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NOTIZIE CORSIVI

La riforma dell?acqua annega nel ridicolo

Pier Luigi Leoni

Caro Direttore,

 

Ho l?impressione che l?opinione pubblica sia frastornata dal convergere di eterogenee e opposte parti politiche nelle iniziative per la cosiddetta ripubblicizzazione dell?acqua. Estrema destra ed estrema sinistra, oltre ai soliti ecologisti sempre in cattedra, hanno innescato un movimento che sta attraendo nella sua orbita i moderati di destra, di centro e di sinistra. Cos? accade anche in Orvieto, dove il sindaco Toni Concina, l?assessore Antonio Barberani e il consigliere Angelo Ranchino, tutti liberaldemocratici e moderati, hanno preso posizione in modo netto a favore della ripubblicizzazione dell?acqua.

Consentimi di dire la mia opinione con una punta di soddisfazione, perch?, grazie ai miei maestri di teologia, di filosofia, di storia, di economia e di diritto, nonch? grazie alla mia professione, avevo immaginato e sempre detto,  fin dal 1994, come sarebbe andata a finire. Lo possono testimoniare coloro che hanno avuto la bont? e la pazienza di ascoltarmi.

Ebbene, il 1994 ? l?anno della svolta. Entra in vigore la legge Galli di riforma della gestione del ciclo delle acque, che racchiude l?approvvigionamento e la distribuzione dell?acqua per uso umano, la raccolta delle acque usate, la loro depurazione e lo smaltimento dei fanghi derivanti dai processi di depurazione.

Fino ad allora quei servizi erano gestiti dai comuni, singoli o riuniti in consorzi, a parte la presenza di tre grandi enti acquedottistici: l?Ente acquedotto pugliese, l?Ente acquedotti siciliani e l?Ente sardo acquedotti e fognature.

I comuni, se non erano in grado di provvedere da soli, si consorziavano volontariamente o venivano costretti a consorziarsi da un provvedimento del prefetto.

Coi canoni idrici, i comuni e i consorzi si rivalevano delle spese di gestione e di una quota modesta delle spese d?investimento, che erano in gran parte coperte prima dallo stato direttamente e, successivamente, attraverso le regioni.

Non tutto funzionava alla perfezione. Anzi. Vi erano amministratori comunali intelligenti, stupidi, onesti e disonesti in tutte le combinazioni. Vi erano prefetti capaci e autorevoli, altri pigri e inefficienti. Vi erano funzionari comunali efficienti o inefficienti, servizievoli o servili, corretti o imbroglioni. Vi erano ingegneri idraulici bravi o somari, sempre costretti a coltivare buoni rapporti con gli amministratori locali, ma anche con gli enti superiori che tenevano in mano i cordoni della borsa, dalla quale uscivano i finanziamenti per i lavori e le parcelle. Vi erano imprenditori capaci o incapaci, onesti o corruttori. Vi era, insomma, la realt? umana.

Ma quel sistema era ragionevole e perfettibile, perch? gli amministratori comunali e consortili sapevano che l?acqua distribuita finiva negli stomachi e sulla pelle loro e dei loro familiari, compresi figli e nipotini neonati. Vigili custodi della regolarit? e qualit? dell?acqua erano, in quel mondo ancora maschilista, le mogli degli amministratori e dei funzionari comunali e consortili.

Ma quel sistema aveva il difetto, come una donna ricca, di attirare i pretendenti. Infatti  i comuni lucravano sfacciatamente sull?acqua pur tenendo le tariffe basse, grazie al fatto che i costi degli investimenti riuscivano a scaricarli sullo stato e poi sulla regione. Tutto ci? avveniva ai limiti della legalit?, poich? la legge, in ossequio a un principio tradizionale, proibiva di speculare sull?acqua. Di fatto, molti comuni scaricavano impropriamente sul servizio di acquedotto altre spese. Cos? come cominciarono a fare anche col servizio di fognatura e di depurazione quando essi furono assoggettati a canoni appositi.

Nelle logge massoniche che regolano l?economia europea sbocci? l?innamoramento per i servizi idrici, che erano una bella polpetta per le grandi aziende francesi specializzate ed esperte in materia, le quali pretesero, nel quadro del libero mercato europeo, l?accesso al mercato italiano dell?acqua.

Durante il governo Ciampi, di centrosinistra, sostenuto da DC, PSI, PSDI e PLI, fu emanata la celebre legge 34 del 1994 ( nota come legge Galli). In essa furono riversate, come sempre avviene nelle riforme radicali, la malizia dei fiancheggiatori della speculazione e la presunzione dei riformatori da tavolino: quelli che s?illudono di poter sottomettere la natura umana alle loro utopiche geometrie.

La legge esordisce con stucchevoli affermazioni di principio, tipiche del linguaggio massonico: tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorch? non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che ? salvaguardata e utilizzata secondo criteri di solidariet?; qualsiasi uso delle acque ? effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale; gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilit? dell'ambiente, l'agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici; l'uso dell'acqua per il consumo umano ? prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo; gli altri usi sono ammessi quando la risorsa ? sufficiente e a condizione che non ledano la qualit? dell'acqua per il consumo umano; ecc.

