Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
NOTIZIE CORSIVI

Al voto, al voto!

Nello Riscaldati

? quando ci accade di scorrere le liste elettorali, in specie quelle comunali, che ci rendiamo conto come non sia vero che a Orvieto ci conosciamo tutti. Se cosi fosse non sentiremmo, come spesso succede, pronunciare tra i guardatori a naso in su, esclamazioni del tipo: ?Ma chi ? quer fregno,...! No,...! No quello,...quello sotto,...quello sopra lo conoscio ,...quello nun ? bono manco  pe' fa' 'r brodo pe' la truppa,...! Quello s?,.. quell'artro s?,... quello no,..quell'artro per carit?,...quell'artro nun ci? n? arte e n? parte,...l'urtimo poe de mestiere f? 'r bighellone,... e de quell'artre nu le conoscio nessuno!? e cos? via fino al fondo delle liste.
Naturalmente pi? del 50% dei commenti sono esagerati, ma un fondo di verit? c'? per? in tutti.

Ma forse questo dipende anche dal fatto che la nostra Orvieto non si sa pi? bene che cosa sia diventata o cosa stia tuttora diventando.
Un agglomerato comprendente un centro storico semideserto, con tutte le bellezze e le golosit? che volete, ed una disordinata e brutta periferia, nata male, cresciuta peggio e, non si sa perch?, tutt'ora in fase di vigorosa   espansione pur essendo gli abitanti sempre lo stesso numero o su per gi?.
Abitanti tutti rintanati in casa in attesa che ?qualcuno ci pensi?. A che cosa? A tutto quello che il cittadino vede o crede di vedere e che secondo lui non va.
E' un'antica convinzione quella che ci fa immaginare che debba esistere un'entit? delegata a provvedere a qualsiasi cosa fuori posto anche perch? la medesima ci esimerebbe da ogni responsabilit? e da qualsiasi obbligo d'impegno, magari anche quello di raccogliere una lattina o una cartaccia e gettarla nel cassonetto. No! Deve esserci per forza qualcuno che deve pensarci e provvedere anche perch? una lattina o una cartaccia sicuramente l'abbiamo lasciata anche noi un giorno in terra in qualche altra parte del mondo.

Vivo in Orvieto fin dalla nascita e conosco bene la citt?, i suoi abitanti, chi ci ha governato e chi ci governa.
La mia tensione politica, avendo speso la vita in altri campi, non ha mai raggiunto la forza necessaria per spingermi a scendere nell'arena. E di questo forse ora un po' mi dolgo, ma non pi? di tanto.
Mi ricordo di un amico, molti anni fa, il quale faceva l'impossibile per incontrarmi tanto che credo mi facesse ?la posta? nelle ore e nei luoghi che ero solito frequentare. Costui, con un torrente di parole mi confidava problemi, pene e dolori che neanche il giovane Werther credo ne avesse tanti. E gi? a sentirlo parlare, parlare, parlare fino a che non mi capitava a portata di voce un amico di salvataggio che mi aiutava a sganciarmi.
Poi costui ?entr?? in politica, fece carriera, ricopr? delle cariche, robetta, ma insomma sempre cariche che io non avevo, tanto che, quando mi scorgeva di lontano con la mano afferrata ad un borsone e con un fascio di giornali sottobraccio, accelerava il passo e mi indirizzava, con un sorriso a denti stretti, un: ?Ciao caro,...v? de prescia,...si sapeste,...sto a fa 'na vita che nu la potesse prov? corpo de creatura,...! Si vediamo,...ciao,..!?

Ed era a quel punto che mi veniva spontaneo il ripensare a quell' ?Ibam, forte, Via Sacra,..?, con il quale ci siamo piacevolmente cimentati tutti sui banchi del Liceo Classico.

Durante la vita ho cambiato idea tante volte quante la storia mi ha convinto a farlo.

Ho sempre, come tutti credo, votato per il candidato ritenuto meno peggio, dato che di eccellenti non ne ricordo molti, e che soprattutto, se eletto, avrebbe dovuto essere da me facilmente raggiungibile onde potergli dire ?c?dica? qualora se lo fosse meritato, anche se lui, vedendomi e prevedendo l'invettiva, avesse cercato di giocare d'anticipo con un ?Ciao,...carissimo!? pronunciato a braccia aperte.

Ho sempre tenuto presente, nei periodi pre-elettorali, che quei nomi e quei volti, affissi qua e l? un po' a caso, qualcuno con l'occhio adescatore, qualcun altro che ti ride e che non si capisce di che cosa abbia da ridere, (forse degli elettori), ed alcuni con lo sguardo perduto nel nulla, sono il frutto di telefonate interminabili, di trattative riservatissime, di accordi e di compromessi anche al di l? del bene e del male, di lunghi e scoppiettanti conciliaboli notturni, intervallati spesso da urla, sediate e parolacce, ma tutti terminati sempre all'alba con un comunicato stampa dove si sottolinea con forza un pieno accordo raggiunto all'unanimit? e nella massima armonia e trasparenza cosi come si ? soliti fare in una  democrazia compiuta.

