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NOTIZIE CORSIVI

IMPOVERIMENTO E CATTIVERIA

Mario Tiberi

Ho avuto modo, per pura casualit?, di ascoltare un?intervista rilasciata a Lilly Gruber da Rossana Rossanda, di ritorno per pochi giorni in Italia da Parigi dove ha deciso di stabilirsi per il resto dei suoi giorni.

Tra alcune ammissioni, molte omissioni e giudizi negati o non espressi su fatti e persone di italiche vicende, traspariva chiaro dall?espressione del suo volto la scolpita amarezza per il decadimento complessivo e generalizzato della nostra Penisola e dal quale nessun campo delle umane attivit? ? risparmiato. Non lo ha detto, ma se avesse pronunciato il terribile anatema ?Ah, Patria ingrata, non avrai le mie ossa?, non mi sarei affatto meravigliato.

Da due delle sue argomentazioni, ho tratto alcune riflessioni e considerazioni personali che mi preme concisamente portare all?attenzione dei lettori.

I ?mala tempora currunt?, caratterizzati da un progressivo declino delle condizioni di benessere individuale e collettivo, portano l?uomo odierno a vivere in un quotidiano stato di ansia depressiva per il vorticoso susseguirsi di bisogni ed esigenze alle quali non si riesce a far fronte se non con estrema difficolt?.

Nell? affermazione ormai consueta ?non si arriva pi? nemmeno alla terza settimana? ? racchiuso tutto il dramma dei tanti, troppi connazionali in perenne affanno per l?affitto di casa e le bollette da pagare, per il tempo libero da dedicare alla cura del corpo e alla rigenerazione dello Spirito che libero pi? non ?, per l?elevazione del proprio patrimonio culturale fortemente sentita e forzatamente messa in disparte per carenza di possibilit? economiche.

L?angustia, la disperazione, la pungente insoddisfazione della propria condizione esistenziale genera ribellione e odio per il mondo e i suoi abitanti ed ? cos? accecante da non permettere pi? di distinguere tra chi ci ha fatto del male, tra chi si ? dimostrato indifferente e, infine, tra chi ci ha sinceramente amato. Anzi, il pi? delle volte ? proprio contro quest?ultimo che si rivolgono con ferocia gli atti pi? abietti dell?uomo incattivito perch? imbestialito.

E? il fallimento della strutturazione giuridica della societ? e dello Stato di diritto e, di conseguenza, ? il fallimento della politica che non sa, o forse non vuole, offrire a coloro che ne dovrebbero beneficiare sistemi economico-finanziario-fiscali equi e solidali, modelli sperimentati di reale e tangibile uguaglianza civile e poi, a coronamento di tutto, categorie concettuali di effettiva costruzione della giustizia sociale che ha funzione di pacificazione delle singole coscienze e delle relazioni interpersonali.

A vedere ci? che ci circonda, sembrerebbe non esserci rimedio a tanto dissesto mentre, forse, un primo tentativo di iniziale soluzione ? pi? vicino di quanto si possa immaginare e sembra sfuggente solo perch? non sappiamo guardare oltre la punta del nostro naso o delle nostre scarpe.

E? diffusa la convinzione che la politica sia un?attivit? complessa e articolata e in effetti lo ?, ma a complicarla oltre i limiti del consentito ? lo spesso dissennato modo di agire degli operatori della politica stessa. Per farla tornare da generica attivit? ad arte nobile e sovrana ? questione di riconsegnare ad essa il taglio e lo stile che le compete: uno stile sobrio, pacato, raziocinante e finalizzato a perseguire gli interessi generali della collettivit?.

Quello che non accade oggi, ma dal quale non ? pi? lecito prescindere.

Sono consapevole che le considerazioni che precedono a molti faranno storcere la bocca in segno di disappunto, ad altri susciteranno sentimenti di indifferenza, forse per pochi saranno occasione di riflessione.

Per quei pochi ? comunque valsa la pena di scrivere!.

Pubblicato il: 24/10/2009

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