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L?andante, l?allegro, il 'ma non troppo'

Gian Paolo Aceto

Il pentagramma e le note che vi si scrivono rimangono, almeno nelle arti, l?unico alfabeto universale..Ma tra tutte le arti la musica ? l?unica che abbia bisogno di un interprete-traduttore che partendo dai segni sulla carta la faccia vivere trasformandola in suono. Perci? la musica ? l?unica arte sempre dormiente di morte apparente e sempre pronta al risveglio.

Le altre arti no. Pittura, scultura, architettura quando sono opere compiute sono l?, sotto gli occhi di tutti, e non hanno bisogno di nessuna interpretazione o traduzione che non siano il frutto della sensibilit? e cultura di ognuno. Ma la musica ? l?unica che pu? essere resa arte anche da chi non l?ha composta, cio? da chi non si limita ad essere soltanto esecutore ma le d? vita quando in essa trasfonde la sua passione (non troppo?). E perci? questa musica ha non uno (il compositore) bens? due genitori, cos? come li ha un bambino, prima concepito e poi partorito, ambedue ?creazioni?.

Caro Pier Paolo Vincenzi, ho appena scritto ?passione?, in questo contesto sinonimo di ?anima?, come detto da R. Schumann, che Lei ha citato nella presentazione di ci? che ha fatto ci? che fa e quindi ci? che ?, sul Suo sito www.pierpaolovincenzi.it  , e che certamente Le fa onore.

Leopardi scrivendo di Petrarca e dei petrarchisti se la prendeva con questi ultimi che con i loro versi  atteggiavano i loro sentimenti su quelli di Petrarca e, privi di passione o di capacit? creativa  ne ricalcavano lo stile poetico nei loro sonetti. Perci? Leopardi dice che soltanto ?parlavano del proprio cuore?, mentre Petrarca nel suo canzoniere ?faceva parlare il cuore?.

Cos? ? dell?interprete esecutore in musica, sempre in bilico tra il compositore di cui sta suonando le note e s? stesso con il proprio mondo, passione, anima. Non troppo oppure non troppo poco?

Dopo di che, ci sono notazioni del compositore, per esempio ?lento? oppure ?grave?, che all?anima dell?ascoltatore possono e debbono arrivare qualche volta come un ?fortissimo?, e viceversa. Ed ? cos? che dall?emozione si passa a qualcosa di pi? profondo, la commozione.

Comunque le mie sono considerazioni magari anche semplici,  e tuttavia Lei ?non crede?, come ha scritto nel Suo civile commento al mio articolo, che io sia in grado di giudicare competenze e professionalit? altrui. Pu? anche essere, dato che quasi non conosco la tecnica musicale, ma certamente ho rispetto per tutti quelli che lavorano con seriet? e onest?, in qualsiasi attivit?, cosiddetta manuale o cosiddetta intellettuale o artistica. A maggior ragione ce l?ho per quelli che, pur in parte eseguendo, creano a loro volta.

Tornando all?oggetto della  nostra polemica dei giorni scorsi, il mistero, o l?equivoco, sta proprio nel capire quale sia l?oggetto della polemica stessa.

Pier Luigi Leoni nel suo articolo ?La musica ? finita? non poneva l?accento sull?importanza della musica o sulla professionalit? dei docenti ma, essendo consigliere comunale e perci? anche lui responsabile come gli altri consiglieri di quel ?tutto? che si chiama Comune, e di cui la scuola di musica ? solo una ?parte?, era ed ? per forza obbligato ad analizzare il bilancio comunale tenendo conto di tutte le esigenze di tutte le professionalit?. E perci? data la situazione attuale di dissesto vero, niente pu? pi? essere come prima.

Se si polemizza dandosi l?autorit? di entrare senza permesso nelle teste altrui, tentando di costruire  le proprie ragioni su ci? che si pensa di aver diritto di credere o non credere senza uno straccio di prova a ci? che gli altri pensano o fanno, allora verrebbe da pensare, ? meglio fare il musicista interprete piuttosto che il giudice, quello vero, di tribunale.

Lei ha costruito le sue ragioni contro quelle di Leoni, non su dati di fatto ma su ci? che Lei crede o non crede di Leoni.

Ma penso che le sue parole siano state dettate dallo stesso tipo di passionalit? che Lei mette nel suo essere artista, quindi sotto il profilo emozionale anche giustificabile, se non accettabile. Guardi che io La capisco bene nella sua buona fede e irruenza, e certo in un mondo che troppo spesso crede di diventare pi? ?popolare? ma riuscendo soltanto ad essere pi? ?plebeo?, la Sua coscienza intima dell?importanza delle arti specialmente nell?educazione dei bambini diventa un imperativo quasi categorico.

Da ultimo, quando ho scritto di ?suonatore e docente pifferaio? non era dedicato a Lei nella Sua dimensione artistica e professionale, ma a Lei in quanto difensore sindacale (e insindacabile, come Lei si ? posto) di una situazione amministrativa e giuridica che non pu? pi? aver ragione di essere.

Nessuno vuole abolire la scuola di musica, ma si vuole soltanto una redistribuzione delle responsabilit? e una precisa caratterizzazione dei soggetti coinvolti.

Infine,  posso giocare un po??

Ad un?eventuale diminuzione delle vostre retribuzioni, ad un?eventuale limitazione dei costi, voi musicisti potreste ben rispondere con un taglio alle note musicali, che sono sette. Per esempio portarle a tre o quattro, e per miglior giustizia sociale e quindi musicale, a tre e mezzo.
Quali note lasciare o togliere dal pentagramma e soprattutto dall?insegnamento?

L?Assessore al Bilancio proporrebbe subito di togliere il DO (che forse viene dal verbo dare).

Per favore non togliamo il RE, dato che su Orvieto coltivo piani monarchici.

Togliete senz?altro il MI, che ? sempre una cattiva abitudine per i pargoli strimpellanti.

Si pu? lasciare il FA, come esortazione a chi ha vinto le elezioni.

Il SOL (dell?avvenire) pu? rimanere come mezza nota.

?LA? pischella rispose  Va benissimo. Che rimanga, e non sar? sventurata, anzi!

Il SI purtroppo rimarr?, come nota bipartisan plebiscitaria.

In tempi di crisi, anche con tre note e mezzo ci si campa.

 

 

 

 

Pubblicato il: 28/02/2010

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