dirlo, ma il fenomeno c'? stato. Questi processi o si consolidano, o si riassorbono. Ma una cosa ? certa: non si ? trattato di inflazione, non ? stato un fenomeno congiunturale. Il problema ? che alcuni si sono arricchiti a scapito di altri. La gente, con gli stipendi fermi ai livelli pre-euro, non ? pi? in grado di spendere?. L'ex amministratore delegato dell'Eni e di Telecom Italia, valuta poi una possibile ripresa dell'economia. "Forse nelle ultime settimane qualcosa sta cambiando - ammette -. La domanda sta tirando, ma ci sono ancora grosse difficolt? per le imprese. Le uniche davvero in ripresa sono quelle delle telecomunicazioni, in grado di spendere tanto, ma sono scomparsi i concorrenti e per gli altri settori c'? un blocco degli investimenti. Storicamente, l'Italia ? uscita dalle crisi di domanda attraverso l'aumento delle esportazioni sostenuto dalla svalutazione e l'incremento della spesa pubblica sostenuto dal debito. Entrambe queste fonti di accelerazione, oggi, non possono essere attivate. Non basta affidarsi alle qualit? dei nostri imprenditori, che sono notevoli, ma che non hanno massa critica. L'unica chance per l'Italia ? quella di pensarsi come parte dell'Europa, specializzarsi sulle sue competenze specifiche e ristrutturarsi profondamente per migliorare la sua capacit? di vincere nella qualit? della vita, nel turismo, nel design, e cos? via. Non sar? un processo facile. E molti soffriranno. Ma non mi pare un passaggio evitabile. Ci troviamo di fronte a scelte che segneranno il futuro per molto tempo. L'interpretazione della globalizzazione, la costruzione dell'Europa, le relazioni con gli Stati Uniti, ne sono i temi di punta: la macroeconomia ne ? il quadro di fondo. I tassi di cambio e di interesse, la bilancia commerciale e la crescita del Pil sono misure quantitative di fenomeni qualitativi pi? importanti. E da questo punto di vista la situazione non ? delle pi? brillanti: gli Stati Uniti crescono molto pi? velocemente dell'Europa, ma soprattutto ? l'Asia il nuovo polo di attrazione globale".

Pubblicato il: 08/12/2003

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