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Rappresentanza , rappresentativit?, riconoscimento

Mario Tiberi

L?incipit dell?odierno editoriale lo voglio dedicare all?amico Avv.to Fausto Cerulli, che mi ha bonariamente ?bacchettato? per aver parlato di scandali privati e impegno pubblico solo dopo il caso Marrazzo mentre, secondo il suo sempre per me prezioso giudizio, lo avrei dovuto fare prima e con largo anticipo. Rispondo che molti dei miei ripensamenti sulla visione complessiva della mia personale esistenza sono stati il frutto di prolungate, sofferte e travagliate analisi di schietta, spassionata e perfino impietosa autocritica che ho voluto offrire all?attenzione dei miei concittadini perch? ad ognuno sia concessa la possibilit? di cambiare e, auspicabilmente, di cambiare in meglio.

Spero che anche a me si confaccia una espressione attribuita a un sottile pensatore del Novecento, che ebbe a dire: ?TARDI, MA IN TEMPO?.

Una delle questioni centrali di una democrazia che aspiri ad essere completo contenitore del pi? ampio pluralismo ideale e culturale ?, senz?altro, il tema delle rappresentanze: istituzionali, politiche, sindacali, sociali et cetera.

La rappresentanza, in se stessa, rientra nella variegata gamma delle deleghe che un cittadino o un pi? o meno numeroso gruppo di cittadini, i rappresentati, affida a un terzo cittadino, il rappresentante, perch? tuteli e garantisca nelle sedi di competenza gli interessi, le istanze, le esigenze e i bisogni di coloro che hanno conferito la delega medesima. Spesso avviene che detta delega viene rilasciata in bianco e il mandato, in essa racchiuso, tende cos? a dilatarsi a dismisura tanto da rendersi non pi? vincolante e non pi? soggetto a controllo. In queste circostanze, il rapporto fiduciario tra rappresentati e rappresentante si incrina fino a spezzarsi con tutte le conseguenze che si possono ben immaginare.

La rappresentativit? ?, invece, la capacit? naturale di farsi interprete dei sentimenti diffusi e della forma di pensiero comune a pi? persone e si estrinseca in un processo di identificazione, all?interno del quale, una parte si sente porzione del tutto e il tutto ha in s? la forza di assorbire le singole porzioni e di saperle rappresentare o individualmente o comunitariamente.

Si pu?, a questo punto, afferrare il concetto che non sempre rappresentanza e rappresentativit? siano categorie ideali coincidenti; accade infatti molto spesso che chi, a buon diritto o casualmente, sia riuscito a divenire rappresentante di un qualcosa non sia poi in grado di essere effettivamente rappresentativo di quel qualcosa; come, al contrario, chi avrebbe in s? tutte le qualit? per beneficiare del dono della rappresentativit? non ? detto che sia chiamato a svolgere ruoli di rappresentanza, per congiunzioni astrali non propizie o avverso destino.

E? uno dei mali, se non il peggiore, dell?attuale fase storica della politica italiana per cui i rappresentanti del popolo non pi? rappresentativi della societ? nel suo articolato complesso determinano quella barriera, spesso invalicabile, tra Istituzioni e Cittadini.

Al fondo di tutto ci? vi ? la crisi di credibilit? della politica e delle sue classi dirigenti con la conseguenza che il cittadino, singolo o associato, non si riconosce pi? nei suoi rappresentanti perch? non li ritiene degnamente rappresentativi. Il riconoscersi o il riconoscimento, non la riconoscenza che forse non ? di questo mondo, in una istituzione di rappresentanza passa dunque, inevitabilmente, attraverso un sentito e saldo rapporto di rappresentativit?.

Per concludere, la scala dei valori va allora capovolta: ? degno e valido rappresentante solo chi sa essere rappresentativo in quanto in lui ci si riconosce perch? depositario di affermata e consolidata credibilit?.

E? un tema scottante, ma fino a quando la politica storcer? il naso in segno di rifiuto a compiere il suo svolgimento, tanti nodi verranno al pettine pi? intrigati e intriganti che mai!.

Pubblicato il: 05/11/2009

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