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Riflessioni sul passato e sul futuro di Orvieto

Gianni Cardinali

di Gianni Cardinali

Prolungati contatti con amministratori di ogni genere, con rappresentanti di partiti, con tanta gente comune, sia nelle attivit? di lavoro che in quelle di partecipazione civile, hanno rafforzato in noi convincimenti di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Negli ultimi dieci anni, ad esempio, si ? ben consolidato nella nostra coscienza,  quello secondo cui l'elezione diretta del sindaco ? tanto pi? valida ed efficace  quanto  pi? ? elevato il livello di civilt? del corpo sociale in cui l'elezione si verifica.
Nelle nostre contrade, purtroppo, gran parte dei sindaci, eletti gi? due volte con quel metodo, si sono nel tempo trasformati in  piccoli monarchi, con una cultura di tipo feudale, sempre alla ricerca di successori che possano essere tenuti sotto controllo nell'immediato futuro.
E' comprensibile che tale affermazione, cos? perentoria e generalizzante, possa procurare disagio e sospetto, ma solo chi ha fatto politica come noi, senza avere mai fatto parte delle strutture della politica, pu? comprenderne il significato.
Orvieto, per esempio, una delle realt? da noi pi? seguite, costituisce, a tale riguardo, la testimonianza pi? interessante, anche perch? chi la governa domina la scena da quasi venti anni,  dal 1985, quando, come assessore e "uomo forte", inizi? la sua "scalata" ad un potere al quale l'elezione diretta del sindaco, nove anni fa,  confer? il carattere quasi di
una "monarchia autoritaria", le cui conseguenze, sul piano della cultura, della mentalit?, dei rapporti interpersonali, nonch? delle mancate realizzazioni, solo da poco tempo sono percepibili ed oggetto di diffuse, forti e preoccupate critiche.
Quel 1985 ? una data importante, perch? segn? la fine di una sorta di primavera delle speranze, quelle legate al "Progetto Orvieto", ai "Luoghi della cultura", al disegno che condusse alla legge per il consolidamento della Rupe  e poi a quella della salvaguardia dei beni culturali. E' anche l'anno in cui fu occupato il Consiglio Comunale per protestare contro il
trasferimento in periferia di una importante scuola del centro storico.
E' l'anno in cui il nuovo "uomo economico" impose una linea secondo la quale il Convento del Chiostro di San Francesco sarebbe dovuto diventare un grande albergo di servizio al Palazzo dei Congressi che si stava realizzando nel Palazzo del Capitano del Popolo.
Oggi, quel vecchio Convento dovrebbe essere oggetto di uno tra gli ultimi interventi  collegati alla legge per Orvieto, ma certamente non finalizzato alla costruzione di un albergo.
E che dire poi del finto parcheggio sotterraneo di via Roma, anch'esso, in parte, finanziabile con i soldi della legge per Orvieto?
Si provi ad analizzare e a ricostruire:  a parte il teatro, che funziona ed ha un ruolo specifico, a parte i pi? o meno benevoli restauri di chiese e di qualche palazzo nobiliare, quali altri benefici hanno portato i soldi di questa legge?
Un tempo il potere era spartito tra le segreterie dei vari partiti e la brutta spartizione garantiva un arcaico controllo che in qualche caso funzionava.
Ad Orvieto, invece, l'"uomo economico" ha lavorato con abilit?, con un'operazione di cinico trasformismo, affinch? quelle che una volta si chiamavano "forze di opposizione" si rivelassero determinanti, in termini di voti, per il consolidamento del suo potere.
Ci? ebbe inizio, con un patto di ferro, nel 1992, ed ha avuto pieno compimento nel 1994 con l'elezione diretta del Sindaco e con la realizzazione di una "monarchia" decennale.
Nel frattempo, il potere forte e sempre pi? rafforzato da un contorno di diffusa mediocrit?, ha prodotto vendita di fumo all'esterno ("citt? slow", "citt? senza auto", "citt? cablata", ecc.) e colate di cemento consolidate con il piano regolatore varato in concomitanza con la seconda elezione diretta del 1999.
L'equazione colata di cemento = colata di favori ha funzionato egregiamente, tanto  che i voti si sono ricombinati, come il DNA, e l'analisi del voto ha portato ad ipotizzare scambi che con la cultura politica hanno poco a che fare.
Siamo di nuovo vicini alle elezioni ed una nuova colata di cemento ? all'orizzonte: fino ad oggi si ? riempito ogni buco possibile (le cosiddette zone B); domani si riempiranno zone del tutto nuove, cio? di espansione (le zone C).
Finora la buona disposizione del "monarca"  si ? rivolta ai singoli e alle imprese edilizie; domani forse avr? per oggetto le rendite fondiarie e qualche nuovo impresario che  ? gi? comparso sulla scena recitando la parte preoccupante dell'uomo forte e del nuovo "uomo economico".
Ci troviamo di fronte ad una diarchia e ad una nuova forma di feudalesimo?  E' questa diarchia, con qualche contatto contaminante, che ha deciso chi sar? il nuovo Sindaco, a prescindere dalle decisioni prese in "alto loco"?
Chiunque sar? il predestinato, sar? soltanto un uomo di paglia, temporaneo, scelto per favorire l'uomo vero, quello che "sa come si fa sul serio"?.
Se tutto questo fosse verit?, c'? un modo per contrastare l'avvento di simili calamit?.
Fatto salvo il presupposto che ancora manca la necessaria cultura per far eleggere uomini illuminati, saggi ed esperti, innamorati di questa realt? toccata dalla natura e dalla storia, non c'? che il ballottaggio, l'unico strumento vero per evitare le monarchie autoritarie.
Esclusa l'opposizione classica, troppo spesso mediocre e compromessa, quindi senza attrattiva, rimane soltanto l'opposizione costruttiva, attenta, puntuale e cocciuta, che tanta attenzione ha destato in una vasta opinione orvietana.
Se non ci fosse stata questa opposizione, negli ultimi cinque anni non avremmo saputo nulla di quello che stava accadendo.
Se il merito ? grande, il riconoscimento ? solo da verificare.
Non si pu? e non si deve gettare via un patrimonio costruito con tanta caparbiet? e determinazione.
Chi fa opinione non garantisce favori; pu? garantire diritti.
Il consenso non ? valutabile, ma, se avesse successo, significherebbe  che il salto di qualit? culturale c'? stato, che la citt? ? sveglia, che desidera la novit?, che ama l'onest? intellettuale e le cose buone e belle.
Noi siamo tra quelli che sperano ardentemente in questa verifica del consenso e che nutrono un'altra speranza: quella legata alla nuova autorit? della Chiesa locale.
 Noi che apparteniamo alla non folta schiera dei non credenti in un Dio, ma fortemente credenti nei valori della civilt? e della bellezza, sia essa prodotto dell'uomo o della natura, fidiamo che tale novit?  possa anche servire a superare qualche appannamento del passato.


 

Pubblicato il: 23/11/2003

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