Tutti i candidati eletti lo sono sempre stati, salvo qualche raro caso isolato, frutto di qualche fortunata iniziativa privata, su indicazioni e designazioni politico-partitiche. Non ricordo nessuno che sia stato eletto a ?furor di popolo?. Nemmeno tra quelli attualmente in carica.
 
Io, al momento, ho paura, perch? questa ? la parola giusta, che il terreno sul quale, credo, poggino i miei piedi, si vada lentamente fissurando per sgretolarsi poi nel guazzabuglio globale che, da maestri quali siamo in materia, abbiamo saputo impastare e dentro il quale andiamo lentamente affondando a meno che non si disponga di un disperato quanto potente colpo di reni tale da tirarci fuori dalla melma e rigenerarci per rigenerare la citt?, perch? ? questo che noi dobbiamo fare. Ma ci riusciremo solo quando avremo capito che al di fuori di noi, non c'? nessuno che penser? a risolvere i nostri problemi, e se ci fosse, ci costerebbe molto, ci costerebbe troppo caro.
 
Ma anche la situazione di Orvieto, tra un passato da dimenticare ed un presente che non riesce a vedere la luce, cos? come sta andando, non mi piace. E il dramma ? che non so nemmeno chi potrebbe essere, un domani, in grado di  gestirla meglio. Abbiamo truppa sufficiente, ma forse manca un comandante capace di guidarla fuori dalla palude. Oppure di comandanti ne abbiamo troppi ma incapaci a tracciare un piano strategico comune.

La nostra citt? ? simile ad una malata sistemata alla meglio su di una lettiga in un lungo e oscuro corridoio di un ospedale dimenticato, con i fiori ai piedi della Madonnina secchi, con qualche vetro rotto e con l'orologio fermo.
Insomma roba  da ?Shining?.
La gente si ferma, si affolla intorno alla lettiga, osserva, disputa, dibatte, si accalora, teorizza, propone, prende appunti e se ne va.

Mi vien fatto di ricordare una situazione raccontata in un film da Alberto Sordi.  Quella del ?malconcio?, raccolto al Gianicolo ed errante nella notte romana, rifiutato da ospedale a ospedale e che lo stesso Sordi ? costretto infine a ridepositare al Gianicolo sotto al monumento a Garibaldi, l? dove l'aveva raccolto.

La citt? sembra insomma quasi aspettare Godot pur non sapendo se arriver?, se sia gi? arrivato o se stia gi? facendo le valigie. Quello che ? certo ? che Orvieto da sola non ce la fa.

Ci hanno sempre detto che votare ? un dovere civico. Io credo che sia un dovere civico votare una persona che noi elettori riteniamo degna, onesta e capace, votare un incapace o uno sconosciuto che non siamo in grado di valutare, e dotarlo cos? di poteri, non ? un dovere, ? un crimine.
Naturalmente anche il degno e l'onesto che avremo votato pu? trasformarsi in indegno e disonesto, ma non si pu? pretendere dall'elettore la facolt? della preveggenza.
 
Cos? come ? stupido votare un nome solamente perch? ha la maglia di quel colore. Il farlo senza averlo prima valutato significa sciupare quel voto.
Il tutto ? naturalmente condizionato dalla sensibilit? e dall'intelligenza dell'elettore che, come ? giusto che sia, ? libero di comportarsi come vuole.

Il mio non ? un invito all'astensione, anzi, al momento giusto, tutti in cabina come ? ovvio che debba essere ma, prima di entrarvi e prima di tracciare una croce su di un simbolo o su di un nome, meditiamo molto e rimeditiamo ancora altrimenti quella croce segnata su quella scheda ce la ritroveremo tutta quanta sulle nostre spalle e saremo costretti a portarla, e senza l'aiuto di un cireneo, per molti e lunghi anni a venire.

Cos? ? da riconoscere come spesso siamo noi stessi gli autori dei nostri guai. Guai sui quali poi ci piace da matti piangere copiosamente e a lungo ed accusare Tizio e Caio delle sventure che ci piovono addosso. Il tutto in omaggio al principio che dice che ?Chi piange da solo e in silenzio non commuove nessuno.?
E allora gi? tutti insieme con il pianto di gruppo che oggi fa tanto tendenza e che pretende a un compatimento generale da parte di qualcuno che da qualche parte dovr? pure esistere e che dovrebbe darti sempre ragione cos? come fanno le mamme o le zie con i loro figli e nipoti.

Io spero fortemente che un giorno qualcuno si levi tra le nostre mura e che questo qualcuno abbia una voce talmente potente da far tremare i vetri e i campanili e che, con tale voce, gridi pi? volte tutt'intorno: ?Orvietano, alzati e cammina, ch? sarebbe ora!?.

Pubblicato il: 15/03/2010

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