Poi la legge Galli introduce il concetto del ciclo integrato dell?acqua e la necessit? di un unico gestore dell?intero ciclo. A tale scopo le regioni devono individuare  gli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) che sono amministrati da rappresentanti dei comuni e delle province con il compito di affidare la gestione del Servizio Idrico Integrato (SII) a un soggetto individuato secondo legge,  e di controllarlo. Le tariffe devono assicurare l?equilibrio finanziario della gestione.

La gestione, secondo quanto poi stabilito nel 2000 dal testo unico degli enti locali pu? essere affidata: con una gara, a una societ? per azioni privata o con capitale misto pubblico-privato; oppure, senza una gara, a una societ? per azioni con capitale esclusivamente pubblico, o a una societ? con capitale misto, purch? i partner privati siano stati scelti con una gara. Salvo soluzioni diverse per piccole realt?.

Alla trionfale emanazione della legge Galli, segue una serie di boicottaggi, di  applicazioni, distorte e di reazioni.

Le regioni individuano gli ATO con esasperante lentezza e, quando li individuano, non tengono conto degli aspetti idrografici e idrogeologici, ma dei confini amministrativi e dell?opportunit? politica. Cos? i confini degli ATO finisco per coincidere quasi pedissequamente con quelli delle province. Per esempio, Orvieto, il cui ambito dovrebbe essere concretamente definito dal piccolo comprensorio di comuni che attinge alle falde settentrionali dell?altopiano dell?Alfina, si trova inserito nell?ATO UMBRIA 2, che comprende i comuni della provincia di Terni, escluso il comune di San Venanzo.

Prolificano le societ? a capitale pubblico e quelle a capitale misto, anche per far fuori la concorrenza delle rapaci e capaci societ? francesi, ma soprattutto per collocare personale politico senza mestiere nei consigli di amministrazione. La tariffe aumentano in modo esponenziale. Le inefficienze superano spesso i vantaggi. I consigli comunali si trovano praticamente estromessi da ogni potere di decisione e di controllo, che spetta ai sindaci dei comuni pi? forti.

Montano le reazioni. ? del  2006 l?iniziativa  popolare di una legge che i gestori del servizio idrico siano solo enti di diritto pubblico (aziende speciali o consorzi).

Il  governo di centrodestra, riprendendo un disegno di legge del precedente governo di centrosinistra, cerca di razionalizzare la situazione nello spirito della disciplina europea della concorrenza e della legge Galli, arginando la presenza del personale politico ai vertici delle societ? concessionarie della gestione. Cos? vengono privilegiate le societ? per azioni a capitale esclusivamente o prevalentemente privato; viene subordinato all?autorizzazione di un organo nazionale, l?affidamento diretto della gestione a societ? con capitale esclusivamente pubblico; viene prevista come eccezionale le gestione diretta del comune, con o senza la creazione di una propria azienda.

Le nuove disposizioni, bench? infarcite di scappatoie e accompagnate da solenni impegni del governo (soprattutto su pressione della Lega Nord) a rispettare le autonomie locali, scatenano il finimondo.  ? inutile riaffermare formalmente che l?acqua ? pubblica, se praticamente essa viene raccolta, disinfettata e distribuita da soggetti che pi? risparmiano sui disinfettanti, pi? aumentano le tariffe e pi? intascano?

Sorge quasi spontaneo un movimento per boicottare la legge a suon di modificazioni degli statuti comunali che, sancendo la natura non economica dei servizi idrici, la sottrarrebbero ai vincoli europei. Nasce anche una iniziativa referendaria per l?abrogazione delle norme che privilegiano i privati.

? in tale contesto, e nell?indignazione per la vicenda dei metalli pesanti che inquinano l?acqua di Orvieto, che s?inseriscono le prese di posizione del sindaco Toni Concina (tra l?altro amico dell?on. Stefano Rodot?, prestigioso sostenitore della lotta contro la privatizzazione dei beni comuni) e di personaggi del centrodestra orvietano.

In conclusione, assistiamo al naufragio di una riforma che ha voluto imporre leggi innaturali, in contrasto con il buon senso e con il sentimento popolare

Con il buon senso, perch?, se ? vero che un?impresa  che deve perseguire, per sua natura, il profitto, ? pi? efficiente di un carrozzone pubblico, ? ancora pi? vero che essa, agendo  in regime di monopolio, come nel caso dei servizi idrici, ed essendo quindi sottoposta a stretto controllo da parte pubblica, ? sempre pi? forte del controllore. Se la parte pubblica difetta di efficienza quando gestisce direttamente, perch? dovrebbe essere efficiente quando controlla il gestore?

Con il sentimento popolare, perch? l?acqua, oltre a essere ovviamente percepita come un bene essenziale, ? sentita intimamente come un bene di tutti. L?acqua ci piove dall?alto, sgorga dalla rocce, scorre nei fiumi, sale al cielo e ridiscende secondo meccanismi che gli scienziati cercano di penetrare. Ma anche loro devono ripararsi dalle grandinate improvvise e imprevedibili.

Pubblicato il: 09/03/2010

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